Nei vostri commenti al post precedente mi sono imbattuto nell’articolo riportato da Stefano che parla di Dante nei Caraibi. Visto che Pado, il nostro esperto in materia par excellence, ha poi , come dire, “recensito” in modo molto favorevole il pezzo stesso e visto che tratta di argomenti che mi fanno immediatamente rizzare tutte le possibili antenne che ho in testa (per i maligni tutto sono meno che corna visto il mio stato civile) sono ovviamente andato a leggermi il pezzo. Sicuramente molto interessante, anche se dal mio punto di vista un po’ troppo intellettualoide con una velata ricerca continua di trovare il modo per impressionare il borghese, come dicono i francesi. Quando l’intervistato ha cominciato a parlare della cosa che onestamente mi interessava di più (non è che Dante visto da fuori non sia interessante, anzi, ma meravigliarsi del fatto che in altre culture sia visto e interpretato in modo del tutto diverso da come lo vediamo noi, della serie la lingua batte dove il dente duole, mi sembra onestamente un po’ la scoperta dell’acqua calda), e cioè dell’importanza della lingua come visione del mondo e fondamentale strumento di identità culturale, mi sono imbattuto in questo passaggio:

“La lingua comunica un’identità, un’esperienza, e in ciò sta il suo significato e potere. Gli oppressi sanno che la loro lingua è una fonte di potere e di resistenza, una delle cose che può tenerli in vita, un modo in cui la cultura e la memoria possono resistere e prosperare. Anche gli oppressori sono consapevoli di questo, che il linguaggio è epistemico, contiene una visione del mondo; donde il fatto che ogni qualvolta una cultura ha voluto dominare e sopprimere un’altra, ha deciso di sopprimerne la lingua. Ne abbiamo una miriade di esempi, dal sistema di piantagione nelle Americhe e delle scuole residenziali canadesi, ai tentativi da parte degli inglesi di sopprimere l’uso del gallese nelle scuole; e possiamo elencarne altri.”

Uno ve lo posso elencare subito io, perché l’ho vissuto e lo sto ancora vivendo in prima persona, e riguarda noi sloveni di Trieste, che non a caso, visti i lavori ai quali i nostri antenati erano destinati dalla classe dominante triestina di origine latina, poi italianizzata, siamo stati sempre chiamati vulgo “s’ciavi” che non occorre vi spieghi cosa significhi. Per noi il fatto di potersi esprimere fra di noi nella nostra lingua madre è sempre stato un fondamento imprescindibile tanto della nostra identità culturale che dell’attaccamento alla propria storia e alle proprie radici. E quando le nostre terre sono finite in mano italiana fra le due guerre e quando il fascismo ha preso il potere non per nulla ha intrapreso per prima cosa la strada del tentativo di eliminare ogni possibile manifestazione slovena di qualsiasi tipo, lingua ovviamente in primis. E non solo nelle zone storicamente plurilingue come le nostre, ma anche nel quarto di Slovenia etnica attribuita dalle potenze vincitori all’Italia dopo che aveva scelto, come sempre fa, all’ultimo momento di schierarsi dalla parte dei futuri vincitori, in tutti i luoghi pubblici erano appesi i famigerati cartelli: “Qui si parla solo italiano” con multe salate e arresti in caso contrario, pretendendo che a parlare italiano fosse gente che fino all’occupazione non aveva sentito nella sua storia neanche una parola di italiano né sapeva che lingua fosse.

La cosa che comprendo pienamente, ma che ciò nondimeno mi da sempre un grande fastidio, è che quando si parla di queste cose che accadono in luoghi lontani e esotici le menti benpensanti come le vostre prendono più che giustamente le parti delle popolazioni sottomesse facendo tutti i ragionamenti giusti, mentre quando accadono sotto i propri occhi e si appartiene al popolo dei colonizzatori, esattamente sullo stesso piano dei perfidi anglo-franco-spagnoli (Italiani brava gente? Per l’amor di Dio…e i gas in Etiopia?), si glissa e si rimuove. Se le cose che dite valgono per popoli lontani varranno anche qui, o no?

Lasciamo stare queste cose che saranno sempre di ostica comprensione per un popolo che, a differenza dei tedeschi, per ragioni geopolitiche dopo la guerra non ha mai fatto i conti con il suo passato e passiamo a cose più leggere, tipo il basket. Mi chiedete di Mitrou-Long di Brescia (il trattino fra i due cognomi ci va, giusto?) e se l’ho visto. L’ho visto e la prima impressione che ne ho avuto è che sia veramente bravo. Un eccellente acquisto, bravi. Come mi è piaciuto Della Valle che sembra aver trovato finalmente la sua dimensione, anche se dovrà ancora lavorare duro per eliminare le scorie del suo disgraziato passato (il modo in cui è stato tecnicamente allevato è stato disastroso, a dir poco, visto che il ragazzo ha numeri che non si possono discutere), ma mi dite che il coach di Brescia è bravo e sa lavorare bene con i giovani. Speriamo bene.

Rimanendo in tema campionato e detto subito che aspetto ancora di riuscire a vedere in azione Trieste (finora ho perso per sbadataggine tutte le poche occasioni che ci sono state, se ci sono state) e dunque non posso controbattere Franz (sono sicuro che lo farò, perché malgrado tutta la stima e l’affetto che ci lega, le nostre visioni del basket partono da punti diversi per non dire opposti), la prima impressione è che, e qui vi sorprenderò, non si giochi poi tanto male. Chiaro i giocatori sono quello che sono, ricordo sempre che sono in definitiva gli scarti lasciatici dalle leghe più ricche, ma certe squadre, tipo Treviso che ho visto domenica, provano a giocare a basket vero e questo non può che fare piacere. Per stare nella più stretta attualità mi aspetto qualche contributo da Bologna (Lofoten?) che mi spieghi cosa diavolo sta accadendo alla Virtus che sembra essere piombata in uno strano e del tutto inatteso tunnel. Che abbia a che fare con le gerarchie che Scariolo sta tentando di imporre e che alcuni giocatori, per esempio un bravissimo, anche se stagionato play serbo, o un’ala americana che l’anno scorso era il terminale numero uno fisso in attacco e ora sembra sparito dal giro, non sembrano gradire particolarmente, tanto da dare la palpabile impressione di giocare, scusate il termine, sonoramente scazzati? Ovviamente si tratta tutto di impressioni visive e non ho la più pallida idea di cosa succeda fra le quattro mura dello spogliatoio, per cui attendo che qualcuno mi accenda qualche lume perché possa capire meglio. Mi sembra strana questa involuzione, in quanto la squadra sembra fatta bene e quel Hervey è veramente molto forte.

Un’altra squadra che mi preoccupa molto è Venezia. Già tre settimane fa Alberto Tonut (che ovviamente è molto addentro alle cose di Venezia) mi aveva detto che a suo avviso la squadra dava l’impressione che stesse finendo un ciclo (e dunque, e questo lo dico io, è molto facile che Stefano l’anno prossimo possa pensare di andarsene), ma pensavo che esagerasse. Aveva invece ragione su tutta la linea. Ho visto una squadra stanca, apparentemente senza alcun tipo di motivazione e la cosa mi addolora non poco. A proposito, visto che ne sapete molto più di me, cosa è successo a Bramos? Dov’è?

Sommando: a questo punto non vedo come Milano possa perdere, anche se la Virtus al massimo ha proprio tutte le carte in regola per ripetere il successo dell’anno scorso, mentre per quanto riguarda la parte bassa vedo molto male, almeno per adesso, Varese e Pesaro che, a occhio, sembrano aver buttato via tutto quanto di buono avevano costruito l’anno scorso. Un’altra domanda che sorge spontanea: l’anno scorso, se non sbaglio, in panchina a Varese c’era Bulleri. Quest’anno non mi sembra di averlo visto. Spero che sia un’assenza momentanea, perché se l’hanno sostituito per fare il salto di qualità (?), allora questo vuol dire che evidentemente qualcuno laggiù deve essersi bevuto il cervello.

Ed eccoci ora all’Eurolega che finalmente posso guardare con più assiduità visto che è ritornata a Sky, peraltro assieme all’Eurocup che è a sua volta una competizione molto valida e che si lascia seguire con molto piacere. Fra l’altro ho visto con enorme gioia e sorpresa il mio amico Jaka Lakovič sulla panchina di Ulm, una squadra che mi è subito entrata nel cuore dopo aver saputo quale è la sua filosofia e dopo averla vista giocare. A parte l’incredibile Felicio (mi sembra che si chiami così, comunque sapete di chi parlo), un bestione che avrebbe proprio tutto per essere un giocatore devastante, se solo il suo cervello fosse tracciabile con la risonanza magnetica, per il resto giocano a mille all’ora, non hanno problemi nel far giocare tutti, compresi i giovani indigeni, e mi è piaciuto molto uno scorcio del primo tempo quando cinque visi pallidi, di cui quattro locali, tenevano alla grande il campo stando anche avanti.

Per quanto riguarda Milano abbiamo ogni volta i puntuali ragguagli di Buck che continuo a ringraziare per i suoi sempre preziosi apporti. Mi è piaciuto l’intervento nel quale ha bastonato la terna arbitrale che in effetti era stata in quel match totalmente allucinante, anzi totalmente allucinata visto che vedeva di continuo cose mai accadute. E’ stata una cosa che mi ha sorpreso non poco, visto che, anche considerando il regolamento che è sempre più elastico, per non dire assolutamente incomprensibile e dal mio punto di vista ormai al limite della gestibilità, secondo me il livello dell’arbitraggio in Eurolega è mediamente molto soddisfacente (Fabrizio?). Si può essere d’accordo o no con l’interpretazione del regolamento (io per esempio nel merito sono una specie di talebano no vax, in quanto secondo me il modo in cui si concepisce il basket odierno proprio dal punto di vista regolamentare è uno dei fondamenti della sua discesa rovinosa sulla china dell’inguardabilità), ma quando a monte si vede un’uniformità di metro di giudizio che viene tenuta sempre e comunque la cosa mi sta bene. Almeno so cosa mi attende, per cui ho il dito pronto sul telecomando e posso cambiare canale al volo quando ne ho voglia (molto spesso, che diventa sempre quando arriva il tragico momento dell’interminabile pellegrinaggio al tavolo per decidere la questione di lana caprina più pura che si possa concepire, quella sul famigerato fallo antisportivo). Tornando alla terna-sciagura mi chiedo cosa possa essere loro successo, ma soprattutto perché cavolo li hanno messi assieme? Sono una dimostrazione del mio teorema sull’arbitraggio a tre invece che a due. Il quale recita che se due arbitri fanno 100 di casino, in tre ne produrranno 150. E dunque meno arbitri ci sono, in realtà meglio è. E inoltre trovarne tre bravi è comunque più difficile che trovarne solo due. Ragion per cui, visto il mio inguaribile pessimismo innato nei confronti degli arbitri, il fatto che il livello arbitrale in Eurolega sia molto buono è una cosa che in definitiva mi sorprende e mi da molto piacere.

Passando a una veloce disamina tecnica a un tanto al chilo posso solo dire che il reintegro di Melli, dopo che altri si sono occupati del suo sviluppo tecnico e caratteriale portandolo finalmente ai livelli che gli competono, è stato un colpo formidabile. In sostanza siamo di fronte a un Micov con molta meno puzza sotto il naso e con capacità sia tecniche che fisiche molto superiori, anche per la differenza di età. Un giocatore che fa squadra, che si incarica di fare tutte le cose più terra terra che si possano fare mentre potrebbe fare la stella, è un vero e proprio toccasana che a Milano, squadra di presunte sedicenti stelle, serviva in modo imprescindibile. Anche l’aggiunta di Ricci, che come sapete è un giocatore, e quando io dico “giocatore” faccio un grande complimento, che mi è sempre piaciuto molto è stata importante. Per esempio i mitici ultimi 10 secondi del terzo quarto della partita contro l’Asvel, che grazie a Melli hanno spostato minimo cinque punti da una parte all’altra, hanno in definitiva deciso la partita, cosa che in altri anni non sarebbe successa. Sono stati anche i secondi più divertenti che io abbia vissuto da molto tempo a questa parte, in quanto quando ho saputo che a fare la cazzata più rovinosa e ridicola della storia è stato (I)Diot mi sono letteralmente ribaltato dalle risate per una buona decina di minuti.

Gli avversari di Milano? Boh. Le grandi non mi convincono granché. Per esempio il CSKA che sulla carta ha uno squadrone che però perde completamente il filo quando entra Clyburn che è molto bravo, ma che sembra un elemento di disturbo per gli equilibri della squadra. Giocassero sempre Iffe o Hackett con Higgins sarebbe molto meglio. E comunque una squadra che prende Šved merita di non andare lontano. Il Barcellona ha Jasi che è sempre più invasato e che secondo me sta un po’ perdendo il controllo della situazione facendo cambi abbastanza cinofallici a caso, l’Efes deve ancora cominciare a ingranare, ma sono sicuro che lo farà, e in più la cosa che mi piace è che, più le squadre sono sulla carta scarse, meglio giocano, per cui tutti possono battere tutti e la lotta per i primi posti sarà interessantissima. Poi ovviamente i giochi si faranno la primavera prossima, per cui per ora vediamo e godiamoci le partite.

Vorrei comunque finire con un commento su come il Fenerbahce, altra squadra da prendere con le molle quando i giochi si faranno duri, riesce a perdere partite già vinte. Clamorosa quella con il Real. Più uno e palla in mano a 30 secondi dalla fine. L’insignificante coach Sergio a suo tempo, in situazioni del genere, diceva alla sua squadra: “Ragazzi, vediamo cosa fanno. Se ci fanno fallo subito ovviamente non c’è nulla da dire, ma se pensano di difendere teniamo la palla senza fare niente di rischioso. Prima o poi si spazientiranno e magari faranno fallo negli ultimi secondi del nostro possesso, che sarebbe ovviamente per noi la cosa migliore. Se poi decidono di difendere fino in fondo l’unica cosa che dobbiamo fare è tirare all’ultimissimo secondo da più lontano possibile con un parabolone assurdo, così che la palla viaggi per più tempo possibile. Intanto scadranno i 24 secondi del possesso e, se la palla colpisce il ferro, è fatta. Prima che loro prendano il rimbalzo e si organizzino per l’ultimo tiro la partita sarà ben che già finita.” Vi sembra una tattica tanto stupida?