Sono veramente contento di aver visto tanti commenti sul mio pezzo che era fra quelli meno psico-fisio-analitico-terapeutici che a volte mi ostino a scrivere, ma che era più o meno una spontanea e primordiale invettiva. Parlo ovviamente del commento RAI a Slovenia-Brasile che mi ha fatto saltare la mosca al naso per come, secondo me, le partite siano oggigiorno analizzate per particolari anche importanti in un particolare momento, ma che diventano insignificanti quando la partita arriva negli ultimi minuti.

Comunque a me, sloveno per nascita, lingua e cultura, anche se essendo nato fuori dai confini politici della Slovenia sono visto dagli sloveni stessi come uno straniero, cosa che mi fa incazzare come una iena ("se non ci fossero stati i nostri padri e nonni, avreste ancora i confini a Postumia e Fiume, imbecilli!"), alcuni commenti sulla Slovenia stessa mi hanno infastidito non poco, per cui vorrei per la prima ed ultima volta parlare di come sia la Slovenia, di quali conseguenze sul piano sportivo comporti la sua storia stessa, insomma in breve una breve scheda sull'animo sloveno. In definitiva d'ora in poi si parlerà molto poco di basket, per cui i baskettofili e basta potete smettere di leggere. Chi invece vuole conoscere qualcosa di più su uno sconosciuto minipopolo che vive ai confini dell'Italia continui pure. (Per continuare clicca su "leggi tutto")

La storia della Slovenia è molto semplice: dopo il classico periodo caotico susseguente alla migrazione dei popoli nel primo Medio Evo, gli sloveni si insediarono nell'attuale territorio e in grande profondità nel territorio attualmente austriaco fino ad arrivare praticamente alle porte di Vienna (Wiener Neustadt). Interessante che la prima testimonianza della lingua scritta slovena sia un breviario con le preghiere tradotte a lato in lingua slovena perchè i fedeli capissero il prete, scritto nella metà dell'11.esimo secolo e trovato a Freising che è, badate bene, in Baviera. Dall'800 la Slovenia finì come marca di confine di Carlo Magno e da allora è stata ininterrottamente, per 1100 anni, sotto il dominio austriaco. Dominio che etnicamente fece sparire gli sloveni dalle zone ora sotto l'Austria (a parte la Carinzia attorno a Klagenfurt, passata sotto l'Austria nel 1918 dopo un plebiscito nel quale gli sloveni, che erano stragrande maggioranza, optarono per l'Austria, visto che della nuova Jugoslavia non si fidavano – sensazione più che giusta, comunque fidarsi dell'Austria fu per loro molto, ma molto peggio), ma che li mantenne nella parte inferiore sotto le Caravanche nelle due regioni austriache della Carniola e della Stiria. Interessante che il confine Sud dell'Austria è rimasto invariato per tutti questi secoli, per cui il confine etnico fra sloveni e croati è nettissimo: da un paese etnicamente compattamente sloveno si passa a quello successivo compattamente croato. Gli sloveni sono stati sempre fino al 1918 sottomessi in tutti i sensi: solo nel 19.esimo secolo cominciò nella capitale Lubiana a formarsi un timido ceto borghese che si esprimeva in lingua slovena. Tutte le istituzioni avevano infatti il tedesco quale unica lingua. E dunque hanno purtroppo marginalmente ragione quelli che a Trieste ci chiamano sprezzantemente "S'ciavi" cioè schiavi nel senso che in effetti gli sloveni, detto in breve, fino al 1990 non ebbero mai strutture di autocomando, se non quelle fittizie dell'epoca comunista.

Da ciò nasce la conseguenza che gli sloveni sono un popolo chiuso, introverso (in Slovenia c'è la maggior percentuale di suicidi in Europa), che diffida di tutto e tutti, che si chiude in se stesso avendo anche un grande complesso di inferiorità verso tutto quello che viene dal mondo lontano. Complesso alimentato anche dalla consapevolezza di essere pochi (2 milioni, come il centro storico di Milano) e circondati da vicini ben poco raccomandabili, italiani a Ovest, tedeschi a Nord, ungheresi a Est. In campo sportivo questa insicurezza si esprime nel non poter credere di essere in realtà più forti dell'avversario che si affronta. Come nella sciagurata partita contro la Grecia agli europei in Spagna, un grosso vantaggio fa emergere tutte le insicurezze ancestrali ed in breve gli sloveni tendono in quelle occasioni a farsela addosso. Salvo che contro i vicini: contro austriaci, italiani, ungheresi e croati, gente conosciuta, i complessi spariscono ed emerge invece il rancore per i torti subiti nel passato. Ed infatti la Slovenia, se ci state attenti, contro questi Paesi ha tradizioni positive praticamente in tutti gli sport nei quali è competitiva.

In breve: il popolo sloveno è indipendente da 18 anni e mezzo, un attimo nella storia. Ciò nondimeno qualche vincente comincia a produrlo, il canottiere Čop, l'atleta Kozmus, la nuotatrice Isaković, lo stesso Lakovič, gente capace di dare il meglio di sè nei momenti chiave, per cui andrei molto cauto con l'idea che questo Paese di "S'ciavi" continuerà a buttare nel cesso partite già vinte. Date un po' di tempo al tempo ed anch'io alla fine mi metterò a ridere.