Intanto grazie di cuore per gli auguri. Toccando ferro ora come ora sono normale, per cui speriamo che duri. Ringrazio quelli che sono venuti domenica scorsa alla Lovat a Villorba per la presentazione del libro e ringrazio anche per le belle parole quelli che lo hanno letto. Proprio domenica, parlando con pado che, come saprete, oltre a fare il professore universitario ora è anche assessore alla cultura del Comune di Vittorio Veneto, dunque, diciamo così, è “abbastanza” occupato, siamo arrivati alla conclusione che sabato 23 novembre lui potrebbe trovare un buco per venire alla sconvenscion. La data mi sembra molto buona. Voi che ne dite? Scatenate le vostre connessioni social e poi sapetemelo dire.

Intanto un paio di risposte. Alpi mi pone tutta una serie di domande, anche su episodi molto circoscritti di cui non so assolutamente niente, visto che si trattava di telecronache sportive non di mia competenza. So solo che TV Capodistria non aveva telecamere sue in Svezia. Scusate, ma la cosa mi ha fatto ridere a crepapelle, visto che di telecamere ne avevamo a malapena per coprire le necessità dello studio. Su una cosa però posso rispondere con cognizione di causa, visto che in questo modo posso esporre le grandissime doti di Sandro Vidrih. Quando finalmente la tecnologia ha prodotto i molto più maneggevoli e efficienti videoregistratori a cassetta i montaggi di filmati e clip sono diventati di colpo molto più facili, alla portata più o meno di tutti, non solo degli specialisti (addirittura io, imbranato nato per il lavoro manuale, ci riuscivo). All’epoca gli interscambi eurovisivi non mandavano solo notizie, ma anche filmati interessanti di cose sia inusuali che curiose, soprattutto di bloopers (o come cavolo si chiamano) sportivi che a Sandro piacevano un sacco, per cui se li riversava su una sua cassetta. Ebbe poi l’idea di assemblare questi spezzoni in clip divertenti e coinvolse un altrettanto appassionato montatore di professione nell’avventura. I due si dettero da fare, mente e braccio, e produssero proprio i clip riportati da Alpi che sono dunque, a tutti gli effetti, non solo cosa nostra di Telecapodistria, ma creazioni originali  nate dalla fantasia di Sandro Vidrih e poi dal lavoro di Edi Marinšek, il sunnominato montatore. Per dire dei filmati divertenti che arrivavano mi ricordo ancora che uno dei servizi più esilaranti che produssi nella mia carriera fu quando commentai in modo serio e compreso il campionato mondiale di tuffi a panciata, definendo i tuffatori i massimi interpreti mondiali nell’esecuzione del quarto di salto mortale avanti teso.

Un’altra risposta sul giocatore dai baffi a tricheco. Già la descrizione che sottolineava il fatto che tirava praticamente solo di tabella mi ha fatto subito individuare il giocatore in questione in Nikola Plećaš, di cui ha già detto tutto Boki. Fra l’altro l’ho incontrato proprio lo scorso anno a Nova Gorica, dove ogni anno si svolge un magnifico torneo di basket giovanile che riempie di ragazzini e ragazzine provenienti in gran parte da tutta l’ex Jugoslavia il gigantesco capannone sportivo di  Šempeter (San Pietro sotto l’Italia) nel quale (non li ho contati) possono approntare in contemporanea almeno una ventina di campi regolari di minibasket. In margine alla manifestazione invitano varie personalità cestistiche (fra le quali, modestamente, anche chi scrive) che poi portano a una gita sul santuario di Sveta Gora, da cui si gode un magnifico panorama della valle dell’Isonzo, ma soprattutto si beve, sotto il patronato del simpaticissimo parroco, un magnifico liquore di erbe di quelli che solo gli uomini di fede sanno produrre. Fra le personalità c’erano quest’anno anche, appunto, Nikola Plećaš, Mihovil Nakić e Željko Jerkov, che stanno ancora tutti molto bene, e potete immaginare il gusto del sottoscritto a rivangare con loro i bei tempi passati. Se non credete, alla prossima sconvenscion vi mostro le foto.

Prima di passare al basket una serie di pollicioni verdi da parte mia a Stefano per la sua descrizione della kermesse avio-velistica di Barcellona. Onestamente non so da che parte affrontare il discorso della massima tecnologia spaziale applicata a una barca a vela (che tutto dovrebbe essere, a occhio, meno che un modo di fare velocità in mare) da una parte e dall’altra parte invece il discorso di avere a bordo  un gruppetto di forzati del pedale che si inseriscono a pieno titolo nel novero dei famosi schiavi che remavano sulle galere. Da una parte la cosa fa morire dal ridere (per esempio, cosa succede quando, dopo aver pedalato come disgraziati per un buon quarto d’ora, appena usciti dal buco dove pedalano li avvertono che è stato tutto inutile, perché hanno perso la regata?), dall’altra parte invece instilla il fastidioso tarlo che la società sia oggigiorno sempre più ingiusta con i capi da una parte e gli schiavi dall’altra, e il tutto viene visto come del tutto normale. Almeno, spero, questi pedalatori marini sono pagati meglio dei fattorini schiavizzati che trasportano per la città in bici le cose che i signori hanno ordinato da mangiare, perché andare al ristorante e socializzare evidentemente costa troppa fatica. Comunque il gingillo messo in piedi da una famosissima casa di moda italiana ha perso nella finale degli sfidanti e dunque spero che tutto il clamore mediatico che si è creato (ricordo che McCormack scrisse che lo sport preferito dagli italiani, calcio e Ferrari a parte, è sempre quello nel quale vincono gli italiani, qualsiasi esso sia) si plachi e si possa ritornare a cose serie, e soprattutto veramente sportive, che non siano solo divertimenti di persone ricche sfondate. Ovviamente se voglio vedere gente che pedala di questi tempi ho la sicurezza assoluta che vedere Tadej Pogačar vuol dire vedere uno che vince tutto e sempre per distacco. Devo dire che sono molto preoccupato. Se si chiamasse Pogaciari o Van de Pogatja, o Pogachar alla francese il mondo, anche se a malincuore, accetterebbe la sua attuale imbarazzante superiorità, ma rappresentando l’insignificante e lillipuziana Slovenia crea, e la cosa è purtroppo perfettamente comprensibile, un vero e proprio moto di ripulsa, della serie: chi cavolo è questo che ci manda per aria tutto il sistema che prevede che un talento epocale del genere possa nascere solamente in un grande paese ciclistico per poterlo sfruttare a fondo per ovvi scopi propagandistici e di marketing globale? Ragion per cui ho paura che prima o poi il sistema troverà il modo per incastrarlo in qualche modo in qualche scandalo per toglierselo di mezzo e ristabilire l’ordine naturale delle cose. Spero di sbagliarmi, ma ho molta paura.

Passando al basket la primissima cosa che voglio dire è che, in modo perfettamente opposto rispetto a Buck, io spero di poter vedere giocare Strazel ancora per molto sperando in suo cospicuo minutaggio per partita. Se non ci fosse lui che divertimento ci sarebbe ancora nel vedere l’attuale basket? Come ho già scritto era dai leggendari tempi di Freddy Hufnagel, play anche lui francese degli anni a cavallo dei ’70 e ’80, che non vedevo un giocatore che incarnasse in modo così cristallino il concetto di antibasket come, appunto, Strazel. Quando lo guardo sono preso da un’irrefrenabile ilarità vedendo le cose che fa, che sono sempre e esattamente contrarie a quanto andrebbe fatto da un qualsiasi essere vivente giocante a basket. Se mi togliete anche queste meravigliose scene del teatro dell’assurdo cosa mi resta per divertirmi?

Passando a cose più serie la prima impressione che ho avuto guardando spezzoni delle partite del primo turno di Eurolega è che le due squadre italiane corrono il serio rischio di fare la classica figura manzoniana dei vasi di coccio che sbattono contro vasi di acciaio. Devo confessare che fatico, per non dire che proprio non ne colgo il senso, a capire la strategia di mercato che ambedue le squadre hanno messo in piedi per questa stagione. Non ho la più pallida idea di cosa ci sia a monte (anche se voci ben informate mi dicono che a Bologna stanno per arrivare tempi molto grami), per cui faccio una semplice valutazione tecnica di quanto ho visto. Comincio da Milano e dal solito ritornello che si ripete tale e quale da alcune stagioni a questa parte. Chi ha la squadra in mano in campo? Non parlo di play veri, parlo proprio di uno che a un dato momento si mette la palla sotto l’ascella e comincia a spedire i compagni nei posti dove dovrebbero essere. Chi è dunque è il collante che tiene insieme la squadra? Dimitrijević? Sicuramente un giocatore interessante che è però ancora verde e del tutto privo di carisma. Bolmaro? Classico giocatore da rottura dei ritmi quando serve in un contesto nel quale comandano tutti meno che lui che dovrebbe essere semplicemente un terminale da innescare in particolari momenti, che può essere decisivo, ma che proprio per il suo gioco dovrebbe essere un finalizzatore e non certamente un creatore, semplicemente perché non è nella sua natura, in breve perché non è capace di esserlo. Pensando poi al saldo netto fra quelli che se ne sono andati (l’assenza di Hines è semplicemente devastante) e quelli che sono venuti (Nebo lo abbiamo visto con la Slovenia nelle qualificazioni olimpiche – stendiamo un velo pietoso, eppure sotto quel mago di Katash sembrava un fenomeno) le conclusioni che se ne traggono sono tutto meno che confortanti. Il primo tempo contro Monaco, cioè fino a quando non è stato dato spazio a Strazel, è stato descritto in modo perfetto da Buck nel suo commento. E ora Bologna. La prima angosciosa domanda che ci si pone è: chi diavolo prenderà qualche rimbalzo quando si affronteranno le corazzate vere? Onestamente la coppia Žižić-Polonara mi sembra troppo poco, molto troppo poco. Seconda considerazione: non è forse arrivato il momento nel quale fare una grandissima festa per quel formidabile giocatore che è stato (attenzione all’uso del tempo passato) Marco Belinelli e accompagnarlo a una meritatissima pensione? Ora come ora può essere solo il classico giocatore che si mette in campo in momenti ben precisi per disperazione, sperando che segni qualcuno dei suoi tiri impossibili. E in più c’è per Banchi (che, sia ben chiaro, continuo a reputare uno fra i migliori allenatori, se non il migliore, che operano in Italia) l’enigma Clyburn che nella prima partita è apparso un corpo totalmente estraneo alla squadra, ma soprattutto non si riesce a intravvedere il modo nel quale potrebbe essere inserito proficuamente. E per finire, per sottolineare il mercato strano che hanno fatto a Bologna, hanno preso anche Tucker, giocatore che definire casinista inveterato è il modo più esatto e sintetico per definirlo, per cui a questo punto smetto di tentare di capire.