Intanto un paio di notizie sulla sconvenscion di “mid term”. Dapprima pensavo di farla sabato 25, poi ho saputo della partita di basket fra Italia e Slovenia proprio qui a casa mia e allora ho pensato di spostarla di una settimana. Proprio in quella settimana apre l’agriturismo Zidarič di Praprot-Prepotto dove siamo già stati e dove, oltre a poter visitare la famosa cantina a cinque piani interrati del titolare, si beve e si mangia molto, molto bene in un ambiente magnifico. So che il preavviso di un eventuale raduno da qui a 10 giorni è breve, ma l’occasione è molto ghiotta per una magnifica toccata e fuga, per cui mi sono permesso di prenotare per sabato 2 luglio alla solita ora per chi può e vuole venire. E dunque ditemi chi viene per questo “intermezzo” in attesa del big event a inizio settembre. Dico anche che sabato 9 ho altri impegni, per cui la data è quella.

Non ho scritto nulla per molto tempo per la semplice ragione che c’era troppa roba da vedere in TV, di mattina ho altre cose da fare, per cui proprio non ho trovato (senza cercarlo molto peraltro) il tempo. Ora sono finiti tutti i ciclismi, di sfuggita con tutti quelli che ho parlato siamo perfettamente d’accordo sul fatto che nel ciclismo moderno e con il calendario che c’è il Giro è destinato, malgrado il suo percorso sia di gran lunga il più bello rispetto alle altre due grandi corse di due settimane, a essere sempre più corsa di seconde linee destinata ad un triste tramonto, purtroppo accentuato dal fatto che oggi proprio non ci sono più ciclisti italiani che possano ambire a un qualsiasi posto decente in classifica finale (i due nei primi 10 fanno 76 anni complessivi), ci sono stati due major di golf, c’e stata la settimana allungata di calcio internazionale con l’ennesima figuraccia rimediata dagli azzurri in Germania, ora ci sono, in attesa dell’inizio del Tour, che guarda a caso a me sloveno interessa in modo spasmodico (diciamo che noi abbiamo invece rispetto agli italiani notevoli frecce nel nostro arco), i Mondiali di nuoto, insomma c’è cosa seguire. A proposito di nuoto devo confessarvi una cosa: erano dai tempi della mia giovinezza che non ho più provato i classici brividi lungo la schiena che mi prendono quando vedo per la prima volta un campione epocale, tipo quelli che provai quando vidi per la prima volta giocare Mirza e che ho descritto nel mio libro, fino all’altro ieri quando ho visto nella semifinale dei 200 crawl la reincarnazione di Roland Matthes. Nel frattempo avevo provato qualcosa di simile la prima volta che vidi Michael Gross o anche Michael Phelps, ma stavolta, quando ho visto le prime bracciate di David Popović, i brividi sono stati quelli giusti e sono saltato sulla poltrona esclamando con voce commossa : “Habemus campionem!”.

Piccola disquisizione linguistica. Perché ho scritto Popovici alla serba? Per nazionalismo? A parte il fatto che Popovici, come il cognome stesso tradisce, sembra a un primo sguardo serbo da libro di antropologia (forma del viso, zigomi alti e pronunciati, occhi leggermente a mandorla – ricordate la tennista Janković? – esattamente come la mia adorata Stana Katić), l’ho scritto apposta in forma serba perché sia letto giustamente, cioè senza la “i” finale che non è null’altro che un segno che ci indica che la “c” finale deve essere letta “č” e non “k”. Se non c’è la “i” finale si legge “k”, come Camelia “Potek”. Ho sempre ammirato i romeni per come rendono nella loro scrittura i vari suoni. Per la cronaca scrivono esattamente come gli italiani per distinguere i due tipi di “c” e i due tipi di “g” e mi è sempre parso curioso che i cronisti italiani, quelli che Roda ammira perché vanno diritti per la loro strada senza considerare per nulla importante come tutti gli umani che non siano italiani chiamano se stessi, dopo aver storpiato tutte le lingue possibili e immaginabili, riescano a storpiare anche l’unica lingua che si scrive esattamente come in italiano, cioè il romeno. Quando sento “Dumitrače” per un Dumitrache che si legge esattamente come in italiano, mi cadono non solo le braccia, ma anche altri organi di forma ovale. In merito ho spesso pensato perché, per una volta tanto, gli italiani non abbiano copiato dai romeni questo modo elegante di indicare la “č”, o »ć« se è per quello, finale dei cognomi dei tantissimi italiani istro-dalmati di antenati palesemente slavi, ma di cultura e sentimenti italiani, invece di scrivere lo, stupidissimo per me, “ch” (molto più logico mi sembra en passant il modo friulano di risolvere il problema con l’uso della “g”) che in teoria si dovrebbe leggere “h” dura per un tedesco, o ungherese o slavo del nord, o “š” per un francese, e viene letto come “č” solo e esclusivamente dagli inglesi.

Tornando al nuoto un’altra cosa che mi chiedo sempre è come mai l’Italia sia una tale devastante potenza mondiale in questo sport con continui ricambi di campioni e con soprattutto gente che eccelle a livello juniores e poi non si spegne, anzi esplode come Thomas Ceccon che i più davano per uno leggermente sfaticato, grande talento natatorio, ma testa un tantino balzana. Per fare 51 e 6 a dorso sui 100 metri devi essere invece maledettamente forte e devo dire che mi sono entusiasmato molto, anche perché, intanto, ha distrutto due yankees, il che non è mai una cosa brutta, e poi perché ha nuotato in modo veramente divino. Inciso per Cicciobruttino: con questo tempo come sarebbe finito ai campionati italiani nella finale dei 100 farfalla? Quando a dorso si è competitivi anche contro i farfallisti vuol dire che si è fenomeni. A proposito: parlavo di Matthes. Lo sapete che per un brevissimo tempo il suo primato mondiale sui 200 dorso fu migliore di quello sui 200 farfalla? Ed erano i tempi di Spitz (altro esponente della mitica annata ’50), tanto per dire. Che Ceccon sia un grande campione l’ha dimostrato intanto per come si è comportato ancora in vasca a gara finita e poi nelle interviste nelle quali ha sfoggiato un inglese perfetto, ha detto solo cose sensate ed è soprattutto l’unico, ma proprio unico, che ha ricordato che mancavano Rijlov e Kolesnikov, i due fortissimi russi che sarebbero stati i suoi due veri avversari. Ripeto, un vero campione. Perché nel nuoto sì e negli altri sport no, a parte la botta millenaria astrale dell’atletica a Tokio? Io una risposta ce l’avrei, ma non sono sicuro che sia quella giusta (e, contrariamente a quanto la gente pensa, quando penso che una mia teoria possa essere sbagliata, sto zitto – la esprimo solo quando sono fermamente convinto che, in mancanza di controprove, sia quella giusta), ma soprattutto sono sicuro che non sia esaustiva. Dibattito aperto.

Basket. Scusate se comincio con una dolorosissima nota personale. A distanza di pochi giorni sono morti uno dopo l’altro il mio fraterno amico telecronista di basket di TV Slovenia Miha Žibrat, quello che assieme all’altro compianto radiocronista Mirko Strehovec al momento dell’entrata in Slovenia dalla Croazia cominciò a cantare nell’ ’86 canzoni patriottiche slovene chiedendosi a quanti metri dovesse arrivare il muro futuro che avrebbe diviso gli sloveni dai croati quando mio fratello, che era venuto a prendermi a Zagabria di ritorno dai Mondiali in Spagna, dette loro un passaggio fino a Lubiana, e poi è mancato a 78 anni anche la leggenda del basket sloveno Borut “Taubi” Bassin di cui ho già parlato ampiamente e che per me sempre incarnerà l’essenza stessa del perché, quando è giocato con la fantasia e l’improntitudine con cui lo giocava lui, ho tanto amato il basket da ragazzo. Non li dimenticherò mai fin che vivo.

Certo che ricordare Bassin e dover poi parlare dello spersonalizzato e decerebrato basket odierno è un vero e proprio pugnale nel cuore. Ma mi tocca farlo. Finali NBA. Si giocavano di notte, il hard disk del mio MySky è riservato alle registrazioni delle puntate di Castle, alle tre partite chiave della nazionale slovena agli Europei del ’17, a una mezza dozzina di bei film romantici che guardo quando sono un po’ giù di corda e al documentario su Elvis Re per Sempre, per cui non c’è spazio per registrare altre cose, ma anche se ci fosse non lo sprecherei per così poco, per cui non ho visto niente (e non mi manca, avendo visto qualche highlight). Se vi interessa un commento, ieri ho preso un caffè con Tommaso, persona che in fatto di basket e di come lo veda è una specie di mio clone, e dunque di lui mi fido ciecamente, che mi ha fatto questo resoconto che cito più o meno testualmente per come me lo ricordo. “Io ho visto invece tutte le partite, ovviamente il giorno dopo registrate. In questo modo ho potuto saltare tutte le pause e anche i primi 15 secondi di ogni azione, tanto c’è sempre uno che palleggia per tutto quel tempo senza fare niente, e dunque mi bastavano 20 minuti per vedere tutto quello che c’era da vedere. Devo dire che la serie mi è piaciuta, in quanto sono arrivate in finale le due squadre che in questo contesto del basket moderno, in cui il tiro da tre da tattico è diventato l’arma strategica di ogni attacco (aggiungo io: ed è proprio per questo che lo aborro), sono quelle che danno sempre l’impressione che il tiro da tre sia la conclusione di un pensato gioco d’attacco che prova a portare la gente a scoccare tiri aperti, e non la sparatoria assurda senza senso di un Harden o un Westbrook. Pensavo che Boston fosse un po’ più forte e un po’ ho fatto il tifo per loro, ma alla fine mi sono convinto di una cosa che già sospettavo, e che cioè Jayson Tatum, per quanto forte sia, quando la partita si fa punto a punto nei momenti chiave, pensa di dover fare da salvatore della patria e comincia a fare cose individuali senza senso, una specie di Mark James all’ennesima potenza, mandando a donne di malaffare tutto il gioco di squadra. In questo modo non potranno mai fare niente. Dall’altra parte c’è stato invece Draymond Green che da gara 4 in poi ha giocato in modo superbo tenendo sempre in mano la squadra anche nei momenti chiave (la cosa non mi sorprende, è già dal primo titolo che vinsero che affermo che l’uomo chiave della squadra è lui con Curry e Thompson che sono sì sublimi, ma finalizzatori, e non certamente il perno della squadra), per cui hanno vinto più che meritatamente, perché sono stati molto più squadra rispetto a Boston per tutta la serie”.

Campionato italiano: a cose finite sono andato a rileggermi quanto scritto a mo’ di previsione nel post precedente e devo dire che mi sono stretto le mani perché penso di aver colpito in pieno il nocciolo della questione, al di là di episodi e analisi magari anche approfondite e fondate, ma dal mio punto di vista tutto sommato irrilevanti. Tutto è girato attorno alla tenuta fisica di Bologna, nel senso già previsto che i giocatori fondamentali della squadra non possono reggere sette partite al ritmo di una ogni due giorni (non solo, ma mi hanno anche riferito che sia Hackett che Šengelija non erano al massimo in fatto di salute – bolognesi, è vero?) e il resto della truppa è troppo scarso (a parte Weems, che però per somma sfiga della Virtus è apparso un ectoplasma adeguandosi agli altri) sia tecnicamente che caratterialmente per reggere lo scontro contro una squadra che gioca sì in modo abbastanza caotico senza che uno riesca a mai a percepire cosa vogliano esattamente fare, ma che ha individualità di gran spicco con la dote fondamentale in una serie di playoff che in una singola partita uno che sia in giornata riescono comunque a trovarlo. In questo senso Shields è stato bravissimo, Delaney non ha giocato, e al suo posto ha giocato Grant, altra grandissima notizia, e in più Milano ha due giocatori che sono nel loro piccolo il corrispettivo di Draymond Green, sono cioè il necessario collante che tiene la baracca assieme anche nei momenti in cui il caos da organizzato si disorganizza, leggi ovviamente Hines e Melli. E ancora: dopo l’eliminazione nei quarti di Eurolega nei quali la squadra sembrava a pezzi (e lo era), Milano ha avuto tutto il tempo per rimettersi assieme, tanto che anche il grandissimo, ma non certamente di questi tempi un atleta in particolare forma, diciamo così, Gigi Datome sembrava nell’ultima partita molto più fresco e pimpante rispetto a tutta Bologna, il che ovviamente è tutto dire.

Un’ultima cosa che mi ha fatto pensare. Ricordate che avevo elogiato lo staff tecnico della Virtus per la preparazione e l’esecuzione del piano partita nella finale di Eurocup? Stavolta invece sono rimasto molto, ma molto perplesso per come la Virtus ha messo in piedi tutta la strategia di squadra per la serie finale. A me è sembrato che la distribuzione dei compiti fra i vari giocatori e il piano generale di rotazioni siano stati totalmente falliti con tantissimi giocatori fuori dai loro ruoli di competenza, portati a fare cose di cui semplicemente non sono capaci. Non vorrei che lo staff virtussino abbia voluto pararsi un tantino le terga andando secondo quanto suggeriva la stampa e i sedicenti esperti da poltrona di cui Bologna pullula, gente cioè che per ragioni che mi sfuggono (o forse neanche tanto) esalta giocatori sostanzialmente scarsi, per quanto bravi e volonterosi, pensando che possano fare cose onestamente al di là delle loro vere capacità. Comunque sia il problema di Bologna rimane quello detto all’inizio, sostanzialmente la coperta troppo corta. Esempio che tutti possono capire: se Teodosić ha 15 minuti di autonomia a partita, gli altri 25 chi li gioca? In fatto di fantasia e classe dietro c’è il vuoto pneumatico che può essere colmato solamente con una grandissima attitudine difensiva. Che Bologna all’inizio ha anche avuto, tanto di cappello. Ma come ampiamente previsto alla fine della serie le ginocchia non reggono più, il fiato manca, le idee si annebbiano, e si fa la tristissima figura di accozzaglia di zombie che Bologna ha fatto in gara sei facendo una figuraccia che assolutamente non meritava.