Buone feste a tutti, sperando che possiate passarle in serenità con i vostri cari. Devo subito ringraziare quelli che avete partecipato alla maratona sconvenscion-presentazione-terzo tempo sia per il tempo che avete dedicato a questo nostro ormai quasi appuntamento istituzionale che per la veramente ottima compagnia nella quale abbiamo passato la serata. C’è stato alla fine un rompete le righe pasticciato (Boki, cosa aspettavi a partire?) con uscita laboriosa, ma soprattutto casuale, da Ronchi, ma non si può avere tutto dalla vita. Spero che vi siate divertiti. Io certamente, soprattutto per l’aneddoto che ho sentito nel pomeriggio su come i russi hanno messo in piedi la Stasi dopo l’occupazione della Germania Est alla fine della seconda guerra mondiale.
Arrivati in fretta senza preparazione preventiva in un paese occupato e ovviamente fortemente ostile non sapevano che pesci pigliare. La fortuna si materializzò nel fatto che avevano fra i prigionieri tantissimi membri della Gestapo, catturati ogni dove, i quali, sommessamente, suggerirono ai russi che, in effetti, loro le cose le sapevano “un tantino” fare da navigati professionisti, per cui, se avevano bisogno di una mano, visto che erano lì, gliela davano volentieri… Aneddoto secondo me molto istruttivo su come andrebbero fatte le cose: prima di tutto bisogna avere a disposizione veri e navigati professionisti e solo dopo, magari, scegliere quelli meno farabutti. Ogni riferimento alla politica italiana è tristemente voluto e si impone da sé.
L’unica cosa che mi manca un po’ in questi giorni è lo sport, viste le feste. Per fortuna almeno nello scorso fine settimana non è mancato il basket e, in mancanza di meglio, ho guardato le partite delle italiane in Eurolega. Volevo vedere fra l’altro all’opera il Baskonia che era dato in gran forma per vedere come faceva a vincere, in quanto, a giudicare dal roster, è una squadra formata da emeriti signori nessuno, almeno secondo quanto viene strombazzato da chi può e vuole (e più non dimandare). Sono rimasto a bocca aperta e, devo confessare, il mio ego, già non proprio striminzito, ha avuto un’ulteriore clamorosa gonfiata. Ho tentato di chi capire chi li allena e ho scoperto che è un tale Penarroya, il cui nome mi dice nulla di nulla. Forse per questo è così bravo e a questo punto, almeno a giudicare da quanto visto contro la Virtus, è diventato già il mio idolo assoluto di riferimento. Lui fa in panchina esattamente quello che farei io se fossi al suo posto, il che vuol dire che abbiamo esattamente la stessa filosofia cestistica. Ho guardato la partita ovviamente solo con i suoni ambiente per non farmi influenzare dalle curiose (alle mie orecchie) teorie tecniche dei commentatori e dunque per potermi concentrare sulle cose che io reputo veramente importanti. E, come detto, alla prima azione d’attacco del Baskonia sono rimasto di sasso. Il play (Henry – bravissimo) arriva in attacco. Io mi aspetto la solita manfrina del centro che viene (verrebbe? – normalmente si tratta solamente di fare sostanzialmente da palo casuale) a portare il classico blocco alto con il quale, sembra, sia oggigiorno obbligatorio iniziare un’azione d’attacco, e invece niente. Privo dell’inutile ingombro del lungo che viene a rompergli le palle, anche visivamente, il play può cominciare un gioco normale, quello classico che dovrebbe essere ovvio, caricamento di un lato, prima opzione con gioco a due sul lato forte, possibile taglio in caso di aiuto intempestivo di un difensore, svolgimento del gioco dal lato debole con blocchi ciechi e tagli, insomma tutte quelle cose che una volta erano normali e invece oggigiorno sono obsolete.
E poi, nei momenti migliori della partita per i baschi (purtroppo anche loro, soprattutto nel finale, hanno cominciato a sbarellare verso il gioco moderno, girando la palla sul perimetro in modo stucchevole per poi tirare i soliti tiri da tre alla cdc tanto di moda adesso – quelli che quando entrano per una somma botta di culo i commentatori si sdilinquiscono in superlativi magnificando la straordinaria circolazione di palla che ha portato a quel tiro - ?), ho visto cose che mai più pensavo di vedere. Addirittura il p’n’r giocato come io dico sempre dovrebbe essere giocato! Incredibile! Come dovrebbe essere giocato? Su un lato ovviamente. E’ tutta questione di angoli. In questo caso il bloccante ha molto più spazio per tagliare a canestro con la protezione che gli viene offerta da una parte dalla linea di fondo e per la guardia è molto più facile fargli pervenire il pallone al momento giusto. Non solo, ma in questo caso un possibile aiuto difensivo viene dal lato debole, dunque da una posizione che la difesa abbandona del tutto per un istante ed è dunque pascolo sconfinato per un tagliante per andare a ricevere la palla per uno schiaccione da biscotti e brioche premio. Mi sono beato gli occhi a vedere il Baskonia fare tutta questa serie di azioni che pensavo fossero ormai roba da museo, non solo, ma ho goduto immensamente quando riuscivano con una facilità ridicola. Su un’azione quello che ritenete il più forte difensore italiano a un dato punto si è guardato attorno smarrito perché, a forza di andare a aiutare e ruotare per impressionare i borghesi, aveva intanto perso completamente le tracce del suo uomo che stava già tranquillamente schiacciando in piena solitudine per la gioia dei fotografi locali. E tutto ciò accadeva in una partita nella quale la Virtus ha mostrato importanti segni di risveglio, anche se sembra ancora che gli equilibri di squadra che parevano essere stati trovati un mese fa non sono stati ripristinati del tutto. Dov’è Mickey? E’ così difficile trovargli un ruolo? Più mano quadra di Jaiteeh non può essere. Fra l’altro mi pare che Bako cresca molto bene. Chissà, può anche succedere che Šengelija si accorga da solo che non è LeBron, anzi, e che magari Miloš riesca a reggersi in piedi per più tempo. Lasciamoci sorprendere, dicono gli sloveni.
Chiaro che non vorrei che una rondine facesse primavera e dunque guarderò con attenzione il Baskonia ogni qualvolta sarà trasmesso. Per intanto fa bene al cuore vedere una squadra nella quale le due guardie USA sono due persone molto serie, senza fronzoli, che sotto canestro ha praticamente solo baltici che hanno nel DNA il basket vero, che saranno anche brutti a vedere, ma che hanno la capacità innata di tagliare a canestro nel momento esatto nel quale serve con i due USA che passano loro la palla invece di fare come Mike James di cui parlerò fra poco, e che infine fa tirare da tre quelli che la mettono (Marinković e un paio di local people che non sa fare molto altro, ma tirare lo sa fare molto bene) invece di lasciare che tirino segugi e suini vari.
Poi ho visto Milano senza Messina (perché? da nessuna parte ho trovato spiegazioni) e per tre quarti partita ho visto la solita nebbia senza vento di questi ultimi tempi, cioè ho visto un tourbillon di caos disorganizzato apparentemente (?) senza senso. E allora è successo Hines. Si è trattato di un monologo recitato a livelli sublimi che ho seguito in piedi con somma ammirazione per l’interpretazione, possibile solamente per una persona dalla personalità e dall’intelligenza spaziale. L’uscita di scena dopo la fortemente voluta espulsione è stata fantastica, mancavano solamente le fanfare della Marcia Trionfale dell’Aida. E’ stato magnifico soprattutto per la scelta della partita e del momento giusto per farlo. E avere la capacità di fare la cosa giusta il giorno giusto, al momento giusto e nel momento giusto, è prerogativa solo dei veramente grandi, quelli che percepiscono cose che solo loro sanno percepire.
Intermezzo: ovviamente ci volevano le condizioni al contorno per inscenare una rappresentazione del genere. Per fortuna dei milanesi l’arbitro evidentemente guida della partita era Boltauzer di Maribor, arbitro che ovviamente conosco (non di persona, ma per come arbitra) dai tempi dei suoi inizi nel campionato sloveno che trasmettevamo a Capodistria. Lui appartiene alla categoria degli arbitri nati per fare i gendarmi, gente che si realizza solamente quando è vestita in una qualche divisa con un fischietto in mano. Non per niente gente come Colucci e Cerebuch nella vita facevano i poliziotti. Altri? Vitolo, per i più anziani, o ovviamente Lamonica. Attenzione! Si tratta di persone normali tranquille, aperte, affabili, intelligenti (con Cerebuch avevo un bellissimo rapporto di quasi amicizia, comunque di enorme rispetto reciproco), che però sono un po’ come Petrović quando giocava, che si esprimono cioè nella loro essenza solamente quando fanno la cosa per la quale si sentono portati e dunque possono, in determinati frangenti quando vanno in iper-pressione psicologica, comportarsi da perfette carogne (ricordate Lamonica in quel fatidico Spagna-Croazia del 2005?), come faceva, appunto, ogni tanto anche Dražen prendendo in giro senza alcun bisogno avversari che gli stavano sulle palle. E Boltauzer, come volevasi dimostrare, è sbracato totalmente sotto pressione facendo da perfetta spalla per la magica esibizione di Hines.
Piccolo aneddoto triestino per inquadrare bene il tipo di arbitro che ho descritto. Ai miei inizi a Trieste c’era un arbitro, di nome Luciano Giacomi, che era la vera quintessenza, quasi al limite del parodistico, di quanto appena descritto, tanto che era noto a tutta Trieste come “Prodigio”. Come sapeva fare il regista di partite lui non lo sapeva nessuno. Amava tanto fare l’arbitro che praticamente ogni sera andava ad arbitrare le partitelle di allenamento delle varie squadre triestine (spesso veniva anche da noi al Bor), non solo, ma dove c’era bisogno di arbitri, là andava lui. Per un periodo fu addirittura arbitro di tornei di bridge (finì la carriera come arbitro internazionale di vela) e una sera, durante una pausa del torneo, venne da me tutto raggiante e mi disse (anche lui fuori dal campo era una persona molto spassosa ed eravamo in eccellenti rapporti): “Taucer, no te sa come me son divertì domenica! Go arbitrà in Friul e li go fati finir quatro contro tre! E dopo son dovù restar serà in spogliatoio per quasi due ore. Iera tropo bel! Mai divertì tanto!”. Ecco, per dire del tipo di arbitri di cui parlo.
La scossa psicologica è stata esattamente quella che Hines voleva. Improvvisamente Milano ha cominciato a giocare in trance, un po’ quello che è successo all’Italia agli Europei contro la Serbia, chiunque alzasse la mano da qualsiasi posizione tirava con l’assoluta convinzione di segnare, è stato insomma un trionfo assoluto della filosofia zen, quella che insegna a centrare bersagli nel buio solamente con la forza della mente. Poi a semplificare le cose ci ha pensato Monaco affidandosi del tutto a Mike James che ha cominciato a giocare in uno contro cinque infischiandosene altamente del resto della squadra ed ha dunque mostrato tutto il peggio di sé, detto in soldoni ha palesato in pieno la ragione per la quale, in qualsiasi squadra vada, prima o poi nessuno lo vuole più. La panchina l’ha lasciato colpevolmente fare, e io per esempio sono certo che, se nel finale fosse stato fuori, per Milano sarebbe stata molto più dura completare la rimonta o comunque mettere la freccia per il comodo sorpasso finale, per cui tutto è finito in gloria. Attenzione, però. Sono cose che succedono una volta tantum (veramente ogni, molto ogni tantum), per cui i tifosi milanesi devono rendersi conto che è stato un episodio, che può cambiare in modo radicale l’approccio della squadra nei confronti delle partite successive, ma che nel frattempo la priorità assoluta rimane quella di sistemare i buchi strutturali e caratteriali della squadra che rimangono tutti. Per finire un pensiero cattivo che mi è subito passato per la mente: se in panchina ci fosse stato l’aggrottato e perennemente incazzato Messina di questi ultimi tempi sarebbe stata ancora possibile la trance miracolosa che ha cambiato il corso della partita? Voi che ne dite?