Prima di tutto comunicazione di servizio. Il mio MC Andrej Vremec ha constatato che non ci sono per questo fine settimana osmice aperte degne di ospitare un simile consesso di cervelli, per cui ha optato per una nota e molto buona trattoria, che si potrebbe chiamare senz’altro ristorante, ma è pur sempre conosciuta per il suo menù locale senza pretese di raffinatezza snobistica. E dunque ci vediamo sabato 17 alla solita ora al ristorante Sardoč (da non confondere con l’osmica dello stesso nome nella quale, mi sembra, siamo già stati) di Prečnik-Precenico che è il paese successivo, per voi che venite dal Friuli, dopo Malchina, lì dove abbiamo tenuto la nostra primissima sconvenscion.

Passando a cose molto più futili, sono stato tutta la notte ad arrovellarmi sul perché e per come le mie previsioni sull’assoluta superiorità della Serbia rispetto a tutte le altre squadre dell’Europeo siano state così clamorosamente smentite dall’andamento della partita con l’Italia. Certo, l’Italia ha avuto in processione l’apparizione di tutte le Madonne del mondo, da Fatima a Lourdes, passando per Loreto e Međugorje, che mancavano solo che deviassero i palloni nel canestro serbo, ma la ragione vera, quella più recondita per cui le cose sono successe come sono successe deve essere per forza un’altra. Non ho purtroppo nessuno che lo confermi, visto che ho visto la partita da solo, ma vi prego di credermi che quando c’è stata la scena madre dell’espulsione del Poz con tanto di uscita di scena teatrale abbracciando tutti, avversari compresi, e successivo pianto dirotto, ho esclamato: “Vince l’Italia, non ci possono essere dubbi!”. L’italiano è il popolo che ha inventato l’opera, ha un’attrazione profonda verso tutto quello che è scenografico, patetico, straziante, per cui l’uscita di scena del Poz è stato l’unico modo nel quale uno che è italiano fino all’ultima fibra della sua essenza possa essere motivato a dare il massimo di se stesso, pescando dalle profondità più recondite e ancestrali del suo essere. Il che è anche la ragione per cui i militareschi modi anglosassoni che loro usano per motivare i giocatori, e che vediamo nei loro film, a noi europei continentali, e meridionali e soprattutto italiani, non fanno un baffo e li troviamo, almeno io li trovo così, tronfi e sostanzialmente ridicoli. Se però uno esce di scena piangendo è tutto un altro discorso. E infatti è stato così e proprio lì è cominciato il festival dell’ “entra tutto”, anche se tiri di testa, e sono perfettamente d’accordo con quanto ha scritto Buck sul fatto che bisognerebbe studiare il fenomeno della trance agonistica, dell’essere “in the zone”, esperienza da tutti noi provata prima o poi (a me è successo una volta sola, a dire il vero, e ne ho già parlato) e che dunque conosciamo, per cui tutti noi che abbiamo giocato sapevamo benissimo che ogni tiro di Spissu e Polonara sarebbe inesorabilmente entrato. Succede, ogni tanto.

L’analisi tecnica della partita l’avete già fatta voi e non c’è nulla da aggiungere. Partita perfetta in difesa, Melli ai massimi della sua carriera (per me è stato gigantesco soprattutto quando ha imbucato due triple di fila nel primo quarto nei momenti nei quali sembrava che la partita stesse andando secondo tutte le previsioni della vigilia), che ha cantato messa in difesa e portato la croce in attacco, e del resto Franz può essermi testimone che la mia ferma opinione è che il rendimento dell’Italia come squadra è perfettamente e direttamente proporzionale al rendimento di Melli, nel senso gioca Melli, gioca l’Italia, gioca male Melli, l’Italia non c’è. Tutti hanno dato oltre il massimo, Spissu ha dimostrato (come nel mio eremo vado dicendo da sempre) che è perfettamente adeguato al suo compito in squadra e, se segna, è maledettamente utile, Polonara mi ha fatto saltare sulla poltrona quando ha finalmente segnato in gancio dopo penetrazione centrale da destra, soluzione che secondo me dovrebbe usare molto più spesso e che per me è assolutamente immarcabile nel basket attuale, ma in realtà nella situazione di trance agonistica di tutta la squadra nel secondo tempo ognuno ha dato oltre il proprio massimo.

Rimane però la domanda chiave: come è possibile che una squadra palesemente più forte, e lo si è visto nel primo quarto, quando le cose andavano secondo copione della vigilia, si squagli in questo indecente modo nel secondo tempo contro una squadra palesemente più debole sia in fatto di centimetri che di chili? Non trovo altra spiegazione che quella che evidentemente Svetislav Pešić ha passato troppo tempo fuori dalla Serbia e sembra aver dimenticato di che pasta siano fatti i suoi connazionali. Nel post precedente avevo magnificato il suo lavoro di ricerca di disciplina di squadra, e in effetti in questo c’è riuscito perfettamente, in quanto Jokić ha giocato (secondo me malissimo – uno come lui, MVP dell’NBA, non può essere distrutto in difesa e ridicolizzato in attacco da uno come Melli che al suo confronto sembra un nanerottolo) secondo quanto doveva giocare (ha segnato 30 – immaginarsi cosa avrebbe potuto fare se avesse giocato bene), ma nella ricerca della disciplina il coach ha fatto, visto a posteriori, un errore gigantesco e fatale: ha semplicemente dimenticato che i serbi sono serbi e non anglo-teutonici. Intanto ha assemblato la squadra preferendo gli armadi semoventi ai giocatori magari più leggeri, ma con più inventiva e tiro, e, credetemi, malgrado tutto, di giocatori furbi, razzenti e dal tiro che spacca non ci sarà mai carenza in Serbia. Se poi pensi che il tuo play possa essere Jaramaz, giocatore di cui ancora non ho capito che doti possa avere, sei fuori strada. Il problema vero è questo: la storia ci insegna che i serbi inquadrati militarmente secondo rigidi schemi gerarchici sono più o meno un ossimoro. Ogni qualvolta hanno pensato di farlo sono stati spazzati via, e infatti, da Kosovo Polje in poi, i serbi non hanno vinto, non si parla di guerre, ma mai neanche una singola battaglia (lasciamo stare le guerre balcaniche dell’inizio del Novecento, lì ci sono discorsi lunghissimi da fare e che lascio ovviamente agli storici) e infatti, nella guerra civile jugoslava, appena i croati hanno potuto raggiungere l’equilibrio di armamenti con i serbi hanno semplicemente dilagato e sono dovuti intervenire gli americani (che li avevano precedentemente armati) per fermarli e mandare tutti a Dayton. Questo dice la storia, la quale però ci dice anche che i serbi sono abilissimi nel fare le cose a modo loro, nel modo che solo loro sanno fare, quello che suggerisce la loro indole balcanica: mandare in bestia l’avversario dimostrandogli di essere più furbo e inventivo per poi alla fine umiliarlo psicologicamente (avete presente il cartello apparso sullo Stealth abbattuto: “Scusate non sapevamo che fosse invisibile”, oppure il mitico “Monica, stringi i denti” rivolto a Clinton?). E infatti, in qualsiasi sport, ogni qualvolta i serbi sono riusciti a farlo dando sfogo alle loro capacità più recondite, hanno sempre vinto.

In definitiva: se snaturi il popolo serbo, costringendolo e fare cose che mai riuscirà neanche a concepire che possano essere fatte, lo condanni alla sconfitta. E se pensate che mi dispiaccia, vi sbagliate di grosso. Nel finale facevo un tifo sfegatato per l’Italia, tanto che a un dato momento, quando Jokić ha trovato per strada quell’assurdo gioco da 4 punti che poteva riaprire la partita, ho cambiato canale (poi in serata ho avuto anche la soddisfazione di vedere Pogačar distruggere in volata Van Aert, ma questo non c’entra) per non soffrire troppo. Vedere i serbi snaturarsi e perdere di brutto è stata un’immensa soddisfazione che non c’entra nulla con quanto ha voluto insinuare Stefano sul fatto che così la Slovenia sarebbe rimasta l’unica jugoslava in corsa. A questo punto è solo un grandissimo peccato che i turchi siano riusciti a perdere una partita già stravinta contro la Francia (fossi Ataman, che ha vinto il match contro Collet 20-0 w.o., sarei entrato in spogliatoio a scimitarra sguainata ed avrei fatto una strage), perché a questo punto, anche perché la Polonia è avversaria molto meno ostica per la Slovenia rispetto all’Ucraina (sono due squadre più o meno uguali per struttura e concezione di gioco, solo che la Slovenia ha giocatori più bravi, per cui se perde può anche tornare a Lubiana a piedi), una semifinale Slovenia-Italia sarebbe stata molto più probabile. Per l’Italia infatti la partita contro la Francia si ripresenta come una partita in continua salita, visto lo strapotere francese sotto i tabelloni e anche qui il pronostico sulla carta rimane nettamente a favore dei francesi, ma lasciamoci sorprendere. Collet può fare un altro capolavoro alla rovescia e riuscire a trovare un modo per perdere. Serve però un altro miracolo italiano. Che non è da escludere, ma sembra poco probabile.

Piccolo intermezzo per parlare degli arbitri e degli arbitraggi. Uno dei misteri che mai riuscirò a svelare è il perché la gente, quando un mona fa una monata, si meraviglia che l’abbia fatta. A me sembra logico: essendo uno un mona non può che fare monate, perché se non le facesse non lo sarebbe. Mi sembra lapalissiano. Una specie di Comma 22, insomma. Ora gli arbitri di questi europei sono arbitri di terza fascia, perché quelli di prima arbitrano in Eurolega e quelli di seconda arbitrano in Europa Cup, e che dunque siano clamorosamente e perfettamente scarsi è ovvio e palese. Per cui che arbitrino in modo assurdo è solo normale, visto che sono incapaci. Tutto qua. Guardando quello che fanno mi vengono in mente gli arbitri che incontravo io ai miei tempi, quando allenavo le giovanili del Polet, che tutto quello che sapevano fare era comminare tecnici a destra e manca, perché avevano la percezione, fra l’altro inculcata loro ai corsi (probabilmente per corrispondenza ) che avevano fatto, che solo così potessero far valere l’autorità che derivava loro dal fatto di avere in bocca un fischietto. Di calarsi nello spirito del gioco, della consapevolezza che sono un male necessario che tutti devono sopportare, ma di cui tutti, meno loro, vorrebbero tanto poter fare a meno, del dialogare con giocatori e coach e capire cosa possa loro passare per la mente, non se ne parla neppure. E in più c’è questa tegola del fallo antisportivo che sembra essere diventato l’unico leit motiv del loro mestiere, regola che nessuno è riuscito ancora a capire e che è una totale bestialità dal punto di vista logico, visto che il fallo volontario è sempre stato un’ovvia necessità di ogni gioco di squadra (a me dicevano: “fagli fallo sempre, tanto i tiri liberi poi deve segnarli”) e pensare di regolamentarlo è un lavoro, più che stupido e impossibile, del tutto inutile e semplicemente incomprensibile. Il fallo antisportivo dovrebbe essere una cosa del tutto eccezionale, da comminare quando uno in modo palese tenta di fare del male al giocatore avversario e, onestamente, di falli del genere in questo Europeo ancora non ne ho visti. Per non parlare che così le partite diventano pizze interminabili con i continui pellegrinaggi degli arbitri verso il monitor per dirimere questioni di sesso degli angeli. E che comunque, qualsiasi cosa decidano, visto che la regola è cervellotica, lasceranno sempre qualcuno scontento. Con arbitri del genere io avevo sviluppato il mio metodo di difesa. Partivo dall’idea che, qualsiasi cosa fischiassero, avrebbero fischiato comunque una c…ata (e dunque rimanevo scosso e perplesso quando casualmente fischiavano qualche cosa giusta),  per cui li prendevo come una variabile incontrollabile del gioco, tipo un tiro da sotto sbagliato o un palleggio sul piede. Mi bastava che le c…ate a fine partita le avessero distribuite equamente e decidevo che comunque non avevano deciso il risultato, per cui mi stava bene. Forse se anche i coach di questo Europeo usassero questo metodo sarebbe molto meglio per loro e la loro salute. Certo, qui entra in ballo il discorso delle stelle super tutelate. E’ solo normale che arbitri scarsi siano abbagliati dalla personalità e dalla fama dei giocatori che si trovano a arbitrare e l’occhio di riguardo verso le stelle (ricordate Jordan? Ogni volta che uno gli soffiava in faccia erano due tiri liberi – e quelli erano arbitri NBA, non scalzacani qualsiasi) è, volenti o nolenti, fisiologico. E’ brutto, ma è così. Anch’io ho visto lo sfondamento clamoroso di Adetokunbo fischiato alla rovescia, ma, onestamente, non me ne sono scandalizzato. Fischiare a favore delle stelle è una classica prerogativa degli arbitri scarsi e questi sono scarsi che più scarsi proprio uno non immagina come potrebbero essere.

Ora dovrei parlare delle altre partite, ma sono già stato oceanico, per cui solo alcuni spunti da sviluppare alla sconvenscion. Ovviamente del vostro astio nei confronti di Dončić non parlo più, perché è inutile. Dico solo a Andriz una cosa: partita Slovenia-Francia. All’inizio Luka passa la palla a tutti compagni e non tira mai. Risultato dopo quasi metà quarto: 14 a 3 per la Francia. A quel punto decide di mettersi in proprio, mette di fila due triple e in un amen le due squadre sono pari. Semplice domanda: avrebbe dovuto forse continuare a fare l’ecumenico e lasciar scappare i francesi? Basta comunque. Dopo l’ultima azione giocata contro i francesi alle Olimpiadi e che secondo me Luka ha gestito in modo superbo, al massimo utile possibile per la squadra, nessuno mi convincerà mai, ma proprio mai, che a lui, quando gioca per la nazionale slovena (a Dallas è tutto altro, e qui sono, non mi crederete, ma è vero, perfettamente d’accordo con voi, ma non è questo il discorso), importino solo i suoi numeri. A lui interessa solo che la squadra vinca, ed è anche per questo che nello spogliatoio tutti gli vogliono bene, cestisticamente parlando, è ovvio.

A proposito di stelle. Jokić affonda con tutta la sua Serbia senza praticamente dare segni di vita se non a babbo morto, leggi a meno 12 a 4 minuti dalla fine. Adetokunbo contro la grandissima Repubblica ceca che, incredibilmente, è la squadra che gioca meglio a basket assieme alla Finlandia fra tutte quelle viste, segna quattro punti nel primo tempo, i cechi sono sempre avanti (avendo un’asse formata da un play, Satoransky, e da un centro, Vesely, può essere un caso?), lo marcano benissimo, tanto che per fargli tirare qualche libero gli arbitri, come detto, devono fischiare falli al contrario. Ha 0 su 6 nelle triple, ma nel finale, con il risultato ancora in bilico, ne mette 2 su 2, fa un’entrata dal fondo che Balvin neanche vede, insomma vince lui la partita. Chi è meglio fra i due? Per me la domanda è semplicemente blasfema.

Se solo Adetokunbo sapesse veramente giocare a basket e riuscisse a fare anche qualche cosa di, magari basica, raffinatezza tecnica…è una cosa che mi è venuta in mente quando ho visto Markkanen distruggere la Croazia nel pomeriggio. Era una partita scontata: per quanto i croati potessero giocare alla pari (Boki, secondo te quanto è forte Hezonja? – scusa la provocazione), tenuti in piedi, si fa per dire, dal semi-pensionato Simon, e per quanto il neo Olimpija Matković sia un eccellente prospetto, era solo ovvio che, quando si sarebbe arrivati al dunque, si sarebbero squagliati non avendo nessun vero cervello né in squadra né in panchina (anzi, uno ce l’avevano, il suddetto Simon, ma anche lui nel finale era ovviamente obnubilato dalla fatica), per cui non c’era pathos né suspence. Markkanen è stato meraviglioso: non ha fatto una stupidaggine che fosse una, ha sciorinato nel modo giusto tutte le conclusioni che dovevano essere fatte in quel dato momento, ma del resto è un giocatore che adoro ancora dal match Finlandia-Slovenia del girone di Helsinki di cinque anni fa, quando lo vidi giocare la prima volta e ne rimasi estasiato. Insomma è il classico giocatore come io ho sogno che uno debba essere. Per cui ho deciso: il giocatore più forte del mondo di tutti i tempi è Markkanen con il fisico di Adetokunbo.