Linsanity? Lin's sanity!
- Scritto da Sergio Tavčar
Vorrei per prima cosa chiarire un malinteso che mi sembra sia maturato in chi mi legge: non ho assolutamente nulla in contrario nei confronti del pick and roll. Sta scrivendo uno che all'età di 20 anni, quando andò (da giocatore!) con la sua squadra in collegiale a Rovigno, si fece una settimana esclusiva di solo pick and roll agli ordini del coach della femminile dell'Olimpija di Lubiana (buonissima Serie A jugoslava, ai tempi). Fra l'altro vedi caso il suddetto coach era il compagno di vita della mia seconda miglior amica dell'infanzia e compagna di classe alle elementari che poi, trasferitasi a Lubiana, si diede al basket arrivando addirittura a giocare una partita in nazionale. Si vede che il basket era nel mio destino. Ci facemmo un mazzo enorme, in quanto l'uomo, pignolo fino all'inverosimile, stava ore e ore a correggere la posizione dei piedi del bloccante (blocchi dorsali obbligatori! - quelli che se li fai oggigiorno pensano che sei sbarcato da Marte) e a insistere sul timing giusto, che doveva essere preciso al decimo di secondo, del passaggio del portatore di palla sul blocco, ma soprattutto del momento in cui il bloccante doveva completare il giro col tagliafuori sul difensore e scattare a canestro. (Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto")
I due talenti
- Scritto da Sergio Tavčar
"Nel caso di un artista la predisposizione, il famoso talento, cos'altro è se non una particolare configurazione dei neuroni che fa sì che il suo cervello abbia un'inclinazione maggiore rispetto al resto dell'umanità verso una specifica attività? Ed il cervello dove sta? In pancia? Ed è sempre il cervello che fa sì che questa predisposizione possa o meno venir sviluppata nella sua pienezza e che uno diventi un campione nel suo campo. Nello sport vale lo stesso con la differenza che qui il lato voglia, abnegazione, caparbietà, capacità di imparare dai propri errori, umiltà di sapere che non si finisce mai di imparare, insomma tutte queste doti caratteriali che sono lo spartiacque fra il mediocre ed il campione, sono ancora più importanti perché il gesto tecnico lo si può imparare con un'infinità di ripetizioni (che però devono essere fatte!), per cui avere il gesto tecnico già nel sangue è sì di aiuto, ma non certamente fondamentale."
La citazione che avete letto è semplicemente un copia ed incolla del mio precedente post. E quando si continuerà a dire che la testa non è tutto per quanto si riferisce al talento continuerò a proporlo come un mantra fino allo sfinimento o mio o vostro. Pensavo di essere stato chiaro, ma evidentemente non è stato così. Per cui quando continuo a leggere che sì, la testa è importante, ma che bisogna comunque avere predisposizione, "talento" secondo un termine abusato, onnicomprensivo e molto vago, ma ci tornerò su fra pochissimo, non posso che ribadire che la coordinazione, e nello specifico la predisposizione a fare anche spontaneamente movimenti che per altre persone meno dotate richiedono anni di duro studio, è per definizione una cosa che deriva direttamente da come sono strutturati i nostri neuroni, che risiedono nel cervello, il quale cervello sta nella testa. Appunto. Come volevasi dimostrare.
Come continuo a ritenere, e, ormai mi conoscete, non c'è persona al mondo che possa convincermi del contrario, in quanto trattasi di convinzione tauceriana, che la seconda parte della citazione di cui sopra sia ancora, e di molto, più importante rispetto alla prima. Una predisposizione che non viene sviluppata dal lato cosciente del nostro cervello è una cosa sterile che non produrrà mai nulla, come, lasciatemi un po' di poesia, un seme di sequoia, se lasciato seccare, rimarrà per sempre simile, tanto da essere quasi indistinguibile, a un seme di ortica, vanificando tutto il potenziale spaventoso che aveva all'inizio di diventare una delle piante più maestose che ci siano. (Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto")
Talento contrario
- Scritto da Sergio Tavčar
Uno dei grandi vantaggi che si hanno a lavorare a TV Capodistria, per come è strutturato il nostro lavoro, è che si deve comunque avere un'infarinatura di qualsiasi sport ci sia al mondo. Vista l'esiguità del nostro numero è prassi da sempre che a redigere le notizie giornaliere del TG sportivo sia una sola persona, che viene lasciata sempre sola ed abbandonata, per cui o conosce un po' di tutti gli sport oppure è semplicemente fregato. Personalmente ho fatto anche tantissime telecronache di vari sport, cosa che diventa ancora più acuta quando si devono seguire manifestazioni sportive tipo Olimpiadi, dove 5 giornalisti devono seguire 25 sport diversi e dunque bisogna fare di necessità virtù e acquisire una qualche conoscenza dello sport che dovrai seguire. Ciò ovviamente porta al fatto che, dovendo seguire più o meno tutto quello che succede a livello agonistico, uno entra in contatto con tutti gli sport col risultato che certi cominciano a piacergli, per cui continua a seguirli ed a informarsi, e certi altri proprio non gli vanno giù e non li segue più. Personalmente sono tanti gli sport che non mi attirano, per cui, se a qualcuno interessa, dirò che quelli che mi piacciono, oltre ai miei "istituzionali" basket, nuoto e tennis, sono, oltre al golf di cui ho già parlato, degli sport di squadra soprattutto l'hockey (su ghiaccio, ovviamente, gli altri, non me ne vogliano gli appassionati, mi sembrano tutti dei surrogati, compreso quello sport antico e nobilissimo che è l'hockey su prato) e il football americano, degli sport individuali invece tutti quelli che presuppongono straordinarie doti mentali, sia di creatività che di capacità di soffrire e di dare sempre il meglio di se stessi andando a volte anche oltre ai propri limiti, più precisamente del primo gruppo tutti gli sport della racchetta (tennis tavolo, badminton) e quelli prettamente mentali (dagli scacchi allo snooker) e del secondo, oltre ovviamente alla regina degli sport, l'atletica, lo sci, sia alpino che di fondo assieme al biathlon, ed il canottaggio in primis. Ci sarebbe anche la ginnastica artistica, ma ai miei occhi ha regolamenti troppo astrusi, per cui non riesco a capire quanto e perché uno sia forte e la cosa mi dà tantissimo fastidio, ed io sono fatto in modo tale che, quando una cosa non riesco a capirla, non mi interessa più. (Per continuare a leggere clicca sotto su leggi tutto)
Spazi d'altri tempi
- Scritto da Sergio Tavčar
Ieri (domenica 15) era una giornata perfetta per lo sportivo da salotto e devo dire che l'ho sfruttata in pieno. Il tour de force degno di miglior causa è cominciato già alle 9 del mattino con le repliche delle semifinali di Conference di football, di cui non sapevo i risultati, per cui ho visto praticamente in diretta l'incredibile finale di San Francisco-New Orleans. In attesa di vedere New England contro Denver ho guardato la prima manche dello slalom di Wengen, poi ho girato sul football, ho visto che il quarterback "divino", per mio sommo godimento, stava subendo una solenne spazzolata da un quarterback vero, per cui ho guardato Kranjec vincere i salti sprint a Kulm, e poi ho guardato il SuperG di Cortina ridendo come un pazzo. Io non ho mai messo gli sci ai piedi, per cui di sci ne capisco come può capire uno che si picca di capire un tantino di gesti sportivi, ma di sci piatti, di prese di lamine, di traiettorie ottimali, di peso sull'interno, di curve in due tempi, insomma di tutte queste cose tecniche non capisco un accidente. Però, avendo anche fatto in tempi grami il supplente alle medie per due anni, mi intendo un po' di fisica, per cui per pura e semplice legge Newtoniana mi sembra di poter affermare che nello sci vince chi sfrutta meglio la forza di gravità, cioè percorre il tratto da A a B nel tempo più veloce lasciandosi praticamente cadere nel vuoto. Cosa che Lindsey Vonn sembra fare in modo sublime. E mentre scendeva ascoltavo i commenti degli esperti: "Ahi, è andata fuori linea!" e, tac, al primo intermedio era sotto di mezzo secondo, "ahi, si è sbilanciata e deve recuperare" e tac, al secondo intermedio il vantaggio era di un secondo intero, e così via. E mi sono detto che forse neanche i tecnici veri devono capirci tantissimo, rimarcando fra me e me che probabilmente anche nello sci, come in praticamente tutti gli altri sport, i campioni vedono e capiscono per istinto cose che i normali non vedono, per cui fanno cose che tecnicamente non dovrebbero stare nè in cielo nè in terra però, chissà come, quello che fanno loro è vincente, mentre se lo fa qualunque altro non fa altro che rendersi ridicolo. E senza aver studiato Newton evidentemente la Vonn sa molto meglio di tutti come si fa ad arrivare prima dal famoso punto A al punto B. Cosa che del resto fa anche Kostelić nello slalom che vince pur sembrando lento e compassato (echi delle discussioni sui finti lenti del basket?). Il divertimento è stato anche maggiore quando poi c'è stato il semi-streaking della Maze ("it's not your business" - copyright by Andrea?) in merito alla ridicola questione delle mutande impermeabili all'aria. E qui non posso non dar ragione al team della Maze ed alla ditta italiana che le ha prodotte che neanche tanto velatamente insinuano che gli svizzeri abbiano fatto reclamo per una pura e semplice ragione di spionaggio industriale. Mandano le mutande alle analisi ed ovviamente scoprono come sono state fatte per poterle copiare. Il che mi sembra più che plausibile. (Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto")
Gemelli diversi
- Scritto da Sergio Tavčar
Inutile: la lingua batte dove il dente duole. Io mi sforzo con tutti i mezzi di indirizzare la discussione verso i temi che piu' mi appassionano, leggi il tentativo di sviscerare i segreti più intimi del basket, del cosa fa di un giocatore un "vero" giocatore, quali sono le cose che bisogna curare, cosa bisogna fare per far progredire questo nostro amato sport, e dunque mi interessa tutta la problematica legata al basket giovanile ed ai processi di apprendimento e di converso quali sono le cose che bisogna evitare di fare, cioè mi sforzo titanicamente di parlare delle cose veramente importanti che poi, alla fine, tutti i commenti convergono sulle ultime dall'NBA. Che, come avrete capito, nella mia concezione attualmente sta al basket come il wrestling sta alla lotta libera olimpica. Cioè non c'entra un emeritissimo tubo. Per cui non potrebbe interessarmi di meno.
Avete fatto bene a riproporre il link verso un mio pezzo di tempo fa in cui spiegavo le ragioni anche profonde per cui attualmente mi sento tradito da quanto succede in America. Su quanto detto allora non ho proprio nulla da aggiungere. Rimarco solo il punto nodale della cosa. Mi fa immensa rabbia pensare a cosa potrebbero essere i giocatori di oggigiorno e cosa invece sono perchè non giocano più a basket. Poi certi, come Durant, quando affrontano gente che gioca a basket si dimostrano veramente forti, altri invece mostrano tutta la corda. Ecco, io vorrei vedere gli americani giocare a basket anche per capire veramente chi è forte e chi no. Alla mia veneranda età garantisco che, con un po' di allenamento, se fossi solo segnerei circa il 50% delle triple. Dunque potrei giocare nell'NBA, perchè lì la gente è sempre sola. Però qui da noi non potrei giocare in Promozione, ovviamente. La rabbia è tanto maggiore perchè guardando le partite di college (quelle sì che le guardo con interesse) vedo ragazzi bravissimi che, se solo fossero indirizzati nel modo giusto, sarebbero giocatori straordinari, per esempio Cody Zeller di Indiana non avrebbe nulla da invidiare ai nostri idoli Steve Hawes o Chuck Jura o Bob Morse, anzi forse potrebbe essere anche meglio, però poi tutta questa gente normalmente si perde entrando nel tritacarne NBA che appiattisce, o per meglio dire, cancella tutte le doti di giocatore vero che uno possedeva in potenza. Rubio fenomeno? Ma fatemi un piacere! (Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto")
Canestro sotto l'albero
- Scritto da Sergio Tavčar
Ovviamente buone feste a tutti. Sarà anche banale e stupido, però solo pensare che sono passati già 15 mesi, dunque più di un anno, da quando ogni tanto scrivo quello che mi pare e piace su questo sito e che pertanto, statistiche alla mano, è volato in un amen un 17.esimo di quanto in media mi resterebbe da rimanere su questa terra mi fa venire un tantino le vertigini. La bella notizia è comunque che si sta avvicinando a grandi passi la nostra sconvention estiva, per cui qualcosa di buono per consolarsi si trova.
Volevo commentare un po' i vostri commenti sulle vicende della Milano cestistica correlata alla presenza o meno di Gallinari, anche per andare contro-contro-corrente e dire che in effetti dalla partenza di Gallinari Milano ci ha solo guadagnato, che a rovinarmi la festa ci si è messo Manuel con un commento che mi ha letteralmente tolto le parole di bocca per cui non avrei assolutamente nulla da aggiungere a quanto da lui detto. Del resto sono le cifre nude e crude, che normalmente mai si verificano a caso, almeno in grande scala, che testimoniano del fatto che, paradossalmente, l' Emporio si è sbarazzato del suo capo più pregiato proprio in extremis per acciuffare le Top 16. Infatti Milano ha cominciato a vincere quando ne è rimasto senza, prima non vinceva mai (in Eurolega, parlo, visto che è l'unico metro di paragone valido, il campionato italiano non facendo storia né statistica). Le ragioni sono già state spiegate nel commento citato sopra: un innesto temporaneo, che si sa che è tale, non può che essere deleterio per qualsiasi economia di squadra, e ciò in modo assolutamente indipendente dal valore dell'innesto stesso, per la semplice ragione che una squadra è un'entità totalmente prevalente su qualsiasi singolo la componga. Uno può fare quel che vuole, ma se gli altri si sentono di superflui nello show della star, non possono nascere mai buone cose. Per esempio, piccole cose: nella partita contro il Partizan Cook sbaglia un'entrata e poi commette il classico fallo di frustrazione che poteva fra l'altro costare carissimo. Uno fa un fallo di frustrazione quando sente l'impegno, quando vuole vincere, non quando non gliene frega niente. Prima, una cosa del genere sarebbe stata impensabile. Milano andava sotto e ci restava con reazioni singole, sconsiderate, quasi menefreghiste. Stavolta no: c'era gente che pure in una partita caotica e tutto sommato giocata male da ambo le squadre che non sono squadre di fenomeni (men che meno il Partizan) anche per l'enorme pressione del risultato a tutti i costi (tiri liberi sbagliati, per esempio) si buttava sulle palle vaganti e cercava in ogni modo di rendersi utile. Guarda caso, in un contesto del genere diventa fondamentale uno come Mason Rocca che da solo dà l'esempio che per forza deve anche trascinare gli altri. E poi in effetti sembra che di colpo, con la partenza di Gallinari, Milano sia diventata un progetto di squadra. Più o meno si vede un quintetto base con Cook, Hairston, Fotsis, Mancinelli e Bouroussis, con cambi per ogni ruolo, con giocatori da scossa (da campetto, come dice Peterson) e con specialisti di impatto. Che per ora facciano anche tanto casino alla ricerca finalmente di un gioco vero di squadra è anche normale, ma personalmente, se fossi tifoso di Milano, ora come ora dormirei sonni molto, ma molto più tranquilli. (Per continuare a leggere cliccare sotto su "leggi tutto")
Lezioni dimenticate
- Scritto da Sergio Tavčar
Mi scuso per il diradarsi dei miei interventi, anche se noto con piacere che comunque non demordete. A parziale scusante devo addurre per quest'ultima settimana gli impegni di lavoro, dovendo seguire per TV Capodistria il mio secondo sport, il nuoto, con commenti e servizi sugli Europei in vasca corta. Detto di sfuggita la vasca da 25 metri mi sta fortemente sulle scatole, perché soprattutto in rana ed a farfalla si assiste di continuo a 15 metri di subacquea e 10 di nuotata, cosa che a me, che mi piace il nuoto e non le attività da sub, disturba non poco.
E comunque di argomenti cestistici ce ne sono ben pochi, se non si vuole di continuo parlare di Milano e di Gallinari, cosa diventata ormai per me stucchevole, perché, più mi sforzo di farmi capire, più vengo frainteso, per cui basta. Nessuno ha detto e tanto meno posso pensarlo, perché suppongo di non essere un idiota, che Gallinari sia scarso, ho solo detto, e lo ripeto fino allo sfinimento, che avrebbe potuto essere semplicemente molto più forte se solo avesse fatto i passi giusti nel suo sviluppo tecnico e nella sua carriera. Tutto qua.
Però proprio ieri un argomento interessante si è proposto da sé, venendo a galla in due suoi aspetti probabilmente connessi, anzi secondo me fortemente correlati, in due diversi momenti della mia giornata. Al mattino, al solito caffè in bar assieme a Robi Siljan, dove si discute di tutto e di più, eravamo arrivati (purtroppo le nostre discussioni sono un po' limitate, perché in ambito cestistico abbiamo esattamente le stesse opinioni, per cui non facciamo che darci di continuo ragione) alla conclusione che oggigiorno si siano dimenticati interi settori di tecnica individuale e di squadra sui quali i nostri istruttori (anche quelli di Robi, per quanto abbia 16 anni meno di me) invece puntavano tantissimo massacrandoci in allenamento con ripetizioni e correzioni continue. Per esempio dicevamo che non si vede più quello che ci veniva detto di continuo: la guardia che in contropiede (per noi transizione, o contropiede secondario, era tutto un altro concetto) può tirare sull'ex linea tratteggiata del cerchio della lunetta dell'area degli ex tre secondi e non lo fa viene sostituita di colpo, perché di uno che gioca a basket in qualsiasi lega si pretende che da due metri da posizione centrale segni in sospensione. Come è andata in completo dimenticatoio tutta la tecnica di squadra che ci veniva ammannita a dosi di cavallo sulla conduzione del contropiede e delle situazioni di soprannumero, leggi 2 contro 1, 3 contro 2, ed addirittura 4 contro 3 con alla fine l'inserimento del secondo rimorchio (questa sì che la chiamavamo transizione). Nel 2 contro 1, che sembra facilissimo, ci sono due cose fondamentali: una sono ovviamente le linee che devono essere occupate dagli attaccanti, simmetriche rispetto all'asse centrale del campo, ma molto più importante è il momento in cui viene passata la palla per la conclusione, che non deve essere né troppo presto, né ovviamente troppo tardi, quando non c'è più l'angolo per l'appoggio a canestro (perché si usa la parola inglese layup che in effetti anche etimologicamente vuole dire esattamente la stessa cosa? Da lay up – mettere su ad a-poggio, non esprimono forse esattamente lo stesso identico concetto?), e soprattutto quando il difensore ha inequivocabilmente palesato le sue intenzioni su chi dei due andare. (Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto").
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