Oggi è veramente il giorno giusto. Intanto domani il Primorski non esce, per cui ho un giorno di riposo e non mi tocca scrivere la rubrica, e in più oggi sono successe tantissime cose che, devo confessare, mi hanno inchiodato sulla poltrona dalla tenera ora delle 3 e mezza del mattino in poi (non preoccupatevi, ho lo stesso trovato il tempo per dormire, sacrificando - ?? – la Formula Uno – fra l’altro, chi ha vinto?), per cui potrei scrivere e commentare fino a domani.

Subito, prima che me ne dimentichi. Le due bandiere che avevo in mente erano quelle del Paraguay, che ha due stemmi diversi sulle due facce, e quella dell’Arabia Saudita che ha su ambedue i lati la scritta “Allah è l’unico Dio e Maometto è il suo Profeta” messa in modo tale che si possa leggere correttamente da ambo i lati. Sarebbe ovviamente blasfemo se su un lato si dovesse leggerla alla rovescia.

Partendo dalla fine devo confessare che quando Jacobs ha vinto i 100 metri qualche minuto dopo il trionfo in coppia di Tamberi nell’alto sono stato assalito da un’irrefrenabile risata che è andata avanti per un paio di minuti. Mi sono detto: “E adesso? Questi della Rai che finora ci hanno spaccato i marroni di continuo intervistando tutti i possibili parenti e amici e gettando a piene mani miele retorico su ogni possibile medaglia italiana negli sport più improbabili e misteriosi, adesso cosa faranno? Dopo aver usato i superlativi più iperbolici per un magnifico bronzo nella corsa nei sacchi o nel lancio dello sputo, cosa dovranno fare ora che in un paio di minuti l’Italia ha vinto due delle medaglie più prestigiose, quelle che veramente fanno la storia, che ci possano essere alle Olimpiadi, quelle che designano l’uomo più veloce e quello che salta più in alto di tutti al mondo? Rimarranno assolutamente spiazzati e voglio proprio vedere come gestiranno la cosa. Magnificando ogni medaglia vinta in ogni possibile vaccata hanno fatto un vero e proprio disastro perché così non riusciranno mai a far passare il concetto che le due medaglie vinte oggi hanno un’importanza di tutto un altro livello, anche simbolico, rispetto ad ogni altra. Hanno schiacciato ogni tipo di giusta prospettiva, per cui ben gli sta. Così impareranno!”

Scusate la mia sincerità e scorrettezza politica verso tutti gli altri sport che comunque tutti meritano rispetto, per carità, non voglio che pensiate che non apprezzi la dedizione e lo sforzo in qualsiasi cosa un atleta faccia, ma mi è uscita di getto e ve l’ho riportata. Anche come reazione allo stucchevole provincialismo che ha permeato finora tutta la programmazione della Rai, ma soprattutto alla eclatante insipienza tecnica e registica dimostrata  e che mi ha letteralmente stroncato. Quando ho cominciato a Capodistria 50 anni fa esistevano già i videoregistratori, i famosi RVM, o VTR all’inglese (in Italia li chiamano Ampex, in modo del tutto scorretto, visto che l’Ampex è una delle innumerevoli ditte che li producono, per cui chiamare i RVM Ampex sarebbe come chiamare tutte le auto Fiat), per cui già allora riuscivamo a registrare qualcosa d’altro mentre andavamo in onda in diretta con l’evento principale per trasmetterlo poi nelle pause o nei tempi morti. Lo abbiamo fatto nel ’72 sia per Sapporo che per Monaco, e ciò malgrado fossimo in pochissimi e che le macchine fossero cassoni improponibili che funzionavano con nastri da due pollici con un rullo di 5 chili di peso che aveva un’autonomia massimo di un’ora e mezza di programma registrato (ecco anche perché non esistono registrazioni delle primissime partite che abbiamo trasmesso). Per registrare ci volevano circa 15 secondi di quello che si chiamava preroll perché fosse sicuro che le testine magnetiche agganciassero il segnale d’entrata per registrarlo, e non era detto che la cosa funzionasse sempre. E poi ovviamente bisognava riavvolgere il nastro per posizionarlo nella posizione giusta per la riproduzione, cosa che richiedeva il suo tempo.

In questi anni la tecnologia ha fatto passi da gigante, a quel tempo assolutamente impensabili, e oggigiorno per registrare basta premere un bottone, premere lo stesso bottone per finirla, la sequenza si deposita sull’ hard disk e per metterla in onda basta premere un altro bottone. Dalla fine della registrazione (che può essere lunga a scelta) alla messa in onda il tempo necessario è correlato esclusivamente all’abilità manuale dell’addetto nel fare le operazioni necessarie (semplici, fra l’altro) nel minor tempo possibile che comunque non eccede mai i 10 secondi, se il tecnico è imbranato e alle prime armi. Per non dire ovviamente che nelle televisioni importanti tutto questo procedimento è regolato dai computer. Ragion per cui oggi, con la tecnica anche delle finestre sull’evento principale, è un giochino da ragazzi seguire un evento che dovrebbe essere quello portante, se non si è provinciali sarebbe per esempio la finale del concorso all around, sia individuale che a squadre, di ginnastica (mai visto sulla Rai, ho dovuto seguire la Tv slovena), inserendo finestre di aggiornamento sull’evento collaterale che interessa il pubblico italiano, tipo per esempio il primo turno della scherma o la partita del girone del beach volley, finestre registrate dei momenti salienti che, intanto sarebbero i momenti salienti, dunque più interessanti e importanti, da inserire negli inevitabili momenti morti dell’evento portante. Tutte le Tv del mondo hanno sempre fatto così e non vedo perché la Rai non possa fare la stessa cosa. Bisogna però saperla come fare. Quando si ha a che fare con la diretta bisogna inoltre essere flessibili e dunque la programmazione del TG a orari fissi è una semplice bestialità. Potrei continuare con il salotto serale della De Filippi, pardon De Stefano, ma non voglio beccarmi querele, per cui taccio. Dico solo che mi sembra una bella confezione di nulla spinto. E dunque il giudizio su come si vedono le Olimpiadi sulla Rai non può che essere questo: una clamorosa catastrofe su tutta la linea.

Tornando agli eventi di stanotte ho seguito con partecipazione la prova di Paltrinieri che si è dimostrato un grande campione dalla mentalità vincente anche nella sconfitta, cosa peraltro di cui non ho mai dubitato, ho visto la bellissima prova della staffetta mista maschile, poi ho seguito le ultime buche del golf (su Tv Slovenia, ovviamente) e devo dire che mi ha colpito la reazione di Xander Schauffele quando ha imbucato il putt vincente dopo un miracolo con il terzo colpo da 100 metri abbondanti dopo essere andato per margherite con il drive iniziale. Questa è gente che guadagna almeno un centinaio di milioni di dollari all’anno e che a Tokio ha gareggiato per la gloria (purtroppo il mio tifo per Rory McIlroy, presentatosi alle Olimpiadi con la maglia dell’Irlanda, lui che è dell’Irlanda del Nord, non ha sortito l’effetto sperato, ha perso il bronzo dopo un playoff a sette), eppure l’americano, quello che fino all’ultima buca contese a Molinari l’Open di un paio di anni fa, alla fine aveva le lacrime agli occhi. Si può essere cinici quanto si vuole, ma lo spirito olimpico è ancora più che vivo, soprattutto presso i massimi professionisti. Se ci pensate bene è un ritorno alle origini. Le Olimpiadi moderne nacquero come giochi dilettantistici riservati alle classi ricche, aristocrazia e alta borghesia, che potevano dedicarsi anima e corpo allo sport non avendo problemi economici di alcun tipo. Oggi è lo stesso, solo che i soldi che questa gente ha deriva dallo sport che pratica. Ragion per cui possono tranquillamente permettersi di frequentare le Olimpiadi con lo spirito giusto, quello che, comunque vadano le cose, tutto questo non avrà alcun impatto sulla loro fortuna materiale e dunque possono godere la manifestazione andando a caccia di gloria e di soddisfazione sia personale che per il popolo che rappresentano. I cinici diranno: sì, ma così avranno anche maggior popolarità e dunque visibilità, faranno tanti più soldi con la pubblicità e tutte queste cose. Certo, ma pensateci: rimanendo a casa cambierebbe qualcosa di sostanziale nelle loro vite? Non è che comunque hanno già di che vivere da nababbi per un paio di generazioni a venire?

Dopo è cominciata la partita della Slovenia di basket e io ho fatto la mia toilette, ho ascoltato un po’ di musica, ho suonato un po’ il piano, ho giocato al computer con la coda finale di un paio di esibizioni di karaoke, insomma ho fatto di tutto per far passare l’ora e tre quarti della partita. Dovete sapere che soffro troppo guardando la Slovenia in diretta, per cui seguo l’evoluzione del punteggio sul computer in attesa, se si vince, di vedere con calma la differita. L’ho fatto stasera e devo dire che non ho parole. Nel senso che mi sembra inutile commentare quello che ho visto, visto che pare che voi che mi leggete vediate il basket in modo totalmente differente da come lo vedo io. In breve le mie impressioni. Fatene quel che ne volete, tanto avete le vostre idee che non potrò mai scalfire. Ho visto una grandissima partita. Ho visto la Spagna che ha fatto in modo straordinario il suo compito di casa nella preparazione della partita con la difesa box-and-one all’inizio su Luka, preso in consegna con le buone, ma soprattutto con le cattive, nel senso che prevedevano una cospicua dose di provocazione, cosa che è riuscita tanto bene all’inizio da mandarlo fuori binario anche e soprattutto dopo il fallo di sfondamento che gli hanno fischiato, per me palese fallo difensivo con il difensore che al momento giusto si è spostato per farsi investire. Quando giocavo io, se l’attaccante prima dello scontro accennava a un passo laterale, in caso di contatto il fallo era sempre della difesa. Come è secondo me giusto. Ma tant’è, ormai queste cose sono state dimenticate, per cui facciamo finta che fosse fallo in attacco. La Slovenia inoltre non è riuscita a correre, anzi, a concludere un paio di contropiedi sono stati gli iberici. A parte Čančar i tiri da fuori non entravano neanche per sbaglio, insomma sembrava un disastro. Però, e qui devo dire che sono rimasto estasiato, i miei (scusate) hanno cominciato a mordere in difesa (grande Blažič su  Rubio), a cercare soluzioni diverse in attacco, a far girare la palla, a mischiare le soluzioni, il tutto sotto la sapiente guida di Luka che, pur tenendo tutte le fila della partita in mano, ha fatto giocare la squadra in modo costante e produttivo anche e soprattutto quando, dopo una serie di layup sloveni sbagliati e a una serie di bombe infilate dagli spagnoli, si era andati sotto di 12. E poi nel finale è salito in cattedra anche Prepelić che ha infilato la banderilla decisiva nelle costole degli spagnoli. Luka nervoso, ben marcato e senza tiro, eppure a un assist dalla tripla doppia. Il tiro che non entra se non a sprazzi, tutta una serie di tiri da sotto sbagliati e si vince lo stesso. Contro i campioni del mondo in carica. Ripeto, sono senza parole. Giuro che mai mi sarei immaginato che la Slovenia potesse produrre un basket di simile fattura.

Ora anche il sorteggio è stato favorevole. Trovare nei quarti una squadra più abbordabile, una volta che non si poteva ritrovare l’Argentina, era impossibile. E poi niente USA nell’eventuale semifinale. E inoltre una fra USA e Spagna, le due squadre oggettivamente più forti, verrà eliminata nei quarti. Si sta aprendo lo squarcio verso qualcosa di ineffabile. Sarebbe un delitto non infilarvicisi.

Ah sì. Come è quella che la Slovenia gioca come nell’NBA, Dončić e quattro altri? Se si può, perché no, come già ampiamente spiegato, che c’è di male se giocando così vinci di 50? Se non si può, allora bisogna fare qualcosa d’altro. E Luka ha dimostrato oggi tutte le sue smisurate dimensioni facendo quel qualcosa d’altro che l’avversario gli lasciava fare, ma con ciò comunque tenendo sempre la squadra in mano, unita e coesa. Quello che voglio sempre dire è che lui può giocare in tutti i modi possibili. Gli altri no, o giocano tipo NBA o non sanno cos’altro fare. La differenza, gigantesca, è tutta qui.

E dopo questa goduria è arrivata una delle più belle giornate di atletica olimpica che abbia mai visto. Per ricordare emozioni simili dovrei andare a Berruti ‘60 o a Beamon ’68. Non solo c’è stata l’allucinante giornata dell’Italia con il bellissimo siparietto finale con l’abbraccio fra Tamberi (finalmente normale nell’aspetto) e Barshim, compagni di sventura e resurrezione, ma c’è stata anche la clamorosa giornata del triplo femminile con intanto l’argento e il bronzo che si facevano vedere con molto piacere (sono un maschio, permettetemelo) e con la medaglia d’oro Rojas che, già a vedere solo lei, meritava il prezzo del virtuale biglietto. Mai visto un’atleta simile. Sembra creata al computer. Reinventando il triplo a modo suo, trasformandolo in due salti in lungo con passo intermedio, ha polverizzato il primato mondiale dando l’impressione che con un po’ più di pulizia tecnica potrebbe tranquillamente valicare i 16 metri. Vedendo lei si capisce perché l’atletica è, e sempre rimarrà, la regina degli sport. In una giornata simile anche un’impresa che nei giorni scorsi sarebbe stata osannata in lungo e in largo quale la qualifica per la finale dei 400 ostacoli del bravissimo ragazzo italiano con un tempo nettamente sotto i 48 secondi è passata inosservata. Veramente troppa grazia San Antonio.

Per finire la mia chiosa sull’introduzione delle prove miste. Le ragioni per le quali la loro introduzione mi vede molto favorevole le ho spiegate in lungo e in largo nel mio pezzo sul Primorski dedicato all’argomento. A voi saranno spiegate subito. Leggete le ragioni per le quali Edoardo le deride. Sono esattamente, pari pari, le stesse per le quali io sono estremamente favorevole. O, se volete, come le convinzioni politiche influiscono in modo decisivo sulla concezione dello sport. E poi dicono che lo sport non deve mischiarsi alla politica. Lo sport invece “è” e sempre sarà politica. Del massimo livello possibile, toccando l’essenza stessa dell’essere umano e delle ragioni per le quali si è su questo pianeta e merita viverlo.