Buongiorno, dove eravamo rimasti? Scusate, voi che mi leggete, ma la lunga pausa è stata dovuta al fatto che, onestamente, non avevo in realtà nulla da dire di interessante, oltre al fatto che sul lavoro c’è stata la fine della stagione degli sport invernali con molto più lavoro e dunque c’era molto da seguire e vedere in TV. Ora l’Eurolega sta arrivando alla fase decisiva, ci sono i playoff dell’NBA, c’è stata la fine della stagione dei college, insomma il basket ha ricominciato a fare capolino nella mia scala di interessi.

I più appassionati fra di voi, quelli che riuscite a seguire i miei turni del TG per Capodistria o che seguite le nostre Zone Sport, mi saranno testimoni che i quarti di finale dell’Eurolega li avevo presentati come due serie scontate, quelle del CSKA e del Real, una molto meno scontata di quello che si potesse pensare, quella fra Fenerbahce e Maccabi, e una aperta, quella fra Barcellona e Olympiacos. I fatti per ora mi hanno dato abbastanza ragione, anche se devo dire che non mi aspettavo assolutamente che l’Efes potesse essere tanto competitivo contro il Real.

Ieri in gara due il Real si è salvato per miracolo in una gara totalmente perduta su tutti i fronti. L’ Efes mi è sembrato la Slovenia dei bei tempi, una squadra che gioca bene, che domina, ma che poi nel finale si perde, trova avversari che infilano una serie di miracoli e finisce per perdere in modo del tutto immeritato. Duda Ivković ha letteralmente messo nel sacco Laso dandogli una umiliante lezione di come si prepara una partita. Per 37 minuti Heurtel, Krstić, Perperoglou e soprattutto Osman hanno fatto quello che hanno voluto giocando un basket che non credevo fosse possibile praticare nel 2015, alternando il gioco fuori e sotto, alto e basso, le penetrazioni con gli scarichi giusti, sia sotto che sul perimetro, insomma ho goduto. A scusante del coach del Real bisogna subito rimarcare che quando l’uomo chiave, quello che nella mia opinione sposta almeno 30 punti fra andare e venire per il Real, parlo ovviamente del Chacho Rodriguez, incappa in una prestazione che definire nulla è dire ancora troppo poco è solo ovvio che in campo la luce si spenga e che i giocatori, per quanto presunti campioni siano, diano l’impressione di galline senza testa che si muovono a caso. L’unico che mi sia piaciuto è stato KC Rivers, quello che fra l’altro aveva levato non poche castagne dal fuoco anche durante gara uno, decisa da un black out dell’Efes nel terzo quarto dopo un primo tempo dominato, e dunque che dal punto di vista tattico l’Efes sia infinitamente meglio del Real secondo me non ci possono essere dubbi, visto che ci sono state due prove schiaccianti di ciò in un brevissimo lasso di tempo. Il finale di partita è stato molto significativo perché in quei momenti si vede chi ha qualcosa di rotondo e duro sotto la cintola. Rodriguez, dopo aver fatto schifo per tutta la partita, ha messo una tripla decisiva che solo un grande campione può mettere in quelle circostanze, seguito nientemeno che da Felipe Reyes, capitano se ce n’è uno (forse smetterete di pensare che non mi piaccia Reyes, ma ne abbiamo già discusso, concludendo che molti di voi lo confondono con il fratello che, quello sì, era una pippa), mentre dall’altra parte Perperoglou ha sbagliato di fila tre triple totalmente aperte con in più una terribile palla persa in panico e Lasme, che pure per me è un ottimo giocatore, ha messo in mostra due mani di pura palta su due assist perfetti di Heurtel. Šarić? Mi dispiace, ma a questi livelli mi sembra inadeguato per carenze proprio fisiche e strutturali di impianto di gioco. E così l’Efes ha perso e non mi sorprenderebbe se il contraccolpo fosse tale che la serie finisse già dopo tre partite.

Passando al Barcellona sempre nella presentazione avevo detto che la serie sarebbe stata apertissima nel caso Spanoulis fosse quello vero, totalmente chiusa in caso contrario. Qui, mi permetterete l’immodestia, ci ho preso in pieno. In gara uno Spanoulis era un ectoplasma e c’è stato il massacro di Wounded Knee (lì dove la cavalleria di Custer fece una strage orrenda di donne e bambini indifesi), in gara due Spanoulis era quello vero e infatti il Barcellona non ci ha capito una mazza e non ha toccato terra. In questa stagione ero pronto a ricredermi su Pascual, in quanto avevo visto il Barcellona giocare bene con gli uomini sfruttati per quello che sanno fare senza pretendere da loro cose che palesemente sfuggono dalle loro capacità (tipo quella di pretendere che Marcelinho pensi), ma dopo la partita di ieri sospendo recisamente la riabilitazione. Pascual è infatti andato in pieno panico e per rimediare si è lasciato prendere dal pilota automatico ritornando agli errori di base che sembravano superati. Marcelinho ovviamente è quello che è, uno utile nelle situazioni di corri e tira, ma non certamente quando si deve ragionare, Satoransky è sparito, Abrines e Hezonja sono stati usati sempre nei momenti sbagliati e con compiti che non erano per loro, il pacchetto dei lunghi era un’armata senza testa, capo né coda, Navarro ha fatto il Navarro, ma da acciaccato di 35 anni, dunque con una resa infinitamente inferiore, ma soprattutto molto più saltuaria rispetto ai bei tempi, insomma per 40 minuti il Barcellona è apparso una patetica armata Brancaleone e se, come sono convinto, la bontà di un allenatore si giudica da come reagisce nei momenti di difficoltà, perché quando la squadra gira tutti possono stare in panchina, basta agitare l’asciugamano e dare pacche sulle spalle ai giocatori durante i timeout, allora Pascual è bocciato su tutta la linea. Imbarazzante la lezione impartita da due veri giocatori di basket, Spanoulis e Printezis, attorno ai quali gli altri hanno fatto esattamente quello che da loro si attendeva, insomma è stato un grande piacere vederli giocare. Del resto quando il coach si chiama Sferopoulos un qualche talento per i giochi con la palla deve per forza averlo.

Sul CSKA non c’è niente da dire, se non che con Kirilenko ridiventato un giocatore di basket sono di un’altra dimensione pur potendo avere problemi per la carenza che lamentano nel reparto dietro, insisto, Teodosić sono sempre più convinto che, pur essendo in testa un vero e puro play, non possa farlo da solo non sapendo palleggiare, e altri buoni non ne hanno. Di Fenerbahce-Maccabi parlerò dopo le due partite allo Yad Eliahu, anche se, onestamente, il roster del Maccabi rispetto a quello del Fenerbahce, letto nome per nome, è inferiore in modo quasi imbarazzante. Continuo però a credere che il Fener pagherà, se non adesso nelle Final Four, la terribile deficienza che ha nel reparto play con tanti giocatori che nel ruolo sono veri e propri bluff. L' unico play vero di cui dispone, ovviamente Nemanja Bjelica, viene fatto giocare da altre parti, per cui come squadra, per quanto in panchina abbia Obradović, mi sembra sbilenca, male assortita, cosa che in partita singola potrebbe pagare in modo salatissimo.

Volevo scrivere qualcosa sulle finali dei college. Dopo aver goduto a livelli di estasi la sconfitta del presuntuoso Calipari e della sua sedicente armata di imbattibili contro Wisconsin, squadra di due miei idoli assoluti, Dekker e soprattutto Frank »The Tank« Kaminski, ho impostato la registrazione della finale su My Sky per godermela il giorno dopo. Solo che, saputo che Wisconsin aveva perso contro la solita squadra quadrata ottimamente allenata formata da giocatori perfettamente adatti alla filosofia di gioco di coach K che però come sempre non produce giocatori che poi valga la pena seguire quando vanno nell'NBA, tutti belli e precisini che danno emozioni a livello di zero gradi Kelvin, non ho avuto il coraggio di guardare la partita. Forse un giorno lo farò.

Per quanto riguarda l'NBA adoratori senza se e senza ma della Lega delle meraviglie abbiate fiducia: molto probabilmente avrete molti argomenti per polemizzare con me e con tutti quelli che pensano più o meno come la penso io, in quanto penso di scrivere abbastanza sui playoff, visto che penso di vedere molte partite. Forse sconvolgerò qualcuno, ma quest'anno ho avuto modo di vedere molte partite vere, con squadre che giocavano anche in difesa e che in attacco si passavano la palla per dare un senso al gioco di squadra. Sono state poche le volte che ho cambiato canale dopo pochi minuti non riuscendo a capire cosa diavolo stessero facendo i 10 in campo che soprattutto negli anni scorsi mi sembravano giocassero esattamente al contrario rispetto a quello che in ogni momento mi attendevo facessero. Non per niente in questa stagione sono state premiate le squadre che giocano in modo umano, di squadra. Sono contento per Boston, come sono contento che Memphis sia tanto in alto, come sono anche contento che a vincere a Ovest sia stata Golden State, come sono di converso contento di non vedere ai playoff Miami, o se per quello anche di non vedere Oklahoma City, squadra che senza Durant non esiste.

Proprio all'ultima giornata Gigi Datome ne ha messi 22 per Boston partendo in quintetto (che si siano accorti finalmente che è uno forte?), Gallinari sembra ritrovato, anche se i 47 dopo due supplementari in una partita di fine stagione vogliono dire in realtà molto poco – bisogna comunque sempre metterli, Belinelli sta facendo il suo, addirittura si sono ritrovate tracce del Mago (di Oz). Insomma ci avete fatto un pensierino su quanto potrebbe fare l'Italia agli Europei? Faccio lo sbruffone e mi insedio CT della Nazionale. Prendo un play vero, ovviamente De Nicolao (anche se, come più che giustamente mi ha detto Frank Vitucci l'altra sera a cena, ha una sola velocità, non possedendo marce inferiori alla quinta) per i momenti in cui bisogna ragionare, altrimenti sfrutto Cinciarini e Hackett a scelta con Gentile e Belinelli nel ruolo di guardia, nel reparto ali piccole, semiforti e forti ho un'amplissima scelta con Aradori, Datome, Gallinari, Melli e Polonara (nell'ordine dall'ala più piccola a quella più forte). E sono 10 che non si discutono. Sotto canestro convoco in prima battuta Cusin e Cervi tenendo nel contempo un duro discorso a Bargnani dicendogli che, o va su tutti i rimbalzi e tira a canestro dalla distanza massima di 20 centimetri, e allora gioca lui al posto di Cervi oppure torna a calci nel sedere in America. E così ho i 12 che posso usare con ogni tipo di duttilità, schierando addirittura un quintetto alla Dean Smith Montreal '76 con Hackett e quattro da ruotare fra guardia, ala e centro che mi permette una difesa aggressiva con cambi sistematici senza creare mismatch e contemporaneamente in attacco non da punti di riferimento alle difese avversarie. Insomma, datemi questa nazionale e vi garantisco che vi divertireste. Tanto. Quanto? Non poniamo limiti alla Provvidenza.