Scusate caldamente il silenzio prolungato, ma si è trattato veramente di una sequenza inesorabile di fatti spiacevoli che mi ha letteralmente fatto ammutolire. Sono cominciate le Olimpiadi e  mi è stato chiesto dal Primorski Dnevnik di scrivere una colonna quotidiana. Fin qua niente di che, ma poi domenica sera è successa la catastrofe. Su Opicina si è abbattuto un fulmine che mi ha fulminato tanto il computer che il router. Sono rimasto senza riferimenti nei confronti del resto del mondo (il telefono fisso è collegato a Internet), il mio mitico cellulare giurassico era scarico e senza soldi, lunedì mattina il negozio di servizio TIM era chiuso, non potevo ricaricarlo dal tabaccaio, in quanto la linea era stata rovinata in tutto il paese dal fulmine, insomma per scrivere il pezzo per il giornale ho dovuto adoperare un vecchio portatile di mio fratello, scrivere il pezzo e metterlo su una chiavetta, portare la chiavetta da mio fratello che finalmente riusciva a mandarlo tramite la mia posta al giornale. Questo per due giorni di fila, poi finalmente è venuto il tecnico a riparare la linea e a fornirmi di un nuovo modem, per cui ora sono nuovamente in contatto con il mondo, anche se per la cronaca scrivo sempre e ancora dal portatile (vecchio e che si scarica subito, per cui devo stare molto attento).

Piccolo collegamento fra Tour e Olimpiadi. Dopo che Tadej Pogačar ha distrutto la concorrenza stravincendo anche l’ultima cronometro è deflagrata la notizia che per ragioni di stanchezza avrebbe saltato la corsa in linea alle Olimpiadi. Subito è scattato il paragone con Remco Evenepoel che, si è visto a Nizza, era molto, ma molto più stanco di Pogi, ma che ha pur preso parte alla cronometro (una settimana prima della corsa in linea!), non solo, ma l’ha poi vinta alla grande scoppiando in lacrime per la gioia (questo per corroborare il mio vecchio discorso che gli unici veri interpreti dello spirito olimpico sono i massimi professionisti). Dunque si poteva tranquillamente fare, come ha poi detto lo stesso Remco affermando che fino al giovedì di vigilia era praticamente un morto vivente, ma che poi venerdì si era sentito già meglio e sabato era in forma più che decente. E dunque Pogačar domani avrebbe potuto tranquillamente gareggiare e per la Slovenia avere un calibro del genere dello sport mondiale in gara sarebbe stata anche una grandissima promozione mediatica. Le ragioni della sua assenza ovviamente tutti quanti le sapevano e infatti oggi sul sito della TV slovena c’è un lungo servizio nel quale parlano i ciclisti sloveni che gareggeranno domani. Testuale quanto detto da Luka Mezgec: “Tutti sappiamo che Tadej sarebbe sceso dal letto di morte per gareggiare a Parigi se ci fosse stata anche Urška (Žigart, ciclista anche lei e sua compagna, per chi ancora non lo sapesse). Dove c’è lei c’è anche lui e se la Federazione fosse stata più accomodante e l’avesse convocata per Parigi, se non altro per fare un favore a Tadej, è ovvio che lui sarebbe venuto. Di sera poi avrebbe avuto un bel letto dove coricarsi”. Siamo a Parigi, Francia. Cioè, come dicono loro: “Cherchez la femme”. Fra l’altro anche Matej Mohorič ha confermato il tutto: "Me l'aveva detto già al Tour e io ho provato inutilmente più volte a fargli cambiare idea".

Peccato veramente, anche se la Slovenia, per finire qui il discorso, ha già fatto il minimo indispensabile conquistando un oro, e lo dico con orgoglio, perché l’oro della judoista Leški è anche il primo oro olimpico individuale nella storia di Capodistria. Ebbene sì, anche noi a Capodistria abbiamo una nostra concittadina, nata e cresciuta a Capodistria, che è una medaglia d’oro olimpica. E inoltre la microscopica Slovenia si fa sentire anche negli sport di squadra, con i pallavolisti già nei quarti e con i pallamanisti che ci sono veramente vicini. Fra l’altro i pallavolisti stanno giocando in modo superbo, dopo aver battuto il Canada hanno tritato 3 a 0 nientemeno che la Serbia, oggi per me che scrivo se la vedono con la Francia per il primo posto nel girone, insomma, se si prende in considerazione anche il basket che tre anni fa a Tokio mancò la medaglia d’argento per un malaccorto layup vincente all’ultimo secondo, la Slovenia di due milioni di abitanti è veramente un fenomeno mondiale. E anche il calcio non è proprio male, se agli Europei è uscita negli ottavi da imbattuta.

Delle Olimpiadi già adesso si potrebbe scrivere un libro. Tanto per dire, già sulla cerimonia inaugurale si potrebbe parlare per secoli. Giustamente, secondo me, i francesi hanno voluto sottolineare le uniche bellezze della loro capitale spostando la cerimonia sulla Senna. Idea eccellente e programma molto ben strutturato con un “piccolissimo” difetto: le distanze e la lunghezza dei vari numeri. Onestamente, quando il tedoforo mascherato è salito sul suo cavallo meccanico e si è fatto trascinare per la Senna per un quarto d’ora senza che nel frattempo succedesse proprio niente, mi è venuto da pensare che i francesi non possono non farla fuori dal vaso. Inutile, sono come gli scorpioni, è nella loro natura. Se siete stati a Parigi saprete che sulla Senna da Pont Neuve fino al Trocadero ci sono almeno 20 minuti di navigazione. Potevano tranquillamente risparmiarceli. Però cosa volete, Parigi è pur sempre Parigi e i giochi di luce laser sulla Torre Eiffel potevano farli solo loro, visto che solo loro possiedono la vera torre. E, devo confessarlo, quando Celine Dion ha cantato la struggente “Chanson d’amour” della leggendaria Edith Piaf, ebbene sì, qualche lacrima è scivolata furtivamente.

Poi sono cominciate le gare secondo il vecchio copione che la prima settimana è dedicata al nuoto e alla ginnastica, in attesa che nella seconda settimana entri in scena la regina degli sport e che gli sport di squadra arrivino al dunque. E’ sempre stato così ed è anche giusto che rimanga così, perché non si vede cosa si potrebbe fare di più furbo. L’unico problema di questa prima settimana era che, probabilmente, anzi sicuramente, per questioni di fuso orario con il Nord America, le finali di nuoto sono in programma in pieno nostro prime time dalle 20 e 30 in poi. Lo si sapeva da tempo immemore, per cui sembrava logico che la Rai, che per gentile concessione del CIO, della FIFA e della UEFA, può accedere come TV pubblica ai diritti delle manifestazioni da loro organizzate per permettere a tutti di seguire le gare gratis, soprattutto quelle ovviamente delle nazionali del proprio paese, avrebbe messo una tantum in piedi un programma sontuoso per seguire le Olimpiadi come si deve, visto che poi, per altri quattro anni, dovrà accontentarsi delle briciole. Ovviamente nuoto alle 20 e 30 vorrebbe dire spostare il TG. Sia mai! Non esiste, neanche per le Olimpiadi (e, se non per le Olimpiadi, quando?). Va bene, spostiamo il nuoto su TG sport. Magari per due settimane dedichiamo qualche canale digitale Rai alle Olimpiadi per seguirle il più possibile, facciamo insomma qualcosa. Fatto niente di niente. E così, mentre mercoledì sera si disputava la giornata di nuoto più memorabile della storia del nostro amato sport (vero, Cicciobrutto?), la Rai andava in onda con l’inamovibile TG. Bene, allora giro su Raisport. Che trasmetteva, almeno quando mi sono sintonizzato, tutto altro. Per fortuna c’è Eurosport, che ha fra l’altro ingaggiato Luca Dotto che è stato una piacevolissima sorpresa e che ringrazio qui pubblicamente di esistere, e ho dunque potuto vedere la vittoria “postuma” e riparatrice di Sarah Sjoestroem, ho potuto vedere la doppietta di Marchand già entrata nella storia, ho potuto vedere il quarto oro olimpico di fila e ottavo complessivo di Kathy Ledecki e infine, ciliegina sulla torta, anche l’incredibile 46 e 40 di Pan  nella finale olimpica dei 100 metri vinta con maggior distacco nella storia. Di tutto questo la Rai ha trasmesso la parte finale, non ho poi mai visto in differita quanto successo mentre andava in onda il TG, e poi, nelle notti olimpiche, alla voce nuoto la giornalista ha semplicemente detto che la Quadarella ha mancato la medaglia e che Ceccon e la Fangio avevano mancato la finale. Tutto qua. Ieri almeno il nuoto, mentre andava in onda il TG, è andato per intero su Raisport. Forse qualcuno gliel’avrà detto all’ultimo momento che era meglio così, visto che il programma ufficiale del canale dava tutto un altro programma. Tutto questo per dire che il disservizio pubblico ha raggiunto profondità degne della fossa delle Marianne. Quello che colpisce di più me, comunque, persona di frontiera, per cui più attento all’aspetto internazionale e comunque sociale più che sportivo dell’Olimpiade, è il totale e più bieco provincialismo che permea tutto quanto fa la Rai. La quale parte dal preconcetto, purtroppo ahinoi fondato, che la gente italiana sia solo ed esclusivamente interessata a quanto fanno gli atleti italiani, indipendentemente dallo sport nel quale si esibiscono, che potrebbe essere tranquillamente anche il lancio dello sputo o il salto in basso. La grandezza della manifestazione, il fatto che in determinati sport, indipendentemente da quanto fa l’Italia, si scrivono pagine di storia tanto sportive che sociali che di costume, sembra non fregare proprio un fico secco a quelli che mettono in piedi il programma, qualunque esso sia. L’Olimpiade è qualcosa di grandioso che a volte anticipa i tempi anche dal punto di vista sociale e politico, offre spunti di riflessione estremamente profondi e importanti e in questo caso ci si sarebbe attesi che i programmi di approfondimento serali fossero zeppi di psicologi, antropologi, esperti di scienze sociali e politiche che parlassero dei massimi sistemi anche per permettere alle analfabete popolazioni italiane di calciomani di capire finalmente cosa è e cosa significhi lo sport vero. E invece local patriottismo, come dicono in Slovenia, a go-go, discorsi insulsi che lasciano il tempo che trovano, anche da parte di gente che pure di sport sa tantissimo, ma che in un contesto del genere si perde letteralmente, come era stato per Sara Simeoni a Tokio, insomma un magma indigeribile e altra occasione malamente e colpevolmente persa.

Come vedete i temi sono tantissimi e penso che avrò tutto il tempo dopo le Olimpiadi, anche quando avrò finalmente di nuovo un computer tutto mio, per approfondirli. Per adesso dico solo ai miei amici del circondario di tenersi liberi per il tardo pomeriggio del 3 settembre, perché al Miela di Trieste ci sarà la presentazione ufficiale del mio libro. Per finire comunque ancora due considerazioni. La prima è quasi una domanda e si riferisce ancora al nuoto. Com’è possibile questa incredibile distinzione politica e geografica che è avvenuta per sessi? Fra i maschi, tolto Pan, per ora i non europei hanno vinto solo la staffetta crawl con gli USA, mentre fra le donne, non ci fosse stata la Sjoestreom, l’Europa non avrebbe neanche un oro. In più, cosa succede nel nuoto agli USA, visto che stanno sparendo di scena se non con la sempiterna Ldecki e con qualche altra donna tipo la rediviva Regan Smith o la Douglass?

Ci sarebbe ancora il basket. Oh, ma ne avremo modo, non vi preoccupate. Per ora solo un flash. La Francia padrona di casa schiera contro il Giappone nella linea davanti nientemeno che Gobert e il fenomeno dei fenomeni Wenbanyama. Risultato? Giappone quattro avanti negli ultimi secondi, tiro da tre del play francese più stupido che il sottoscritto abbia visto dai tempi leggendari di Freddy Hufnagel, canestro e fallo di un idiota giapponese e la Francia vince al supplementare. Come mai? A voi esegeti dell’NBA l’ardua risposta.