Sudoku sulla luna
- Scritto da Sergio Tavčar
A volte mi monto la testa e mi sembra di essere quasi un po' profetico nelle cose che scrivo. Parlo della cultura sportiva in Italia e di come la feccia del Paese si concentri, e la cosa sembra fatta apposta in quanto sta un po' bene a tutti, nelle varie associazioni di ultras di calcio e, tac, arriva l'inaudita vicenda di Salernitana-Nocerina. Che dimostra ancora una volta come, nel male, la realtà superi di gran lunga qualsiasi pessimistica previsione. Onestamente mi è sembrato di sognare, o meglio, di avere un incubo. Non potevo credere che persone all'apparenza come tutti noi, tipo il sindaco di Nocera, potessero dire cose talmente fuori dal mondo da apparire quasi metafisiche. Ottenendo anche che lo ascoltassero. E, mi sembra di capire, anche per le genti di quei posti quanto successo viene quasi derubricato nella categoria delle curiosità magari facendo un paio di grasse risate sulla incredibile pantomima messa in piedi dai giocatori, nella più' perfetta scia della secolare tradizione, non per niente nata in Italia, della Commedia dell'arte, per fare in modo che la partita venisse sospesa. In effetti cosa hanno fatto i nostri tifosi tanto di male? Bisogna capirli, poverini, non è stato loro concesso di andare a fare il tifo (corretto, per carità!) per la loro squadra in trasferta. Non si può giustificarli, ma capirli sì. Ma ci si rende conto di cosa si sta parlando? Si sta parlando di una partita di calcio di terza serie, dunque roba molto seria, che viene direttamente decisa da cause esterne di tipo doloso. Mi scuserete se la cosa sa un tantino di puzza sotto il naso (discriminazione territoriale?) da polentone, ma non credo di essere lontano dalla verità se affermo che da quelle parti una qualsiasi minaccia deve essere presa maledettamente sul serio. Per cui, cosa fare? Piangere. Oppure prendere il coraggio a 16 mani e cancellare il campionato o in subordine, se proprio si vuole essere teneri, radiare la Nocerina tout court da tutti i campionati. Dopo aver ovviamente gettato in galera tutti i ceffi che hanno minacciato la squadra e aver buttato via la chiave. Lo si farà? Certamente no. Per cui per quanto mi riguarda la cosa non mi interessa più. Alzo le mani e mi arrendo. Non parlerò più di cultura sportiva né di come dovrebbe essere vissuto lo sport. Ho cose più importanti da fare, tipo qualche sudoku difficile o andare a giocare a bridge. (Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto")
Che passi l'angoscia
- Scritto da Sergio Tavčar
Vorrei solo, prima di finirla (per ora?) con la storia della cultura sportiva, mettere un paio di puntini finali (almeno per quanto mi riguarda) sulle "i". Non vorrei che la gente pensasse che propugno un modo di vivere lo sport ascetico di tipo zen senza palesare emozioni e cose del genere. Anzi, chi mi conosce sa che non mi piace assolutamente perdere in niente, per cui proprio non riesco a concepire un'attività che, se già intrapresa, non si ponga il fine ultimo di dare il massimo. Anche per vedere quali sono i propri limiti e se si può superarli il che è, penso, il fine ultimo dello sport quale scuola di vita. Per cui la ferocia agonistica è una cosa che mi sembra assolutamente normale. Se non ho da essere feroce, perché non sto piuttosto a casa a fare sudoku? La cosa che io intendo quale cultura sportiva è il rendersi conto del quadro nel quale la nostra attività si svolge, nel senso che è sempre un gioco e che da esso non dipende il nostro destino, ma soprattutto di praticare lo sport secondo i canoni del fairplay, il che vuol dire che combatto con tutte le mie forze lealmente, senza sotterfugi di alcun genere, e che alla fine sono pronto a ammettere che, se perdo, è semplicemente perché l'avversario è stato più bravo. Fermo restando che mi brucia enormemente e le tenterò tutte (oneste e regolari!) la prossima volta per batterlo.
Questo sarebbe un blog nel quale si parla di basket. Si, ma di che basket posso parlare se non riesco a vederlo? Proprio oggi ha chiuso Sportitalia, per cui mi sembra che se voglio vedere un po' di basket in TV (purtroppo sono di una generazione che prova un dolore quasi fisico a guardare qualsiasi tipo di filmato, immaginarsi una cosa in streaming, sul computer) devo indovinare qualche partita delle squadre italiane in Eurolega su Sky, e ovviamente giocano quando sono normalmente impegnato con il mio amato bridge, per cui finora ho visto pochissimo, oppure guardare la partita serale della domenica su Raisport. Se ci sono altre possibilità umane (in TV, ripeto!) per favore ditemelo. (Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto").
Sport sano in mente sana
- Scritto da Sergio Tavčar
Vorrei dire qualcosa a commento delle vostre considerazioni sull'aggressività che si scarica nello sport. Secondo me il tema è di importanza fondamentale per definire il concetto di cultura sportiva, per cui spero che mi perdonerete se insisto. Dopo parlerò e scriverò solo di basket. Prometto.
A bomba. Tutti noi abbiamo la nostra carica di aggressività, alimentata anche dal fatto che viviamo appiccicati l'uno all'altro nella nostra civiltà urbana. Chi vive negli spazi aperti e ha tutta la libertà che desidera normalmente non è aggressivo. Non sono un sociologo né un etologo, ma penso che ci siano fior di trattati e esperimenti che dimostrano come qualsiasi comunità animale, costretta a vivere a contatto più stretto di quanto la loro natura richiederebbe, sviluppa un tasso di aggressività molto maggiore del normale. Questo fatto mi sembra acquisito. Se poi qualcuno di voi più studiato ne tira fuori qualcuno a supporto di questa tesi gliene sarei molto grato. Questa aggressività in qualche modo bisogna sfogarla. Ottimo.
Ma di grazia, perché proprio nello sport? Ecco il nocciolo di quello che io intendo come cultura sportiva. Io dico semplicemente che nei Paesi di grande cultura sportiva lo sport è l'ultimo posto dove la gente pensa di scaricare la propria aggressività. O meglio lo fa, ma nel modo che lo sport prevede, lottando accanitamente in campo, sempre secondo le regole del gioco e del fairplay, scaricando le proprie energie fisiche compresse nella vita quotidiana magari di ufficio o di sportello, ma lo fa in modo direi quasi sublimato. Per non parlare di chi va a guardare lo sport. Qui ci viene ad esempio proprio l'America, Paese di cultura anglosassone e dunque di straordinaria cultura sportiva, che nella storia ci ha propinato una serie infinita di film a soggetto sportivo, moltissimi dei quali anche di grandissimo livello, che per la maggior parte raccontano in modo romanzato storie vere. Ebbene sfido tutti voi a trovarmi uno di questi film nel quale il soggetto sia la violenza degli spettatori. Ci sono sì anche lì madri e padri frustrati e bercianti, le storie vertono normalmente sull'insano desiderio dei genitori affinché i figli riescano a imporsi, ci sono perciò battibecchi in tribuna, ma sono visti come reazioni malsane di singoli o al massimo di piccoli gruppetti. (Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto")
Non di solo basket
- Scritto da Sergio Tavcar
Sono molto, ma veramente molto, contento che abbiate apprezzato l'ultimo mio contributo, in quanto avevo paura che, non parlando di basket, il responso sarebbe stato tiepido, eventualmente condito da un po' di formale cortesia. Non solo, ma la discussione che avete messo in piedi è stata veramente di livello inatteso (lo posso dire?) e mi ha veramente reso fiero che a leggermi sia gente dotata della dote unica che secondo me ci rende diversi dagli animali, e cioè la curiosità intellettuale. Pensate infatti un po', facendo una riflessione di tipo estremo (di quelle che piacciono a me, perché, prima di dilungarsi in dettagli e distinguo, sempre necessari, ma secondari, si riesce con questi tipi di ragionamenti ad arrivare al vero nocciolo della questione), dove vivremmo ancora se qualche scimmia evoluta nel passato non avesse un giorno deciso di tentare di capire cosa avveniva attorno a lei e in un secondo tempo non avesse osservato che, piantando un seme in terra, ne usciva una pianta che magari poteva essere sfruttata per mangiarla. Per tornare con i piedi per terra dirò prima di tutto che, come sempre, il nostro scoiattolo della rete (sarà la versione digitale di topo di biblioteca?) Andrea ha centrato in pieno i libri che vi avevo consigliato, compreso quello sulla Bosnia per il quale lo avevo anche involontariamente depistato offrendogli un indizio fallace. Risparmiandomi il lavoro che avrei dovuto fare io per rovistare nella mia pila di libri. Grazie! (Per continuare a leggere clicca sotto su leggi tutto)
Un'altra storia
- Scritto da Sergio Tavčar
Mai come stavolta ho letto con estremo interesse i vostri commenti, innescati del tutto inaspettatamente da Guido offeso dal mio più che innocente inciso che voleva essere semplicemente linguistico e di comodo senza alcun tipo di connotato politico, sull'interpretazione che date dai più disparati punti di vista alla storia recente jugoslava. Onestamente pensavo che la cosa non interessasse più di tanto, ma per fortuna questo blog viene letto da gente con interessi più ampi di quelli del classico tifoso becero da forum qualsiasi, per cui intervengo con molto piacere parlando di una cosa che, potete facilmente capirlo, ha toccato molto profondamente la mia vita sia umana che professionale, anche perché, a differenza di voi, ero profondamente emotivamente coinvolto negli eventi che sono cominciati, per quanto riguarda la nuovissima storia jugoslava (Guido, uso quest'espressione apposta, tie'!) col golpe di Slobodan Milošević al Congresso della Lega dei Comunisti serbi dell' '86 che portò al siluramento dell'allora Segretario Stambolić, jugoslavista convinto della primissima ora e poi, secondo normale prassi balcanica, sparito misteriosamente, e poi finiti con la pace di Dayton del '95 e la successiva coda della guerra nel Kosovo di fine secolo. (Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto").
Omogeneizzato di basket
- Scritto da Sergio Tavčar
Parte seconda sugli Europei. A Lubiana, prima della semifinale fra la Spagna e la Francia parlavo con il mio mentore, il professor Milutin “Mik” Pavlović, a suo tempo Preside della Facoltà del basket all'Istituto Superiore di Educazione Fisica di Lubiana, quello che aveva tenuto tutti i corsi di coach che ho fatto in carriera e che a suo tempo aveva fatto due campus, uno a Opicina e uno a Lubiana di una settimana ciascuno, nei quali aveva allenato le mie squadre mostrandomi come si faceva ad allenare una squadra giovanile, è stato anche allenatore dell'Olimpija, insomma un mammasantissima del basket a cui devo tutto quello che so su questo sport. Mi disse: “La Spagna è forte, però i giocatori mi sembrano (scusate, ma devo usare questa parola, perché è l'unica che rende l'idea) scazzati fin sopra la testa e danno l'impressione di giocare solo perché l'anno prossimo hanno i Mondiali in casa.” Con ciò è detto tutto e non ho nulla da aggiungere. Sicuramente la loro indolenza e la piattezza delle loro reazioni alle varie situazioni in campo può facilmente spiegarsi con questa attitudine mentale che, a vederli dal vivo e una volta attirata l'attenzione su questo aspetto, appariva quasi palpabile. In realtà non hanno mai dato l'impressione di tenerci veramente. Se potevano vincere, bene, se no, pazienza. Poi, è ovvio, ci sono state altre carenze estremamente importanti, però secondo me nessuna così importante come quella appena menzionata. Il problema principale era a mio parere la pessima chimica di squadra. Penso che siamo in presenza di un cambio generazionale, non tanto tecnico, quanto di gerarchie di spogliatoio. Fino all'anno scorso comandava il nucleo storico dei Gasol, Navarro, Reyes e Calderon, i campioni di tutto dai cadetti in poi, ai quali per ovvie ragioni di parentela si è aggiunto Marc, con gli altri che andavano silenziosamente a ruota. Ora, con Pau in tribuna, Navarro e Reyes a casa e Calderon abbastanza bollito (sembrava Lakovič) questa struttura si è sgretolata, solo che Marc e Calderon sembravano non essersene accorti. Però, e qui è secondo me la massima colpa di Orenga (su quelle tecnico-tattiche lascio che vi sbizzarriate voi, tanto in questo caso tutto vale), il coach ha guidato la squadra come se queste gerarchie fossero ancora valide facendo in modo che la squadra fosse senza leader riconosciuti. Marc e Calderon volevano esserlo, Rudy e il Chacho dall'altra parte se ne strafischiavano e giocavano assieme a Llull come se fossero nel Real e non nella Seleccion, gli altri erano pallidi comprimari, compreso Rubio che non ho mai visto in vita mia con la faccia così triste, in quanto mi pare che si rendesse conto che in questo quadro non era di alcun aiuto, semmai di nocumento e quasi si meravigliava quando giocava probabilmente chiedendosi: “Ma cosa ci sto a fare in campo?”. Bella domanda, peraltro, che ci ponevamo tutti. Come per la presenza costante di Turkoglu nella Turchia che è stato in ogni partita di gran lunga il miglior giocatore degli avversari. (Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto")
L'estasi della finale
- Scritto da Sergio Tavčar
Rispondo subito all'inizio al commento un po' acido di Skuer sul sito che, visto che è in italiano, è solo logico che la gente vi parli principalmente dell'Italia. Niente da dire, è da prendere per scontato. Spero solo che il sottoscritto, che è di frontiera, che scrive in italiano perché gli riesce meglio, ma di sentimenti è sloveno o comunque a-italiano, attenzione, non anti!, ma semplicemente sentimentalmente non coinvolto, possa essere capito se questa disquisizione appassionata, ma che tutto sommato, me lo concederete, è fine a se stessa, visto che quel che è stato, è stato, e chi ha avuto ha avuto e chi ha dato, ha dato, possa non coinvolgerlo in modo travolgente. Per cui, prego, continuate pure, ma tenetemi fuori, per favore. Semplicemente perché non mi interessa. Tutto qua. Quello che voi discutete dell'Italia, non preoccupatevi, non vivo in una torre d'avorio, io l'ho discusso con gli amici e con mio fratello o comunque con altre persone sentimentalmente coinvolte, ma rivolto alla Slovenia. E non abbiate rimorsi o rigurgiti di coscienza, le discussioni sulla Slovenia sono state altrettanto appassionate e altrettanto sterili come le vostre. Non credo che a voi interessi la allucinante polemica divampata in Slovenia perché contro la Francia non sia entrato Joksimović a stancare Parker e altre vaccate atroci tipo questa. Però, per dire, in Slovenia non si discute d'altro. Per cui tutto il mondo è paese, è solo che gli interessi sono diversi. (Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto")
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