Mai come stavolta ho letto con estremo interesse i vostri commenti, innescati del tutto inaspettatamente da Guido offeso dal mio più che innocente inciso che voleva essere semplicemente linguistico e di comodo senza alcun tipo di connotato politico, sull'interpretazione che date dai più disparati punti di vista alla storia recente jugoslava. Onestamente pensavo che la cosa non interessasse più di tanto, ma per fortuna questo blog viene letto da gente con interessi più ampi di quelli del classico tifoso becero da forum qualsiasi, per cui intervengo con molto piacere parlando di una cosa che, potete facilmente capirlo, ha toccato molto profondamente la mia vita sia umana che professionale, anche perché, a differenza di voi, ero profondamente emotivamente coinvolto negli eventi che sono cominciati, per quanto riguarda la nuovissima storia jugoslava (Guido, uso quest'espressione apposta, tie'!) col golpe di Slobodan Milošević al Congresso della Lega dei Comunisti serbi dell' '86 che portò al siluramento dell'allora Segretario Stambolić, jugoslavista convinto della primissima ora e poi, secondo normale prassi balcanica, sparito misteriosamente, e poi finiti con la pace di Dayton del '95 e la successiva coda della guerra nel Kosovo di fine secolo. (Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto").

Una premessa: per capire a fondo la storia jugoslava bisogna andare molto lontano nei secoli e avere bene a mente alcune fasi storiche che si sono poi ripercosse su tutti gli eventi successivi. Esempio per gli italiani: se non si conosce la storia della Sicilia e l'annessione forzata operata su di essa dallo Stato piemontese (perché, per quanta retorica si usi, di questo si è in effetti trattato) non si riesce a capire la mafia. Mi sembra pacifico. Ecco, la stessa cosa, solo moltiplicata per "enne", bisogna considerarla per la Jugoslavia, terra abitata sì in maggioranza da popolazioni slave che parlavano e parlano ancora idiomi molto simili fra loro, ma dalle vicissitudini storiche completamente differenti e il più delle volte collidenti. I momenti chiave per poi capire un qualcosa sono innanzitutto le divisioni create dall'Impero di Carlo Magno e poi dal suo frazionamento successivo con le varie eredità date ai figli, l'invasione magiara e avara, poi ovviamente quella turca che ha scombussolato e complicato tutto, la genesi del Regno croato e la sua successiva confluenza nell'orbita di predominio ungherese (mentre la Slovenia rimaneva sotto gli Asburgo e dunque è sempre stata austriaca), la sconfitta dei serbi a Kosovo Polje, il successivo dominio turco in Bosnia e Serbia (il Montenegro no, era una regione talmente spopolata e fuori mano che la vecchia Zeta, come veniva chiamata allora, a parte un più che formale vassallaggio ai turchi mantenne in pratica una grossissima autonomia, un po' come la furbissima Repubblica di Ragusa – Dubrovnik, come la chiamano i croati), l'indipendenza della Serbia e il suo richiamo nei confronti degli altri popoli jugoslavi ancora sotto dominio straniero che vedevano nella Serbia un po' il loro faro verso la libertà anche alla luce del risveglio delle nazioni alla metà del 19.esimo secolo, aspirazione che divenne realtà con la creazione dello Stato dei Serbi, Croati e Sloveni nel '19 che era stato creato a tavolino dalle grandi potenze per le stesse ragioni per le quali hanno poi foraggiato ad ampie mani la Jugoslavia titina, uno Stato cuscinetto abbastanza grande da poter agire da gendarme in una delle zone più nevralgiche e turbolente d'Europa e soprattutto da essere equidistante dai vari blocchi di potere. Vi consiglio vivamente, prima anche di aprire bocca e, scusatemi, parlare un po' a vanvera, di studiare attentamente la storia della Jugoslavia fra le due guerre con tutti i passaggi fondamentali, il centralismo serbo sempre più spinto del Re dopo l'assassinio del Re Alessandro a Marsiglia ad opera dei nazionalisti macedoni foraggiati e istigati dagli ustaša di Pavelić, i risentimenti croati con l'attentato in parlamento al leader del loro partito, poi morto per le conseguenze dell'attentato stesso, la disperata ricerca di un accomodamento col famoso patto Cvetković-Maček avallato dall'Italia di spartizione della Bosnia fra serbi e croati, accordo poi saltato a causa della seconda guerra mondiale che è servita dunque a regolare i conti, ma non del tutto, perché il carisma, ma soprattutto le straordinarie qualità politiche, di Tito hanno congelato la situazione fino a che tutte le situazioni preesistenti sono uscite a galla con la morte di Tito e la successiva crisi economica e morale e i nodi, come visto, sono venuti al pettine.

Per conoscere la storia precedente ci sono in circolazione tre bellissimi libri, scritti i primi due da studiosi tedeschi (guarda caso, i tedeschi sono sempre stati quelli che meglio conoscevano e interpretavano le vere situazioni balcaniche) e il terzo da uno storico inglese di origini serbe intitolati semplicemente "Slovenia", "Croazia" e "Serbia". Se poi volete essere completi c'è un altrettanto esauriente libro scritto da uno studioso scozzese che parla della complicatissima storia della Bosnia-Erzegovina, dalla quale si evince per esempio che lo Stato slavo-bosniaco di Re Tvrdko fu uno dei più importanti alleati della Serbia proprio nella fatidica battaglia di Kosovo Polje.

Da parte mia solo due precisazioni su quelli che ritengo grossi errori da voi commessi, per il resto fatevi pure le opinioni che volete non prima, però, di avere almeno letto i libri che vi ho consigliato.

Il problema della Krajina è molto semplice. L' Impero austro-ungarico aveva disperato bisogno di avere un efficiente sistema difensivo contro i turchi. Si parla perciò già di inizi del 18.esimo secolo. Per questo stabilì un cordone militare, la cosiddetta "Vojna Krajina", letteralmente Territorio di guerra, tutto attorno ai confini con la Turchia, nel quale valevano altre regole rispetto al resto dello Stato. Gli abitanti non erano tenuti alle servitù signorili, ma potevano coltivare liberamente i loro appezzamenti in cambio di un servizio militare permanente. Erano cioè riserva militare a vita insediata sul posto. Ripopolarono zone impervie e inospitali con gente proveniente in massima parte dalla Valacchia romena che si slavizzarono molto velocemente. Loro non si ponevano problemi etnici, ma a un dato momento dovettero decidere se fossero serbi o croati. E, visto che erano ortodossi di religione, si dichiararono serbi senza sapere cosa li attendeva a causa di questo. E in realtà la distinzione fra croati e serbi è una semplicissima questione di religione. Cattolico=croato, ortodosso=serbo it's as simple as that. Per questo la Croazia è in effetti lo Stato più che dei croati lo Stato dei cattolici che parlano serbo-croato formato da tre entità completamente diverse fra loro con storie altrettanto diverse, la Croazia propria, in definitiva la zona centrale attorno a Zagabria (la famosa e famigerata linea Virovitica-Karlovac-Karlobag), la Dalmazia, indissolubilmente legata a Venezia prima e dal trattato di Campoformido in poi all'Austria (attenzione, all'Austria e non all'Ungheria come la Croazia), e la Slavonia continentale, entità che, come avete più che giustamente sottolineato, parlano in realtà più che dialetti lingue diverse. Fra l'ekavo della Slavonia e quello serbo non c'è in effetti praticamente differenza di alcun genere tanto che anch'io faccio molta fatica a capire sentendolo parlare se uno è serbo o croato della Slavonia, mentre fra i croati della Slavonia e i dalmati c'è una differenza abissale di lingua proprio, più che di dialetto, come detto. Il croato puro e letterario si parla, appunto nella Croazia propria, ed è stato poi, non senza resistenze, in realtà imposto agli altri.

Altra cosa che mi dà ai nervi è la diffusa opinione che il riconoscimento di Slovenia e Croazia da parte del Vaticano, seguito a ruota da Austria e Germania (che, come detto, erano le uniche a conoscere, per ovvie ragioni storiche, i loro polli) abbia fatto precipitare le cose. In realtà è vero esattamente l'opposto. Chiaro, il Vaticano ha fatto i propri evidenti interessi, dovendo fra l'altro per ragioni istituzionali difendere i correligionari cattolici attaccati dall'esercito jugoslavo passato in massa sotto i colori serbi, ma la situazione era precipitata molto, ma molto prima. E ciò per colpa delle sciagurate cancellerie occidentali, storicamente filo-serbe quali quella inglese e soprattutto francese, seguite a ruota dal nostro ineffabile De Michelis, che avevano convinto il Segretario di Stato americano Schultz che non aveva mai capito un'assoluta mazza di quello che stava succedendo, che la Jugoslavia era da tenere unita a ogni costo, anche sotto la dittatura serbo-nazionalista di Milošević. Da cui l'insensato embargo sulle armi per Slovenia e Croazia che ha semplicemente acuito le disparità di forze militari sul campo (ovviamente aggirato bellamente con la pessima conseguenza però di aver portato al veloce arricchimento i trafficanti di armi che hanno poi pesantemente condizionato con i loro soldi e il loro potere la politica dei neonati Stati). Nessuno aveva capito che croati e sloveni, pur di non ricadere sotto l'assolutismo serbo, erano pronti a tutto e che non potevano a quel punto essere sottomessi in nessun caso, per cui se fosse andato come gli occidentali volevano la guerra sarebbe durata a lungo e avrebbe causato devastazioni ancora più profonde di quanto non sia successo. Per non parlare della Bosnia che all'epoca era ancora in precaria pace. Ovviamente gli occidentali entrarono anche qui come elefanti in un negozio di cristalleria proclamando, oltre a quella della Slovenia e della Croazia, inevitabili, anche l'indipendenza della Bosnia-Erzegovina. Dimostrando anche qui di non capire una mazza, perché quello fu un clamoroso errore. La Bosnia era tutta un'altra storia e avrebbe dovuto essere risolta in tutto un altro modo. Come? Secondo me semplicemente cantonizzandola stabilendo già in partenza una Confederazione molto labile fra le varie entità etniche favorendo, perché no, una stabilizzazione etnica spontanea e non forzata, insomma facendo prima quello che fecero poi, dopo migliaia di morti e Srebrenica, con gli accordi di Dayton. Però questa è una mia opinione, sia ben chiaro. La situazione era comunque esplosiva e ci si trovava di fronte a vere e proprie alternative del diavolo, quelle nelle quali qualsiasi cosa si faccia non va bene.

Scusate questo intervento che nulla ha a che fare con il basket, ma che, visto il responso del post precedente, penso sarà comunque gradito a molti, se non altro come piattaforma per una discussione seria e soprattutto informata.