Stanno finendo le Olimpiadi e per quanto mi riguarda finisco in bellezza con la giornata clou di queste due settimane, la telecronaca della finale di basket e di sera quella della Cerimonia di chiusura. Fatica fisica e mentale garantita, ma sicuramente grande gioia intellettuale per poter commentare due eventi per i quali certamente non mi mancheranno le parole per descriverli. Per quanto riguarda la finale di basket c'è purtroppo il timore che possa ricalcare la falsariga della finale di ieri con le francesi che all'inizio hanno tenuto bellamente il campo, poi hanno fatto entrare la play di riserva che si è fatta sottrarre il pallone due volte in un minuto tipo furto di caramelle al bambino, le americane hanno piazzato il primo break e di lì in poi a schifio è finito. Spero vivamente che gli spagnoli ritrovino un po' del loro antico valore per fare in modo che la partita sia tale, almeno per il più lungo tempo possibile. Poi, per parlare della gratificazione estetica che la vittoria americana darà a ciascuno di noi ovviamente ognuno la vivrà a modo suo. Manuel chiede cosa voglia dire "vero basket", facendo paragoni con gli altri sport. Lo ringrazio vivamente, perché mi da lo spunto più formidabile per spiegare forse una volta per tutte quanto intendo criticando il modo di giocare dei fenomeni (senza alcuna ironia, in quanto di veri e propri fenomeni atletici si tratta) americani che, sono perfettamente d'accordo che il resto del mondo sia in crisi profonda, in questo periodo sono imbattibili. Nuoto: vince Phelps, vince Lochte, vince Agnel, vince Sun, vince la Ye. Però ricordate un po' i tempi in cui vincevano a mani basse le valchirie della DDR. Lasciamo stare che erano dopate fino alle orecchie, però vincevano. Adesso, onestamente: si può fare un paragone fra la gratificazione estetica che da una vittoria di quelli nominati sopra rispetto al fastidio che davano le vittorie delle virago DDR? Nella pallavolo vi esaltate di più per uno che sfonda il muro tirando bordate a 200 all'ora oppure per un palleggiatore che piazza un pallonetto di seconda a sorpresa trovando un buco imprevisto nella difesa avversaria? Ecco, siamo lì. Io sono uno di quelli che del muro sfondato non mi frega niente, mentre godo a vedere l'astuzia del palleggiatore. In ambedue i casi c'è il punto, ma per me nel secondo caso vale doppio. Mi dispiace, sono fatto così. Mi piace la finezza, l'astuzia, la capacità di battere l'avversario grazie alla propria abilità tecnica sfruttata nel modo giusto al momento giusto. Una partita di qualsiasi sport presuppone che a vincere sia quello che fa più punti, più gol. Se ne fa di più dell'avversario, bravo, ha vinto e nessuno può dire niente. A me spettatore invece piace vedere come sono stati ottenuti questi punti e, concedetemi, può benissimo succedere che a fare i punti, o gol, più belli siano stati quelli che poi hanno perso. Per cui ho avuto la mia gratificazione estetica grazie a loro. Il che non vuol dire assolutamente che avrebbero dovuto vincere. Sono due discorsi assolutamente diversi. In definitiva non discuto assolutamente il merito di chi vince, ripeto, bravo, applausi per la vittoria, però alla fine a decidere se valeva la pena di vedere la partita sono altri fattori. Almeno per me. Poi ognuno ha i suoi gusti e, anche questo lo ripeto per l'ennesima volta, ognuno ha i suoi, come è anche giusto e legittimo che sia.

Sulle difese che una volta erano all'acqua di rose ed invece oggi sono spaventose ho già detto la mia un'infinità di volte, per cui chi vuole sapere la mia opinione sfogli un paio di post precedenti che troverà in archivio. Il discorso fondamentale è però quello a cui avete accennato anche voi, sul perché il resto del mondo sia oggi tanto mal messo. Spero che sia una questione di cicli. Anche in atletica c'è stato un periodo in cui a vincere erano sempre quelli, mentre stavolta a Londra c'è stata un' improvvisa esplosione di nuovissimi fenomeni, tipo James e Santos sui 400, o Amos e l'altro bambino keniano sugli 800, Weir sui 200, addirittura un ragazzo di Trinidad e Tobago che vince nel lancio del giavellotto! Le coincidenze astrali per cui questo avviene sono insondabili ed imprevedibili. Per cui c'è da sperare che una cosa simile accada anche nel basket. Del resto neanche negli USA nascono Durant ad ogni pie' sospinto. Kobe è già anzianotto, James e Anthony sono nella piena maturità, ma neanche loro tanto più bambini, dei ragazzi giovani a parte Durant chi c'è di cui un giorno potreste dire: "questo è uno che ha fatto la storia del basket"? Per dire che neanche l'America produce talenti a comando. Ho paura però che le ragioni del declino del basket extra americano sia dovuto a fattori strutturali irreversibili. Uno ho paura di esporlo, perché so già che mi arriverà la gragnuola di bordate dei filoamericanisti. Il mondo semplicemente guarda troppo l'NBA e vorrebbe emulare i fenomeni (ripeto, senza nessuna ironia) senza possederne le devastanti doti fisiche e motorie. Dimenticando le proprie, di peculiarità, che, se ben curate e sfruttate potrebbero essere molto più utili e produttive. Un po' quello che facevano i serbi ed i lituani, ma che ora fanno sempre meno (serbi e lituani senza tiro...puah!). Il secondo motivo è che in tutto il mondo (America compresa, ahimè) si sta perdendo il gusto dell'etica del lavoro. Si gioca a basket perché sì, perché lo vogliono i genitori, perché fa figo e si cucca alla grande, perché poi alla fine, facendolo bene, si guadagna una barca di soldi, tutto meno che per il gusto di passare ore e ore al campetto per affinare la tecnica, per tirare in modo sempre più preciso, per imparare ogni giorno movimenti nuovi, per il piacere interiore insomma che porta la consapevolezza di essere ogni giorno più bravi. Senza questo motore interno non si creano giocatori. E questo motore in giro lo vedo sempre più spento.