Continuando a ragionare sul problema e per offrire alla riflessione altri argomenti vorrei ragionare un po' sul perchè, come diceva più che giustamente il succitato commentatore, i giocatori di adesso per imparare qualcosa si rivolgano agli allenatori di "allora". Forse che allora erano più intelligenti? (Oddio...) no, onestamente non lo credo. Ricorderete che tempo fa Alessandro Baricco scrisse un romanzo a puntate sulla Repubblica sui nuovi barbari. Temo che, andando alla radice, il problema stia proprio qui, nello spirito dei nuovi tempi. Nel senso che oggigiorno l'approfondimento più che essere trascurato, proprio non si sa cosa sia. Bisogna sapere un po' di tutto, senza che si senta la necessità di andare al fondo, a capire nell'essenza le cose come stanno. Ora che l'insegnamento del basket in una prima fase forse è meglio che sia di tipo globale, cioè che si parta dall'insieme per poi affrontare analiticamente i singoli segmenti, è probabilmente vero. In me rimane vivo il ricordo delle due tipiche scuole triestine di quando iniziai io: quella della Ginnastica triestina che partiva letteralmente dalle aste e filetti per arrivare a snervanti ed interminabili sessioni di meccaniche ripetizioni dello stesso gesto, una volta imparato il quale si passava alla fase successiva, e dunque c'era una costruzione progressiva dalle fondamenta all'edificio intero, e la scuola dei Ricreatori (praticamente oratori laici, gestiti dal comune) e del Don Bosco (oratorio questo vero, gestito dai salesiani) dove per forza si cominciava dall'assieme, cioè dalle partitelle, per poi passare alla scomposizione del gioco nei segmenti di base lavorandovi in modo parallelo senza privilegiarne uni rispetto ad altri. Ambedue i metodi avevano i loro lati positivi: i giocatori della Ginnastica erano tutti veri e propri manuali del basket, ma leggermente freddi ed impersonali, quelli dell'altra scuola invece più creativi, capivano sicuramente più il gioco, ma tecnicamente non reggevano (anche se di molto poco) il confronto. Per attitudine personale apprezzavo molto di più il secondo sistema, anche se so benissimo che si tratta di gusti. L'importante è, come in ogni cosa, che si sappia cosa si voglia, e la si persegua con costanza e coerenza. (Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto")
Qualunque sia però il sistema si arriva ad un certo punto al momento in cui bisogna affinare le doti tecniche. Bisogna cioè fare gli accordi e le scale, per chi studia musica. Nel basket bisogna imparare i fondamentali di palleggio, passaggio, tiro e soprattutto arresto e tiro che rimane il modo più economico e produttivo, checché se ne dica, per fare canestro. Per non parlare delle cose più raffinate, di come ci si smarca, di come si fa il tagliafuori, di come si porta un blocco eccetera, più ovviamente tutta la tecnica difensiva, posizione di corpo e piedi, tecnica di scivolamento, equilibrio e giusto uso delle gambe e delle braccia. E invece quando oggi vado a vedere qualche allenamento dei più giovani vedo cose che... mi fanno immediatamente allontanare dalla palestra, perchè, vista la mia indole collerica, altrimenti correrei il rischio di entrare in campo urlando come un pazzo venendo poi subito internato in qualche struttura di accoglienza per malati mentali. Vedo infatti un allenamento di fondamentali: il coach (definirlo istruttore sarebbe troppo pomposo) mostra il fondamentale da eseguire (correttamente, magari) e poi i ragazzi eseguono. Ognuno a modo suo. Con difetti strutturali galattici. Cambi di mano davanti cambiando prima direzione e poi mano, per esempio, cosa che se si fa in partita comporta ovviamente la perdita immediata del pallone, cambi dietro alla schiena prima del cambio di passo (con ovvio centraggio del tallone), virate...no, virate non se ne vedono più (???). Eccetera. Per non parlare dei contropiedi 2 contro 1 o 3 contro 2 con palloni guidati lungo la linea laterale, due giocatori assieme al centro e nessuno a destra e via così. E l'allenatore che fa? Nulla. Proprio nulla. Lascia che ognuno faccia a modo suo, tanto lui i fondamentali li insegna. E no, amico! Quello che stai facendo è perdere un'ora della tua vita e di quella dei tuoi allievi che, terminato l'allenamento, saranno arrivati valigie e ripartiti bauli (rivà cufer, partì baul, modo di dire triestino). Se insegni i fondamentali, devi smuovere il sedere, fare il giro del campo, correggere gli errori di ognuno, se serve fermare tutto, rimostrare la cosa, devi insomma darti da fare. E finché i ragazzi (o ragazze) non impareranno a fare le cose nel modo giusto, tutti, non se ne andranno a casa. E se proprio ad un dato momento arriverà il custode a scacciarci, ricominceremo la volta prossima. Di qui non si scappa. O impari, o non si va avanti.
Un atteggiamento del genere era del tutto di routine ai miei tempi, anzi, sembrava impossibile fare diversamente. Oggi invece sembra che i ragazzi si stufino, che non riescano a mantenere la concentrazione, che si stressino. Ed allora i genitori non li manderanno più, non incasseremo più le quote iscrizione e dovremo chiudere il vivaio. Il problema è enorme proprio perchè, purtroppo, la cosa è tragicamente vera. Lo spirito dei tempi non prevede l'attitudine mentale dell'approfondimento, né da parte dell'istruttore né da quella dell'allievo. Onestamente penso che la ragione prima per la paurosa mancanza di tecnica individuale delle nuove leve stia proprio in questo fatto. Come uscirne? Non so. L'unica salvezza la vedo nel recupero, almeno da parte dei docenti, chiamiamoli così, di una consapevolezza dell'esistenza del problema e che si tenti di porvi rimedio almeno per i più promettenti quando sono ormai nel giro che conta, quando cioè sono già nelle mani di qualche sanguisuga, pardon procuratore, ma senza essere già troppo grandi per essere irrecuperabili, usando come leva l'unico argomento che oggigiorno sembra allettare i giovani, cioè le promesse di fama e soldi. Solo così, penso, potremo costringerli a lavorare per progredire. Per gli altri purtroppo salvezze non ne vedo. Cosa che mi procura angoscia, perchè proprio dalle file di questi, destinati a rimanere degli sbandati tecnici, usciranno i futuri dirigenti, arbitri e, purtroppo, allenatori.