Attenzione! Subito una brutta notizia in merito alla sconvenscion. La quale brutta notizia è in realtà per me una bellissima notizia e, scusate la presunzione, anche una straordinaria soddisfazione. Tempo fa avevo accennato alla strameritevole iniziativa che avevano preso in Slovenia alla metà degli anni ’90 con l’istituzione della ŠKL, la lega di basket per le scuole che aveva prodotto, oltre a una grande mobilitazione sociale di ragazzi e ragazze di tutto il paese, anche una serie di veri campioni di basket usciti proprio da quella competizione. Poi l’organizzazione si era dedicata anche ad altri sport cambiando anche la filosofia e gli scopi dell’iniziativa, ma è rimasta in piedi fino a oggi e continua a organizzare festival e jamboree per i ragazzi/e di tutti i tipi. La manifestazione finale della stagione si svolgerà dal 18 al 20 di giugno a Rogaška Slatina, notissima stazione termale, famosa anche per la sua centenaria tradizione della vetreria di ispirazione boema. Nel corso di questa manifestazione ci sarà un gala finale (dunque il 20 di sera) con anche il conferimento di premi alla carriera per personaggi che si sono distinti in fatto di sport. E, scusate sempre l’autoincensamento, quest’anno fra questi personaggi c’è anche il sottoscritto che è dunque invitato a Rogaška a spese dell’organizzazione in qualità di testimonial per tutti e tre i giorni. Alla fine il venerdì sera ci sarà il consueto banchetto, dormirò lì e il giorno dopo, non so quanto ancora rintronato (a una certa età gli strapazzi incidono molto più vigorosamente), mi riporteranno a casa. Mi scuserete dunque se penso che non sarei proprio nella forma più smagliante per affrontare poi anche una sconvenscion, e soprattutto la lite, suppongo molto vibrante, che avrò con Llandre. A questo punto spero che non me ne vorrete se sposto la sconvenscion alla settimana dopo, sabato 28.
Visto lo stravolgimento dei piani penso che per mitigare i danni la cosa migliore sarebbe che ci incontrassimo nella nostra ”quasi” base di Latisana, dove tanti di voi sono già stati e che vi accorcerebbe il viaggio in modo sostanziale. In questo modo si potrebbe anche gestire meglio la presenza di un numero variabile di partecipanti, comunicando il numero giusto magari all’ultimo momento, evitando così ulteriori complicazioni per l’organizzazione. Mi rendo conto che così creo molti problemi a tutti voi, ma spero lo stesso che qualcuno riesca a venire, se non altro per salvare la tradizione. Fatemelo sapere il prima possibile, per favore.
In più devo dirvi che in questi ultimi tempi ho molti altri impegni, tutti peraltro molto piacevoli. Tanto per dire sono appena reduce da un magnifico fine settimana a Sansepolcro dove ho avuto un incontro con i baskettari del luogo al locale Panathlon assieme a Pierluigi Marzorati, che reputo un grande amico (spero ricambiato) e con il quale, e ovviamente con gli squisiti anfitrioni locali, ho passato una magnifica serata. Questo non tanto per scusare la mia poca prolificità di questi ultimi tempi (tutti questi spostamenti vogliono dire viaggi e levatacce e non riesco proprio a scrivere quando cado dal sonno), ma per dire che non sono stato testimone visivo di molte importantissime cose sportive che sono successe in questi ultimi tempi. Tanto per dire mi sono perso la batosta della nazionale di calcio contro i vichinghi, ma soprattutto non ho potuto assistere alla debacle casalinga di Milano contro Bologna, e la cosa mi disturba non poco. La settimana prima avevo provato un sentimento che in vita mia non avevo mai pensato potessi provare: che cioè l’Inter potesse quasi, sottolineo quasi, farmi pena. Non ho dunque goduto come avrei voluto (ho visto solo il massacro del primo tempo, poi non ho avuto più il coraggio di assistere alla conclusione della mattanza). E quindi mi manca la soddisfazione completa, senza se e senza ma, che avrei provato assistendo a gara quattro della semifinale dei playoff. Ora dunque finale Brescia-Bologna. In pieno relax, vinca il migliore. Sono molto contento per Beppe Poeta che dal mio punto di vista ha fatto un grandissimo lavoro (a proposito Andriz, a parte i più sentiti complimenti per quello che tu sai, mi è piaciuto un sacco il parallelismo Bilan-Jokić – sono perfettamente e totalmente d'accordo), e dall’altra parte non ho ragione alcuna per fare il tifo contro Bologna. Ecco, forse qualcosa ci sarebbe da dire sulla disastrosa campagna acquisti della scorsa estate che, credo, abbia anche molto condizionato Banchi che infatti se ne è andato. Chissà come Bologna ha vinto due volte a Milano con Clyburn infortunato. Ma vedi un po’ il caso, a volte. Che strano.
Sulla finale dell’NBA discutete fra di voi, but count me out, come direbbero laggiù. Al lato opposto dello spettro del basket mi è invece piaciuta molto la Final Four dell’Eurolega e devo dire che mi ha riconciliato con il nobile sport del basket. Finalmente in tutte e tre le partite che ho visto (ovviamente la finale per il terzo posto non frega niente a nessuno, me compreso) ho capito le cose che facevano in campo e perché le facevano. Poi che a volte riuscissero e a volte no non ha molta importanza, l’unica cosa veramente importante era che appartenessero all’universo del basket senza incursioni in strane distorte dimensioni e universi paralleli. La prova più lampante che nell’universo del vero basket i giocatori di squadra capaci e intelligenti, per quanto non appariscenti, sono importantissimi, e a volte decisivi, l’ha data proprio il Fenerbahce che ha avuto un rendimento del tutto diverso, da squadra solida e logica con una difesa funzionante, quando c’era in campo Melli, giocatore inutile nel basket acefalo tipo NBA, proprio perché le sue doti non possono essere recepite da giocatori che fanno le cose a caso, senza alcun filo logico che possa spiegare quanto perpetrano in campo. Altra prova che in Eurolega si gioca a basket l’ha data Mike James. Durante la semifinale contro l’Olympiacos mi stropicciavo di continuo gli occhi vedendolo fare cose normali, da giocatore di squadra. E non riuscivo a capire quale magia avesse evocato Spanoulis per riuscire nell’impossibile impresa di fargli un totale trapianto di cervello. Ho contato solo due “Jamesate” in tutta la partita e infatti il Monaco ha vinto alla grande. Poi in finale è riemerso il James casinaro e egoista che conosciamo e, guarda caso, il Monaco non ha toccato terra. E tutto ciò pur in presenza di un Fenerbahce che non ha avuto proprio nulla da giocatori pure importanti tipo Biberović, o se volete magari Sanli e un paio di altri che ora mi sfuggono. Per loro fortuna, oltre al fatto che dall’altra parte c’era Mike James in versione vintage, alla fine si è svegliato Gudurić e la squadra più meritevole ha vinto. Alla fine anche Jasi ha vinto un’Eurolega da allenatore e mi sono quasi commosso quando ho visto l’abbraccio che si sono scambiati con Melli a fine partita celebrando due pesanti scimmie che ambedue si sono tolti in contemporanea dalle spalle. Mi sono anche commosso vedendo la mamma di Jasi che festeggiava in tribuna soprattutto ricordando la sua storia incredibile, quasi fiabesca. Per quelli che non la conoscono (spero pochi) la racconto: la mamma era nel giro della nazionale sovietica di pallamano in vista delle Olimpiadi di Montreal del 1976. Era praticamente sicura di essere titolare (e, se avete letto i Pionieri, saprete quanto era importante fare una trasferta nell’Occidente opulento a quei tempi per uno che viveva al di là della cortina di ferro – ti cambiava la vita) quando scoprì di essere incinta. Il tremendo coach della nazionale fu ferreo: o abortiva o poteva subito dire addio alle Olimpiadi. Non ci pensò un momento, mandò tutti a scopare il mare, e nove mesi dopo partorì il piccolo, ma robusto Šarunas.
Poi sono successe tante altre cose. Mi accorgo di non aver parlato della sofferenza, e poi del sollievo e della gioia, che ho provato quando, dopo sofferenze e colpi di scena di ogni tipo, Rory McIlroy ha finalmente vinto il Masters completando lo Slam in carriera. Durante l’angoscioso ultimo giro ad Augusta ho spesso tentato di mettermi in testa del nordirlandese tentando di immaginare quali tempeste gli si svolgessero dentro e come le combatteva, Tentativo ovviamente andato a vuoto, perché sono sicuro che solo un campione alle prese con momenti decisivi e molto significativi per la sua carriera, ma anche per la sua stessa vita, e non solo da sportivo, possa provare sentimenti così forti e devastanti. Che fra l’altro proprio niente hanno a che fare con i soldi che guadagna o meno, come ampiamente provato dal pianto dirotto di Nole Đoković dopo la sua vittoria olimpica al Roland Garros. Appunto. L’epica partita di ieri sera a Parigi fra Sinner e Alcaraz mi ha fatto nascere tutta una serie di domande con le quali mi sto arrovellando già tutto il giorno e che si riferiscono a quale sarà la reazione di Jannik alla sconfitta di ieri, soprattutto per come è avvenuta, sopra 2 set a zero con tre match point nel terzo, ma soprattutto, penso, guardando da un suo ipotetico punto di vista, per come è stato spazzato via nel tiebreak finale. Sono sicuro che soffre come un pazzo anche per cose tutto sommato solo statistiche, tipo che è Alcaraz e non lui ad essere ancora imbattuto nelle finali di slam, ma non è questo il vero punto. Un campione, e Sinner lo è, in tutto e per tutto, è uno che per definizione è tale perché odia perdere. La famosa frase che “bisogna saper perdere” è la frase più perdente che sia mai stata inventata. Certo, si riferisce al fatto che la sconfitta bisogna accettarla con educazione e rispetto verso il vincitore, ma la cosa che mi fa impazzire è che il vero campione sa perdere proprio perché è uno che non cerca alibi, che cerca sempre e solo in se stesso le ragioni che lo hanno portato a perdere, e questo vuol dire da sé che l’avversario non c’entra, per cui è solo normale essere rispettosi e accettare la sconfitta. Per il vero campione il problema è come mai ha potuto perdere giocando male i punti decisivi e la vera cosa che lo fa soffrire è il rendersi conto che, niente da fare, sui punti importanti l’avversario è stato migliore. E questo non lo può digerire. Ripeto, il campione è tale proprio perché odia con tutto il suo essere perdere, e la sofferenza che prova perdendo è normalmente la molla che lo spinge ad allenarsi ancora di più, a provare a perfezionarsi sempre più, proprio per non dover in seguito soffrire nuovamente come un cane le pene dell’inferno. Come detto prima, si tratta di sentimenti che noi comuni mortali mai potremo provare, non solo, ma neanche a immaginare quali possano essere, soprattutto negli sport nei quali ognuno decide da solo quali sono i suoi plafond da raggiungere. Negli sport di prestazione cronometrata o misurata queste cose non accadono: tu sai che vali, che ne so, 2 e 36 nel salto in alto, e la cosa che vuoi è farli nella gara più importante della stagione. Se li fai, ma qualcun altro ti batte, sei comunque appagato, perché sai di aver dato il massimo. Negli sport come il tennis e il golf queste cose non esistono, per cui l’auto valutazione dei singoli atleti è più o meno cosa che riguarda solo loro stessi e le loro capacità di autostima, nel senso di sapersi valutare come un perito che effettua una stima da fuori. La sconfitta di ieri è per Sinner il primo vero clamoroso intoppo (almeno per i suoi personali obiettivi) in una carriera che era stata finora solo una strada dritta cosparsa di rose. Sono molto curioso come ne verrà fuori. Attenzione, potrebbe anche sbarellare. So che è remoto, ma potrebbe succedere. Sono però convinto che, anche se con molte sofferenze, ne uscirà ancora più forte.