Ullalà! Ho visto con raccapriccio che non scrivo nulla da un mese. Come passa il tempo! Spero che continuiate a insistere e guardare ogni tanto il sito, se no sono spacciato. A mia scusante, stavolta ben più che parziale, devo subito dire che, ahimè, sono praticamente tagliato fuori dal basket in TV. Purtroppo l'Eurolega la trasmettono su Foxsports2 che, per uno strano caso, sarà perché devo avere la parabola un tantino scentrata, vedo un giorno si e una settimana no. Sono riuscito solo a vedere il massacro dell'Olympiacos a Milano. Dico solo che in quella partita Milano mi è piaciuta tantissimo perché finalmente si sono capite le gerarchie di gruppo, chi deve fare cosa, quale è la prima opzione in attacco, quali sono i cardini sui quali si regge la difesa, insomma una squadra con un capo e una coda, contrariamente allo scorso anno. Forse perché hanno finalmente un play e un pivot, cioè uno attorno a cui ruota la squadra, ovviamente Hackett, che come nelle squadre che si rispettino non ha il precipuo compito di fare anche punti, o meglio deve farli nei momenti giusti, perché questo compito spetta ovviamente al miglior attaccante di tutti, cioè Langford, con gli altri che completano il gioco mettendosi al momento giusto nei posti giusti (saranno queste le mitiche spaziature?) e finalmente con uno sotto canestro che fa il lavoro sporco in difesa e che è sempre presente in attacco per i rimbalzi e in genere per rompere le scatole ai lunghi altrui o, come si dice, per sporcare da subito il gioco agli avversari mettendoli fuori ritmo (vedete come so anche parlare moderno? - non lo farò più, state tranquilli, era solo per far vedere che non sono poi 'sto fossile). In definitiva, riprendendo un concetto a me caro, ognuno fa le cose che sa fare meglio, il che è, lo ripeterò fino allo svenimento, il segreto ultimo per far giocare bene una squadra. Sull'Olympiacos sospendo ogni giudizio. Una partita, giocata fra l'altro, mi sembra, in un momento della stagione difficile per loro, non può essere un affidabile metro di paragone. Certo è che, a vederli così, i dubbi che possano andare lontano sono grossi. Un solo giocatore, per quanto favoloso, non può bastare. La ragione è semplice: e se si fa la bua? O altrettanto semplicemente, cala di forma? Gli altri, ingigantiti dal loro leader, sono e rimarranno sempre bravissimi comprimari (sì, lo dico, anche a costo di essere sbertucciato fino al midollo, penso a Printezis, Sloukas e Perperoglou) che, se il loro leader non funziona, gli si spegne la luce. (Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto") 

Archiviato il campionato italiano che, malgrado gli sforzi titanici nel tentare di glorificare le partite che fa con impegno degno di cause ben migliori il mio amico coach Michelini, è totalmente inguardabile (l'ultimo chiodo nella bara me l'ha messo l'allucinante gestione del finale di partita di Cantù a Pistoia), rimane, incredibile dictu, l'NBA. Devo confessare che ho visto anche lunghi spezzoni di partite. E, altrettanto sommessamente, devo confessare che certi passaggi li ho anche apprezzati. Per esempio ho guardato quasi intera la partita fra San Antonio e Minnesota, forse anche perché, pullulando di giocatori europei, era quella più adatta a essere vissuta senza choc. Niente da dire: il vecchio Tim è sempre un ganzo, Parker è quello che abbiamo visto agli Europei, un grande campione, e proprio in quella partita ho visto un'azione con doppia penetrazione e doppio passaggio dentro-fuori fra lui e Bonner  (era Bonner? - un bianco dall'aria di contadino scarpe grosse cervello fino che ha anche un ottimo tiro da fuori) che è stata una delle cose migliori che ho visto in quest'anno solare. E erano senza Ginobili. Un'altra partita che ho visto mi ha fatto cambiare abbastanza radicalmente opinione su un giocatore che all'inizio non potevo sopportare, parlo di Blake Griffin. Nella partita che ho visto l'ho visto giocare per la squadra, cercare di coinvolgere i compagni, variare le soluzioni in attacco avendo nel frattempo costruito una decente meccanica di tiro, per quanto evidentemente artificiale e dunque ancora più lodevole, che ogni tanto prende da posizioni nelle quali si sente abbastanza sicuro. Si danna l'anima in difesa, sfrutta senza esagerare i suoi smisurati mezzi fisici senza cercare numeri da circo, ma facendoli quando sono funzionali (e in questo caso non c'è appassionato di basket che non li apprezzi), insomma mi è piaciuto un sacco. Purtroppo su Sky mostrano quasi sempre solo New York, squadra totalmente ridicola nella quale gli unici che giocano sono Anthony, Carmelo, Melo, quello che hanno scambiato per Gallinari, e poi basta, e anche quelli sono giocatori indisponenti con la perenne puzza sotto il naso. Vedendolo, secondo voi Bargnani veramente mancava agli Europei? Onestamente, mano sul cuore e tentate di astrarvi dal tifo patriottico. Peccato, perché per esempio vorrei vedere tanto all'opera LaMarcus Aldridge di cui dicono mirabilie e vorrei vedere anche in un'intera partita Paul George che, per quel poco che ho visto, mi sembra tanto, tanto forte.

Anche se non siete ancora svenuti conoscendo quello che normalmente penso dell'NBA vi devo comunque una spiegazione dell'arcano. Ho scoperto l'uovo di Colombo, l'acqua calda. Semplicemente guardando le partite tolgo immediatamente l'audio del commento italiano e passo al commento originale americano. Evito così le cose che mi fanno morire e che alimentano come il vento caldo alimenta l'incendio i miei pregiudizi, e che sono fondamentalmente due: una è la glorificazione a prescindere di tutto quello che è americano dando a coach americani meriti che palesemente non hanno e pertanto emettendo gridolini di ammirazione per movimenti banali o, peggio, per movimenti complicati, spettacolari, ma totalmente inutili quando un movimento molto più semplice avrebbe portato allo stesso esito in modo molto più facile e sicuro, la seconda è invece molto più importante e decisiva. Quando guardo un evento sportivo in TV io voglio, esigo, anelo di avere come sottofondo audio una telecronaca. Per telecronaca intendesi il commento dei fatti che succedono in campo con in primo e ineludibile piano l'informazione base di tipo giornalistico su chi, cosa e come. In tempo reale, preferibilmente. Nel senso che mi urta in modo violento sentire due che parlano del più e del meno sul numero di scarpe dell'amante della sorella del cognato del giocatore tal dei tali salvo poi, dopo qualche minuto, sentir dire che il tal dei tali qualche ora fa ha segnato un bel canestro con assist del talaltro. Se queste informazioni non vengono date in tempo reale quello che si ascolta non chiamasi telecronaca, bensì diretta rottura di scatole. Cambiando audio e passando ai telecronisti americani si ha una telecronaca. Cioè c'è un professionista (telecronista di professione e dunque con alle spalle l'istruzione necessaria per farlo) che fa il play-by-play (detto in termini nostrani informa in tempo reale su chi, cosa e come) coadiuvato dall'esperto che, se ci fate caso, è imbeccato direttamente dal telecronista e non parla se non interrogato. Come a scuola. Il telecronista cioè fa la sua professione, quella di offrire un servizio ai telespettatori. Il che è la prima e unica ragione per la quale gli danno un microfono in mano e lo pagano (profumatamente, quelli più bravi – il che sta a significare che fare una telecronaca buona non è assolutamente facile. Se lo fosse, secondo le loro abitudini, sarebbe pagato molto poco).

Di tutte queste cose parlavamo l'altro giorno al bar con “the administrator” Tommaso. Lo spunto era venuto da un mio commento sui telecronisti italiani di Eurosport che sono totalmente inascoltabili. Eppure, avevo detto, sembrano giovani entusiasti e appassionati che sanno tutto e di più dello sport che commentano. Al che Tommy aveva rimarcato: “essere esperto è tutt'altra cosa che essere telecronista. Sono due categorie e due professioni totalmente diverse”. Esatto. In questo cespuglio si nasconde la lepre, come dicono gli sloveni. Andando più a fondo al problema abbiamo poi messo assieme quelle che io, in omaggio al mio idolo Isaac Asimov (le tre leggi fondamentali della robotica: “prima: un robot non può mai recar danno a un essere umano né, tramite la sua inazione, permettere che gli venga procurato...”), ho chiamato le Tre Leggi fondamentali della telecronistica. Ve le espongo. Prima legge: “Il telecronista è colui che descrive in tempo reale quanto succede in campo e suo massimo peccato è disturbare l'attenzione del telespettatore parlandogli di altro rispetto a quello che si sta verificando sul campo e di conseguenza a quello che si vede sul teleschermo”. Breve commento: indipendentemente dalla sua conoscenza dell'oggetto della sua telecronaca il suo compito principale è quello di descrivere gli eventi. In questo quadro di priorità il telecronista bravo è poi quello che coglie i momenti più importanti magari scegliendoli fra più cose che succedono in contemporanea e li sa descrivere con cognizione di causa. Quello meno bravo li descrive e basta. Il che è incomparabilmente meglio che descriverli in modo sbagliato o fuorviante. Se non sei sicuro di quello che è successo, taci. Se non l'hai capito tu che lo fai di professione, è facilissimo che a non averlo capito è anche il telespettatore medio, per cui se attendi di avere le informazioni giuste hai fatto solo e semplicemente il tuo dovere. Nessuno ti chiede di fare l'indovino.

Seconda legge: “Un telecronista deve in ogni momento della telecronaca rendersi conto che, come un arbitro in uno sport di squadra, è un male necessario, per cui non deve assolutamente mai travalicare le sue mansioni di base che sono, essenzialmente, quelle di fornire un servizio al telespettatore per aiutarlo a capire quello che vede.”

Altro breve commento: penso che di tutte questa sia la legge più importante, perché stabilisce l'atteggiamento che deve avere il telecronista. Concretamente deve essere umile. Non deve pensare mai di essere una specie di predicatore che tramite il microfono diffonde il suo credo magari forzando i fatti perché si svolgano secondo le sue preferenze o inclinazioni. Penso che l'accostamento all'arbitro sia molto pertinente e che le due cose siano esattamente uguali. Se ci pensate bene infatti quello che più disturba in un arbitraggio da protagonista è esattamente la stessa cosa che ci disturba durante una telecronaca. Con il microfono in mano la saccenza è severamente bandita.

Terza legge: “Nel quadro della prima e seconda legge è compito del telecronista riempire i tempi morti che inevitabilmente ci sono nell'evento che lui commenta coinvolgendo l'eventuale esperto che siede al suo fianco dando una dimensione tecnica, aneddotica o di informazioni rilevanti su singoli protagonisti dell'evento commentato con lo scopo di arricchire l'informazione o magari approfondirla e spiegarla. Tutto questo però solo e esclusivamente nei tempi morti.”

Ed è proprio da questo campo che si giudica la qualità delle telecronache. Ferma restando la tempistica degli interventi tecnici che, come spiegato sopra, deve essere pertinente, nel senso che devono venire in un momento nel quale sullo schermo non succede nulla, per cui lo spettatore è pronto, anzi desideroso, di ascoltare qualcosa di interessante che gli faccia passare il tempo in attesa che in campo ricomincino a succedere le cose, sono proprio questi segmenti della telecronaca che stabiliscono la qualità della prestazione. Il bravissimo telecronista ha una specie di sesto senso di capire quale, fra tutte le informazioni o approfondimenti che può affrontare, sia quella che il telespettatore vuole sentire per prima. La priorità delle informazioni offerte è addirittura più importante per stabilire il livello della telecronaca rispetto allo spessore dell'informazione stessa. Il solito discorso della parola giusta al momento giusto. Facile? Per niente, anzi difficilissimo. Per questo, ve lo dice uno che un po' di mestiere in merito ce l'ha, tenere il microfono in mano e parlare a un vasto pubblico non è proprio di tutti. E in tutto questo la conoscenza di quanto si commenta non c'entra assolutamente per niente. Come detto all'inizio.

Finale. Obiezione: ma tu che pontifichi ti sei mai sentito? Come osi dare consigli se tu stesso non riesci a seguirli? Bravi, esatto. E infatti, lo ripeto per l'ennesima volta e ribadisco che non è un vezzo, personalmente non riesco a sopportarmi quando guardo una mia telecronaca differita. Ho una specie di strana dissociazione quando mi ascolto in TV. Cioè quello che ascolto non sono io, ma il telecronista di Capodistria. E' vero, lo giuro, per cui gli parlo sempre in terza persona e a volte sbotto: “Ma cosa cavolo mi racconta 'sto idiota?” e cambio canale. Si contano sulle dita di una mano le volte che in tanti anni, ascoltando una mia differita, sia rimasto a ascoltarla fino in fondo concedendo alla fine: “tutto sommato 'sto telecronista non è poi tanto male”.  Ciò non toglie però che uno possa comportarsi da perfetto eunuco nell'harem, o da critico d'arte, se è per quello, nel senso di colui che sa perfettamente come si dovrebbe fare, per quanto lui non ci riesca.