Facendo un paio di chiose sui commenti al mio precedente post vorrei intanto dire che non credo di essere un indovino dicendo che né Cantù né Siena hanno il giocatore che possa prendere in mano la squadra nei momenti decisivi sul punto a punto. Basta leggere i roster. E poi basta vedere i finali di partita di questi primi tre turni. La partita di Cantù col Himkij non fa testo, perché, ed anche qui è facilissimo essere profeti, una squadra che ha come mente pensante (??) Planinić è per definizione una squadra acefala.

Su Milano non so cosa dire. Se due indizi sono una coincidenza e tre sono una prova, allora che Scariolo sia un ottimo allenatore lo prova il suo passato, perché dalla Scavolini fino a Malaga, dovunque è stato, ha fatto più che bene. Dunque non si può discutere, essendo impossibile che sia rimbecillito di colpo. E allora come mai Milano ha giocato contro Vitoria i più scandalosi ultimi sette minuti della storia del basket? Come mai c'è stato il caos più sublime mai visto con giocatori chiave dimenticati in panchina nei momenti fondamentali, con altri giocatori chiave che si nascondevano brillantemente, mentre a concludere erano chiamati, o meglio si autochiamavano senza che nessuno glielo avesse chiesto, degli incapaci? E tutto ciò dopo 24 secondi di spostamenti random in campo senza un'idea sparata di cosa si sarebbe dovuto tentare di fare? Mistero. Sommo mistero. Qualcuno me lo spieghi. (Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto") 

Sul Real Madrid più che dire che è una squadra fortissima (scritto nero su bianco) e che può vincere l'Eurolega non so proprio cosa potessi dire di più.

Sullo Žalgiris: sono contento che per ora stiano perfettamente mantenendo quanto avevo previsto, ma qui devo subito aggiungere che il commento che per me è stato quello che ha fatto centro pieno è stato quello che ricorda che in panchina i lituani hanno quest'anno un signor allenatore, Juan Plaza. Ed infatti, per quel poco che si è potuto vedere dai highlights, giocano. Nello stesso commento viene più che giustamente, con grande pertinenza, tirato in ballo il mio vecchio “pallino” Aito Garcia Reneses. Che già quando fu chiamato giovanissimo in panchina al Barcellona le malelingue dicevano che fosse per meriti totalmente extrasportivi. Diceria secondo me confermata in pieno dalle capacità palesate in seguito, secondo me totalmente inesistenti, o meglio perniciose. Al suo confronto Pascual è John Wooden. Se analizzate bene la sua carriera dovunque è andato ha creato rovine. Addirittura alla Juventud (pardon, Joventot, ora che i catalani vogliono l'indipendenza), dove si era trovato fatti in casa due straordinari talenti quali Rudy (collegamento con quanto detto sopra sul Real ed a mo' di completamento) e Rubio (ebbene, sì, Rubio era un grandissimo talento! - scioccati?), è riuscito nella titanica impresa di rovinarli ambedue tramite il semplicissimo espediente di aver loro fatto pensare di essere già fatti e finiti e dando loro responsabilità che non erano in grado ancora di sostenere. Col risultato che, avallando ogni puttanata che perpetravano imputandola all'inesperienza, non ha svolto su di loro nessun lavoro pedagogico per cui sono rimasti presuntuosi cavalli di razza ai quali è rimasto l'istinto, ma nessun tipo di istruzione. Avete presente Obradović o Vujoševič? Ebbene, esattamente l'opposto. Qualcuno ricorderà le Olimpiadi di Pechino. Mi sembra di averlo già scritto, ma lo ripeto. La Spagna, sotto la guida di Aito prese una paga storica dagli USA nel girone quando Aito mise la squadra in mano a Rubio e Rudy che avevano licenza di fare quel cavolo che volevano col risultato che il gruppo dei senatori ad un dato momento fece una specie di sciopero bianco. Salvo poi, suppongo dopo un golpe di spogliatoio, prendere in mano loro la situazione ed infatti, se guardate la bellissima finale e date una più attenta occhiata a quanto succedeva sulla panchina spagnola, vedrete che la partita la guidava Calderon (infortunato) che si avvaleva durante i timeout dei consigli dei suoi due amici e compagni Pau e Navarro mentre Aito faceva finta di essere il coach e si limitava a gridare incitamenti. Ed infatti persero solo alla fine a causa dei due canestri monstre di Kobe nei momenti decisivi.

Finendo col Fenerbahce. Evidentemente a chi mi legge devono essere antipatici i coach dalle pettinature scintillanti e rilucenti, perché mi sembra di capire che neanche Pianigiani sia al vertice delle preferenze. Eppure per me basta quello che ha fatto quest'estate con la nazionale per concludere che non ci possano essere dubbi che sappia perfettamente il fatto suo. Per non parlare che puoi avere le squadre fortissime quanto vuoi che poi vincere in campo è tutt'altra cosa. E Siena, spendendo sempre molto meno di quanto abbia fatto Milano e cambiando continuamente squadra (e se prendeva sempre i giocatori giusti qualche merito l'avrà avuto anche Pianigiani, oltre a Minucci, o no?), continuava ogni anno a schiacciare tutti. Per cui adesso, avendo in mano una squadra patchwork con giocatori che stanno appena cercando una chimica di squadra, bisogna avere pazienza. Che a partite buone si alternino partite fallimentari è solo normale. Attendiamo almeno la metà della stagione e poi ne riparliamo.

Cambio argomento per parlare della cosa che mi piace di più. Sabato scorso ho guardato con estremo interesse Virtus-Varese col preciso intento di dare un'attenta occhiata ai tantissimi giovani talenti che vi giocavano. Dico subito che rispetto ai commenti che ho letto mi sembra di avere visto tutta un'altra partita. Comincio da lontano tentando di stabilire un criterio secondo il quale giudicare il talento di un giocatore. Faccio un paragone con l'altro campo di mio estremo interesse oltre allo sport che è quello della musica. Prendete due giovani suonatori di piano dello stesso anno di corso, quale non ha importanza. Anzi, no: meglio se sono praticamente ambedue principianti. Uno ha grande manualità e prende tutte le note giuste. Quando però arriva ad un passaggio più difficile nel quale ci sono tante note veloci e ravvicinate per prenderle tutte rallenta il ritmo. Così non ne sbaglia una. Il secondo è più pasticcione, ma quando arriva allo stesso passaggio difficile vuole tenere il ritmo a tutti i costi, magari bisticciando con la tastiera e prendendo tutta una serie di note sbagliate. Secondo voi, chi dei due ha più talento o, oserei dire, è l'unico che abbia talento? Per me dubbi non ce ne possono essere, è ovviamente il secondo. E ciò perché la musica “è” orecchio e ritmo. Senza di essi non ci può essere musica. Per cui al primo manca il prerequisito fondamentale per poter sperare di essere un buon musicista.

Allo stesso modo si dovrebbero valutare i giovani giocatori. Scoprire cioè su chi “got game” come dicono nel loro inimitabile modo sintetico e concreto gli americani (per la musica dicono “he got soul”). Se uno non ha nel sangue il gioco, potrà essere quel che volete, un magnifico atleta, uno che ogni tanto fa saltare in piedi le platee, ma non sarà mai uno che vince le partite. Tornando alla partita, di giocatori che “got game” ne ho visti due e, mi duole il cuore dirlo, nessuno di essi veste la maglia della Virtus. Sono ovviamente De Nicolao e Polonara. Per i quali sono estremamente felice che siano capitati sotto la guida di Vitucci perché, per quel poco che ho visto (una partita sola è ovviamente sempre troppo poco), li fa giocare nel modo giusto pretendendo da loro esattamente quello per cui sono tagliati. Sono contentissimo per i grandissimi progressi fatti dal giovane trevigiano in fatto di personalità, leadership e lettura della partita (avrà a che fare col fatto che i genitori, persone squisite, sono stati alla mia presentazione del libro a Padova?), del quale però, se vi ricordate bene, avevo parlato bene già l'anno scorso commentando gli Europei Under 20. In breve mi sembra che sia l'unico vero play vecchio stampo (massimo dei complimenti per come la vedo io) che ci sia attualmente fra i giovani italiani. Avevo molte speranze anche per Traini della Scavolini, ma mi sembra che sia rimasto sempre lì, anzi che sia un tantino regredito verso un'interpretazione più “moderna” del ruolo del play non avendone le caratteristiche. Lo conosco troppo poco comunque, per cui quanto detto prendetelo con tutto il possibile beneficio di inventario. Chi però mi ha letteralmente sconvolto è stato Polonara. Ad un dato momento mi è venuta in mente la constatazione che se un talento del genere fosse nato una trentina di anni prima sull'altra sponda dell'Adriatico la Jugoslavia avrebbe avuto non uno, ma due Kukoč. Il ragazzo l'avevo visto l'anno scorso a Teramo e mi era sembrato il classico lungo filiforme italiano che per la lunghezza viene forzato a giocare sotto canestro ed il cui unico scopo è quello di dare minuti di respiro all'americano di turno, di prendere qualche rimbalzo e magari di fare qualche schiacciata quando rimane solo. Routine italica, insomma. Ed invece quest'anno ho visto uno che gioca in tutti i ruoli, che stoppa, prende rimbalzi, parte in contropiede (ad un dato momento ha preso un rimbalzo, è partito in contropiede come una freccia ed è stato fermato a metà campo con un fallo tattico, mentre con grande scioltezza si era già passato la palla nella mano destra, al che ho provato il mio brividino DOC che normalmente mi segnala la scoperta di un talento vero), tira da fuori quando serve, vede la partita e distribuisce assist oltre a trovarsi sempre al posto giusto al momento giusto. E, come Kukoč (anche lui mancino!), ahimè non ha arresto e tiro. E' l'unica cosa su cui deve ancora lavorare, perché per il resto si tratta solo di affinare le grandi doti che ha semplicemente lavorando sui fondamentali. Un'altra conseguenza estremamente promettente del fatto che sia finito a Varese è che è capitato in una delle capitali italiane del basket, dove la gente capisce lo sport, ma che soprattutto è in Lombardia, la regione dei media importanti che hanno un occhio di particolare riguardo ai talenti che giocano in zona, a volte magnificandoli nettamente al di là dei loro meriti contingenti. Essendo arrivato dalla provincia, non essendo il figlio di una leggenda di Milano, ed avendo ancora Varese lo status di non-potenza, per adesso questo pericolo non lo corre. Però potrà grazie a ciò acquisire il carisma giusto per poter essere un giocatore chiave, a cui dare i compiti che aveva Kukoč a suo tempo, cioè di sfruttare il suo eclettismo per riempire i ruoli mal coperti nella singola partita, dall'1 al 5, cosa che in Italia normalmente non si fa. Ha insomma tutte le possibilità di diventare un giocatore imprescindibile per la nazionale per tanto tempo a venire. Simone, una preghiera in ginocchio! Dacci la possibilità di vedere insieme Gallinari, Melli e Polonara! Trova loro un modo di farli giocare assieme, deve esserci, essendo tutti e tre giocatori intelligenti che capiscono il gioco e che possono giocare in tutti i ruoli possibili. Aggiungici un play ed un centro di peso, oppure lascia stare il centro che tanto in Italia non c'è, e metti uno dei tiratori terribili che ora abbiamo, Aradori o Datome a scelta, e facci divertire! Sono sicurissimo che, impostata così, l'Italia sarebbe la nazionale più moderna ed entusiasmante che attualmente l'Europa possa schierare.

Imbrò e Moraschini? Mi dispiace, crocifiggetemi, lapidatemi, ricopritemi di improperi, ma secondo me “they got no game”. Potranno essere buoni giocatori, buoni cambi, giocatori da situazioni particolari, ma campioni mai. Almeno secondo me.