Abbiamo aggiunto questa settimana un altro mistero alla lunga lista di misteri irrisolvibili: dopo i misteri eleusini e quelli del terzo segreto di Fatima d’ora in poi ci sarà anche il mistero inestricabile e inspiegabile dello scambio fra Dallas e Los Angeles che ha coinvolto Luka Dončić e Anthony Davis. Quando ho letto la notizia sul sito della TV slovena (la prima cosa che guardo la mattina appena accendo il computer, essendo la pagina sportiva di RTVSLO di gran lunga il miglior giornale sportivo che copre le mie personali esigenze in fatto di interessi sportivi) ho avuto la classica reazione che hanno avuto tutti: quest’anno il primo aprile è arrivato con due mesi di anticipo. Non può essere. Non può esistere. Non ha alcun senso. Va be’ il cambio di proprietà a Dallas, ma fare un tale suicidio sportivo da tutti i punti di vista, tanto tecnico quanto di immagine e di appeal presso i tifosi, è una cosa assolutamente incomprensibile da capire.

Scambiare un uomo franchigia di 26 anni non ancora compiuti, uno che sta appena entrando negli anni migliori della sua vita e che nel frattempo ha vinto in Europa tutto quello che si poteva vincere, con un titolo di MVP della finale di Eurolega a 18 anni e addirittura un Europeo vinto con la Slovenia (ricordo sempre, un paese la cui popolazione starebbe tutta spaparanzata comodamente entro il perimetro della tangenziale di Milano), e che nei suoi anni nell’NBA ha portato una franchigia di metà classifica (nelle stagioni buone) a una finale per il titolo (checché ne diciate e per quanto non possiate sopportarlo la verità è questa e sta nei fatti), con un giocatore di 32 anni che ha già ampiamente dimostrato le sue qualità, ma anche i suoi innegabili limiti, e che nelle ultime stagioni ha saltato per infortuni vari più del doppio di partite rispetto a quelle che ha dovuto saltare Dončić, è un’operazione talmente demenziale che è inevitabile a questo punto ricorrere alla dietrologia più bieca e complottista per tentare di giustificare in qualche modo una mostruosità del genere.
Se non bastasse questo aspetto c’è ancora l’atmosfera carbonara nella quale si è svolta tutta la trattativa. Nessuno ne sapeva niente. Si dice che sia durata due settimane, dunque era già in pieno svolgimento nel momento stesso in cui il nuovo general manager, o come cavolo lo chiamano, il DS insomma, dei Mavs rilasciava un’intervista ad una giornalista della TV slovena (in realtà la migliore che abbiano, specialista soprattutto di basket) affermando con fermezza che Dončić era definitivamente la pietra angolare sulla quale si sarebbe comunque sviluppato il progetto. Più in generale, se Dallas avesse avuto veramente l’intenzione sciagurata di cedere Luka “perché non difende” (come se le altre superstelle, e comunque il discorso vale in generale anche per i brocchi che più che non volere, non sanno, lo facessero), avrebbe avuto tutte le possibilità di diffondere in giro la notizia e quindi a scatenare una vera e propria asta che l’avrebbe portato a ottenere per una superstar del genere contropartite sostanzialmente più corpose (quante prime scelte ha ottenuto Dallas in cambio di Luka?).
A questo punto uno veramente non si raccapezza più. Ammettiamo (guardate che non ho nessuna difficoltà a farlo) che Luka si alleni male, che soprattutto mangi troppo e che anche beva troppa roba che non fa certamente del bene ad uno sportivo e che in definitiva sia un lavativo avviato verso l’autodistruzione. Certo è che in Europa giocava molto meglio di quanto non faccia adesso, ma che questo sia accaduto è per me un’affermazione che somiglia tanto a una tautologia: uno che dall’Europa va in NBA lì gioca peggio. E’ nella natura stessa delle cose: se il contesto nel quale si va a lavorare è marcio è solo ovvio che uno si adegui. Io sono convinto che il ragazzo sia molto intelligente e che si renda conto che così fa del male a se stesso e sono altrettanto convinto che, se solo avesse qualche motivazione in più, tornerebbe a prendere le cose molto più sul serio. Ma non è questo il punto. Il punto è: se le cose stanno veramente così, allora perché diavolo Los Angeles lo ha preso? Non credo che lì siano tanto imbecilli da prendere, come dicono in Slovenia, “un gatto nel sacco”, cioè qualcuno del quale sanno poco se non nulla. Avranno anche loro fatto i propri calcoli, suppongo, alla fine dei quali sono arrivati alla conclusione che l’affare andava fatto. Dopo tutta questa disamina rimane però la fondamentale domanda: perché hanno fatto tutto in segreto finendo col fare uno scambio che da tutti i punti di vista, nessuno escluso, è il classico sparo nei piedi, come dicono da quelle parti?
Cominciamo dal lato tecnico. Senza Luka Dallas rimane praticamente senza testa. Qualcuno dirà che c’è sempre Kirie che ai tempi leggendari di Cleveland giocava più o meno in cabina di regia. Chissà perché però, correggetemi se dico una stupidaggine, aveva comunque accanto a sé un play vero, addirittura Dalla Vedova se non sbaglio, e poi c’era Lebron che giocava in tutte le posizioni facendo pentole e coperchi. A Dallas adesso, e ciò anche perché con la sua personalità straripante Luka ha creato negli anni in quel ruolo un vuoto pneumatico accanto a sé, nel reparto dietro non c’è totalmente nulla se non una batteria di tiratori che sarebbe interessante sapere chi sarà a fornire loro palloni giocabili (pardon, tirabili, se si può dire così). OK, sotto canestro con Anthony Davis Dallas è più forte. Di quanto? Non so, dal suo rendimento bisognerà sicuramente togliere quello di Gafford e Lively che senza Luka a rifornirli e con un altro che occupa i loro posti avranno senz’altro meno minutaggio, ma soprattutto saranno quasi totalmente inutili, se non come cambi di Davis. In definitiva, scusate, ma guardando e analizzando il roster prima e adesso, l’impressione nettissima che si coglie è che con questo scambio Dallas si sia sostanzialmente fortemente indebolita.
Passiamo al lato immagine e appeal. Come era facilmente prevedibile, considerando che la stragrande maggioranza dei tifosi veniva alle partite vestita con la maglia numero 77, il licenziamento di Dončić ha generato una vera e propria sollevazione popolare. Non so se avete visto il funerale che hanno messo in piedi davanti all’entrata del palazzo dello sport per rimarcare come il basket, partito Luka, sia morto. La cosa più importante è però che il profilo di Dallas su Instagram ha perso in un solo giorno 700 mila iscritti, circa il 15% del totale. E che anche quelli rimasti non sono proprio d’accordo con le decisioni della società. Per non parlare della valanga di cancellazioni di abbonamenti per le partite in vista della prossima stagione. Da questa vicenda l’immagine del club e soprattutto della nuova proprietà esce devastata e la gente sembra decisamente voltarle le spalle e toglierle ogni credibilità. Non mi sembra proprio il miglior modo di agire, considerando anche che in America l’immagine è importantissima, per non dire tutto.
E allora non si può non ritornare alla dietrologia più bieca a cui ho accennato all’inizio. La scusa che facendo così risparmiano i soldi del faraonico contratto che avrebbe dovuto essere firmato a breve semplicemente non sta in piedi, per la semplice ragione che già adesso hanno perso molti più soldi dandolo via rispetto a quelli che avrebbero introitato tenendolo. E dubito fortemente che con la falange di esperti finanziari che ogni società che si occupa di spettacolo possiede non se ne siano resi conto. La spiegazione vera deve per forza stare da qualche altra parte. Sempre sul sito della TV slovena, che come potete immaginare in questi giorni è praticamente dedicato esclusivamente a questa vicenda, c’è stato l’intervento di un loro esperto che ha proposto una ragione molto oscura che vi riporto tale e quale senza commentarla, visto che io stesso non so cosa pensare. L’esperto spiega in un podcast che il gruppo che ha rilevato il controllo di maggioranza dei Dallas Mavericks sia molto attivo nella gestione del gioco d’azzardo che sembra sia ancora proibito in Texas. Si può sparare dove e quanto si vuole, ma giocare ufficialmente d’azzardo no. Forse perché, con la pistola facile che hanno da quelle parti, potrebbe succedere che qualche partita finisca veramente male con sparatorie tipo vecchio Far West. E allora lo scopo nascosto del gruppo sarebbe quello di mandare la franchigia volutamente a ramengo per poterla spostare a Las Vegas dove potrebbero prendere più piccioni con la stessa fava. Un po’ quello che è già successo nell’hockey.
Ho riportato questa notizia per sottolineare come sia ufficialmente aperta la caccia alle spiegazioni più ardite per questa operazione che, vista da fuori, non ha avuto assolutamente alcun senso. Ora bisognerà vedere come coabiteranno sotto la stessa maglia Luka e Lebron. Se… Nel senso che potrebbe facilmente succedere che i due trovino un equilibrio fra i loro ruoli quando Lebron sarà ormai già troppo vecchio per essere ancora un fattore fondamentale per il rendimento della squadra. Vedremo. Fra grandi giocatori un punto di equilibrio lo si trova sempre. Basta però volerlo. E non è detto, con Lebron che è rimasto attonito anche lui quando ha saputo la notizia che nessuno gli aveva anticipato. Vedremo quanto se la sia legata al dito. Per Luka, infine, penso che alla fine sia un’eccellente sviluppo per la sua futura carriera. Finora la sua vita sportiva è stata lastricata di fiori, sempre come dicono in Slovenia, tutto gli è riuscito troppo facilmente stante il suo talento smisurato. Forse lo schiaffo sonoro che ha subito ora potrà fargli capire che è arrivata finalmente l’ora di prendere le cose sul serio e cominciare a fare il professionista a tutto tondo, con tutto quello che ciò comporta. Parlando con Pero Vilfan a Lubiana durante la presentazione del film su Dražen gli avevo chiesto se fosse anche lui della mia opinione che Ćosić era nato quaranta anni troppo presto e Dončić invece 40 anni troppo tardi. Pero ha riso alla battuta e mi ha dato ragione su Krešo su tutta la linea (oggi nell’NBA sarebbe semplicemente illegale), ma su Luka non era d’accordo, in quanto secondo lui è nato nell’epoca più giusta possibile visto che può fare quello che vuole (il termine sloveno con una parola presa dal tedesco è: “se šverca«, letteralmente si contrabbanda) senza neanche allenarsi e facendo la vita che fa. Appunto. Vi immaginate Dončić indolente e svagato ai tempi di Moka, Kića, Mirza, Praja e del suddetto Ćosić? Gli avrebbero fatto subito capire cosa voleva dire essere un vero giocatore, per cui, amico, o lo fai seriamente, se no fai il favore di smammare. E vi immaginate un Dončić tirato a lucido in piena forma giocare assieme a quelli sunnominati? Io non oso neanche pensarlo. No, in realtà è il mio sogno nascosto di tipo sovrannaturale che faccio sempre a occhi aperti immaginando cosa potrei vedere. Devo smettere, se no mi metto a piangere.
P.S. In calce vi allego una foto che mi è stata scattata a una serata sportiva dedicata agli olimpionici triestini che si tenne ai tempi della Barcolana. A scattarmela è stato la medaglia d’oro paraolimpica nel tennis tavolo Matteo Parenzan che mi aveva promesso di mandarmela per mail. Evidentemente gli avevo dato l’indirizzo sbagliato, perché non è riuscito a farlo fino all’altro ieri, quando dopo ricerche a TV Koper ha avuto la mail giusta e mi ha finalmente mandato la foto che ormai non speravo più di ricevere. Attenzione! La medaglia d’oro (dei telecronisti - ???) che vedete appesa al mio collo è assolutamente “chilla vera!”, come dicono stupiti a Napoli quando sono di fronte all’originale di una delle innumerevoli cose che loro contraffanno con straordinaria abilità. Spero tanto di convincere Matteo, che fra l’altro abita a Opicina a non più di 500 metri da casa mia, di venire a una sconvenscion, in quanto si tratta di un ragazzo assolutamente incredibile di un’intelligenza spaziale e di una percezione della realtà e dello sport fantastica. Spero tanto di portare felicemente in porto l’operazione per una delle prossime sconvenscion. Anzi, perché no per la prossima?