L'accento su Lebron
- Scritto da Sergio Tavčar
Mi è successa una cosa incredibile: nella scelta del basket da guardare in TV stavolta, con mia colpevole angoscia, ho scelto di guardare l’NBA, tanto che del campionato italiano ho saputo solo guardando il sito della Gazzetta che Milano è stata uccisa in casa con ciò suggellando una stagione che era abbastanza prevedibile che sarebbe stata di dubbio successo, visto il roster che si era confezionata, onestamente che fosse senza capo né coda penso di averlo detto in tempi non sospetti.
Ho guardato addirittura lo spareggio del campionato di A2 con la vittoria della corazzata di vecchie glorie di Torino, squadra che avevo visto quando era ancora in B2 contro Monfalcone e che già allora si diceva che era partita con grossissime ambizioni non essendo i soldi un problema. Sono contentissimo che una grande piazza come Torino sia tornata in A1, ho paura però che se non costruiranno basi solide potrà sparire con la stessa velocità con la quale è apparsa, spero vivamente di no, sono altrettanto contento di aver visto il mio vecchio amico Ciani, che conosco da quando faceva il segnapunti nelle serie inferiori della nostra regione, fare tanto bene a Agrigento, lui che è una persona assolutamente straordinaria anche per gli ovvi motivi legati alla sua malformazione fisica che ha fatto sì che per emergere dovesse essere infinitamente più bravo dei concorrenti. Quando vedo storie di successo del genere e vedo persone dotate di forze sovrumane che solo per il loro granitico carattere e le loro grandi capacità riescono a ottenere risultati impensabili, allora, inutile, mi commuovo, pensando anche con rabbia a quali potenzialità abbia il nostro animo che per la maggior parte vengono buttate nel cesso dalla stragrande maggioranza dei nostri consimili.
Che perda il migliore...
- Scritto da Sergio Tavčar
Ho testimoni: alla vigilia delle Final Four, parlando fra amici, ho affermato che il mio favorito era senza dubbio l’Olympiacos. Perché? Semplicemente perché era fra le quattro l’unica squadra di basket, le altre essendo assembramenti di nomi, alcuni dei quali anche grandi, che però non avevano gli attributi della squadra di basket. Per squadra di basket intendo, semplificando il discorso che ovviamente è molto più articolato, una squadra nella quale qualsiasi giocatore sia in campo dia chiaramente l’impressione di sapere cosa in campo ci stia a fare. A due livelli: tecnico e gerarchico. Tecnico nel senso che ogni giocatore deve sapere cosa sa e cosa non sa fare, ma soprattutto deve sapere cosa il coach pretenda da lui. Gerarchico nel senso che ci sono leader, luogotenenti, caporali e truppa. Il leader detta il gioco, i luogotenenti lo seguono, i caporali e la truppa eseguono. Con le opzioni che devono essere ben esplicitate: il leader può prendersi alcune libertà che i sottoposti non possono né devono prendersi. E può farlo proprio perché è il leader che ha precise responsabilità nei confronti dei compagni come ogni vero capo che si rispetti, responsabilità peraltro alle quali, quando la partita si fa dura, non deve sfuggire.
Una primavera del basket
- Scritto da Sergio Tavčar
Buongiorno, dove eravamo rimasti? Scusate, voi che mi leggete, ma la lunga pausa è stata dovuta al fatto che, onestamente, non avevo in realtà nulla da dire di interessante, oltre al fatto che sul lavoro c’è stata la fine della stagione degli sport invernali con molto più lavoro e dunque c’era molto da seguire e vedere in TV. Ora l’Eurolega sta arrivando alla fase decisiva, ci sono i playoff dell’NBA, c’è stata la fine della stagione dei college, insomma il basket ha ricominciato a fare capolino nella mia scala di interessi.
I più appassionati fra di voi, quelli che riuscite a seguire i miei turni del TG per Capodistria o che seguite le nostre Zone Sport, mi saranno testimoni che i quarti di finale dell’Eurolega li avevo presentati come due serie scontate, quelle del CSKA e del Real, una molto meno scontata di quello che si potesse pensare, quella fra Fenerbahce e Maccabi, e una aperta, quella fra Barcellona e Olympiacos. I fatti per ora mi hanno dato abbastanza ragione, anche se devo dire che non mi aspettavo assolutamente che l’Efes potesse essere tanto competitivo contro il Real.
Fisico e fisica
- Scritto da Sergio Tavcar
Rassicurando Gabriele che non mi sono dimenticato di quanto promesso in merito alle mie opinioni sullo sport femminile che saranno tema del prossimo post vorrei invece stavolta parlare di sport invernali lasciando stare da parte il basket. Per cui appassionati di basket andate tranquillamente su qualche altro sito. Il motivo me lo da il fatto che ho appena finito le telecronache dei mondiali di sci nordico, per i quali ho seguito tanto il fondo che i salti, per cui sono fresco della materia.
Premessa: ai piedi avrò messo un paio di sci forse una sola volta in vita mia. Essendo uno a cui piace fare bene le cose che fa e dunque automaticamente scarta le cose che sa che non potrà fare al meglio (essendo nato a Trieste di famiglia non proprio agiata mi spiegate come avrei potuto eccellere nello sci?), ed essendo anche negato costituzionalmente allo sci in quanto ho sempre avuto problemi di equilibrio (in tutti i sensi: dico sempre che, se per vivere, avessi dovuto fare il cameriere, sarei morto di fame), lo sci non lo ho mai praticato. Però per tutta la vita mi sono sempre interessato al gesto sportivo e a quello che ci sta dietro, per cui mi interessano molto tutti gli sport nei quali vigono precise regole biodinamiche che devono essere però sempre al servizio di quanto ordina e fa eseguire la mente, anche e soprattutto quando la mente stessa è ottenebrata dalla fatica e l’acido lattico devasta i muscoli.
Tiro dritto
- Scritto da Sergio Tavčar
Grazie per gli auguri. Troppo buoni. Anche se, alla somma delle somme, sempre di uno in più si tratta. Di uno in più verso… lasciamo stare.
Qualche risposta ai temi proposti. Intanto sulla meccanica di tiro e sul fatto che nella vecchia Jugoslavia c’erano giocatori dalla meccanica di tiro a volte addirittura ridicola (i più vecchi si ricorderanno il mancino Blaž Kotarac del Beograd) che ben mi guardavo dal rampognare. Sì, ma c’era una piccola differenza rispetto a Pascolo. Segnavano. E quando uno segna ha sempre ragione. Tutti noi sappiamo anche per esperienza, o per esserlo o per averci giocato contro, che i mancini hanno una loro particolare coordinazione per cui, anche se vedi una loro foto mentre tirano stampata al contrario, il classico effetto specchio, vedi subito che qualcosa non va, che insomma non può trattarsi di un destro. Gli scienziati ci hanno spiegato che questo effetto deriva dal fatto che hanno una specie di corto circuito, per cui gli impulsi che arrivano dal lobo emotivo del loro cervello si scaricano direttamente sulla loro mano forte, quella sinistra, mentre nei destri l’impulso passa prima per il lobo razionale, che lo elabora, prima di scaricarsi sulla mano forte. Sarà come sarà, il fatto è che nella stragrande maggioranza sono i mancini a avere i tiri più strani. Però quando segnano, segnano. E il successo non si discute. Nel caso di Pascolo, destro, fra l’altro, dunque senza scuse, il tiro esce a mo’ di balestra senza tacca d’appoggio per la freccia, per cui va per conto suo su traiettorie casuali, mancando totalmente il classico allineamento spalla-gomito-polso-dita centrali, cioè indice e medio, che sono le due dita con le quali effettuiamo materialmente il tiro, fungendo le altre tre sostanzialmente da rampa d’appoggio, allineamento che in teoria prevede una perfetta perpendicolarità rispetto al terreno.
Una lega dell'oro
- Scritto da Sergio Tavčar
Se c’è ancora qualcuno che di tanto in tanto da un’occhiata a questo sito, buon anno a lui. Non mi sono fatto vivo per tutta una serie di ragioni. Intanto gli argomenti interessanti me li sfrutta Giampiero Hruby per Superbasket, anche se da qualche tempo sono stato inquadrato, come anche il titolo della rubrica recita, nelle vesti della memoria storica del grande basket jugoslavo. Non è che mi dispiaccia, anzi, è un argomento che posso trattare con cognizione di causa scrivendo di cose che mi sono sempre piaciute, però un po’ mi sa di Amarcord da trombone sfiatato, cosa che, a me che mi sento sempre colpevolmente giovane nello spirito, un po’ secca. E una volta sfruttati questi argomenti, mi sapreste dire di cosa potrei scrivere, visto che non riesco proprio a veder partite intere, per cui sono sempre più ignorante delle cose di attualità? Un'altra ragione ancora è che è tempo di sport invernali, che per la cronaca mi piacciono tutti, senza parlare che per Capodistria seguo il fondo e i salti, per cui nelle ore nelle quali potrei scrivere c’è sempre qualcosa in TV che mi fa passare la voglia di farlo.
Non sgombriamo il campo
- Scritto da Sergio Tavčar
Vorrei parlare in generale, perché, come detto fino all’esaurimento psico-fisico, a guardare partite intere non ce la faccio proprio più. Addirittura venerdì scorso ho dimenticato proprio di guardare la partita di Sassari di Eurolega in favore di un documentario sulla storia della Filarmonica di Berlino che mi ero registrato su MySky la sera prima. Tanto per inquadrare la situazione. Allora, in generale: della serie, non è sempre domenica, o una rondine non fa primavera, non riesco a capire tutti questi epinici a favore del Brooks di Milano che domenica ha fatto il gradasso contro una squadra totalmente senza difesa. I commentini sarcastici potrete farli dopo che avrà giocato una partita del genere anche in Eurolega. Io sono convinto che, premessa, non avendo gli occhi foderati di prosciutto o non essendo incatenato alle sirene dei media della grande città che parlano (normalmente, ci mancherebbe) pro domo sua, un giocatore possa essere inquadrato dopo pochi minuti guardando come si muove, cosa fa, quali siano le sue scelte e quali siano le sue capacità tecniche, leggi come esegue i vari fondamentali. Secondo questi parametri Brooks continua a mio parere a essere un giocatore molto limitato. Ha fisico quanto volete, se è lasciato solo ha tiro, ha la classica penetrazione neo-americana con svolazzi (inutili, ma sono il solo a pensarlo, per cui dimenticatelo) che fanno saltare per aria il pubblico di bocca buona, ma in fatto di genio cestistico risulta essere a mio avviso estremamente carente, se proprio voglio essere elegante. Oddio, può anche capitare che, se è intelligente, riesca con il tempo a calarsi nella realtà nella quale è capitato, che si affini, che cominci a giocare di squadra, che insomma migliori fino a rendersi utile in continuazione e non solo a sprazzi, insomma i miracoli possono anche succedere, ma su questo lasciatemi avere i miei serissimi dubbi. Proprio nella partita di qualche turno fa in Eurolega, persa da Milano in casa neanche mi ricordo più contro chi, mi era capitato si saltare dalla poltrona e di fare una standing ovation solitaria quando Geri De Rosa, forse inavvertitamente, sicuramente non accorgendosi che in quel momento stava recitando il Primo Comandamento, ha detto la Verità più assoluta che si possa dire nel basket: “Un giocatore di basket di basket vero sa sempre, in ogni situazione, cosa fare e dove andare”, alludendo in modo neanche tanto velato che Brooks non sapeva cosa fare e andava per il campo a caso, ma questo lo aggiungo io, non voglio creare guai al mio amico, frase questa magnifica nella sua icastica semplicità, che andrebbe scolpita su una targa e appesa all’entrata di ogni palestra.
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