Ritardo clamoroso dell'estensione delle note quotidiane dovute a causa di forza maggiore. Proprio di fronte a casa mia hanno lavorato tutta la mattina per riparare una linea aerea, per cui sono stato fino a pranzo senza corrente (avevano messo l'avviso ieri sera, ma di grazia, come fa uno a mettere da parte un po' di corrente?).
Allora oggi solo in breve, spero mi scuserete. Usain è un marziano ed i marziani non possono perdere. Punto. Per cui a Blake sorrideva anche l'orifizio più recondito per essere stato il primo dei mortali, ed infatti ai microfoni di Claudia Angiolini e Fiona May (ma perché sono in due, una sa forse leggere e l'altra scrivere?) non faceva che ridere. Claudia mi scuserà per la battuta, lei è infatti amica mia ed è stata la prima della Redazione Sky a comprare il mio libro.
Federer era svuotato e forse neanche tanto convinto, e come sempre quando questo gli succede gioca a sprazzi. Lui ha da tempo perso il killer instinct e gioca con l'atteggiamento dell'artista: se gli pare di giocare male comincia a farsi schifo a se stesso e si smonta. Dall'altra parte Murray sembrava tarantolato e soprattutto incredibilmente concentrato. Nei momenti chiave non ha sbagliato un colpo, ha avuto due nastri clamorosi a favore nei momenti chiave, Federer ha tirato lunga di un millimetro una vincente sulla palla break, ma soprattutto lo scozzese ha risposto come neanche Agassi ai bei tempi. E, aggiungo, l'atmosfera di tifo da stadio, che ricordava quella fra australiani e croati nell'indimenticabile finale del lunedì fra Ivanišević e Rafter, con bandiere e cori mi è piaciuta tantissimo. Ha dato la stessa impressione di spazzare via per un momento la patina stantia della tradizione, in questo caso di Wimbledon, come lo sketch della regina paracadutista nei confronti della monarchia.
Archiviata la routine della medaglia di Kozmus nel martello, tanto per cambiare ancora una volta con la miglior misura stagionale (parlavamo di vincenti), che ha così chiuso il cerchio delle medaglie slovene, tutte portate da veterani (e le giovani leve?), sono curiosissimo di vedere stasera Brasile-Spagna. Come faranno a mascherare il desiderio di perdere? Parlavo proprio l'altro giorno delle situazioni assurde, da alternativa del diavolo, che offrono i gironi all'italiana al momento dell'ultimo match prima della definizione della griglia dell'eliminazione diretta. Esempio più eclatante non ci potrebbe essere. Anche se, a occhio, è più la Spagna che non vuole vincere, in quanto punta in alto, mentre per il Brasile, che secondo me con meno presunzione ha anche minori ambizioni, sarebbe importante evitare il quarto contro la Francia. Per cui penso che comunque i brasiliani la partita la giocheranno, mentre gli spagnoli faranno finta di aver avuto sfiga.
A proposito di sfiga: io parlo di giornalisti presuntuosi e tuttologi che pensano di sapere anche di sport e, tac, arriva un commentatore e mi spiattella la controbattuta dell'unica eccezione del panorama che conferma la regola, e cioè Vittorio Zucconi. Che, oltre ad essere sommo giornalista, è anche uno che da ogni parola che scrive si vede che lo sport lo ama per quello che è e non per quello che rappresenta, il che è la fondamentale discriminante che secondo me dovrebbe dividere chi potrebbe e chi non dovrebbe mai parlare di sport. Fra gli ultimi ci sono purtroppo anche tantissimi giornalisti che si occupano di sport in attesa di fare il grande salto verso le cose “serie” (?), per esempio quelli così ben tratteggiati nello stesso intervento che dell'evento parlano solo ed esclusivamente dal punto di vista soggettivo dimenticando che l'avversario è in campo esattamente con lo stesso scopo che hai tu. E che non hanno sempre accanto uno Zucconi che possa fulminarli come si meritano.