Visto che ho tutto il tempo che voglio posso anche intervenire più frequentemente, per cui, attenzione, la minaccia della moltiplicazione dei post è reale e incombente.
Due gli argomenti sui quali mi tirate in ballo e chiedete la mia opinione. Sul primo la risposta è molto facile, corroborata dall’esperienza e da una serie di ragionamenti poco confutabili, basati come sono sulla fisica più elementare di tipo galilean-newtoniano. La risposta è un inequivocabile sì: per i lunghi imparare a tirare i liberi è molto più difficile rispetto ai piccoli. La ragione è del tutto indipendente da quel che si pensa comunemente, che cioè, detto in breve, i lunghi sarebbero più imbranati e dunque dovrebbero lavorare molto di più per trovare la coordinazione giusta. La ragione, anzi, le due ragioni sono del tutto diverse e con la presunta imbranaggine non c’entrano nulla.
La prima ragione è del tutto fisica. Semplicemente i lunghi, essendo tali, fanno partire il tiro da un’altezza nettamente superiore rispetto a quella dalla quale partono i tiri dei piccoli. La cosa crea notevoli problemi. Per i piccoli, che fanno partire il tiro da un’altezza nettamente inferiore a quella alla quale si trova il canestro, la parabola del tiro è del tutto naturale e produttiva. Se fate un piccolo disegnino vedrete subito che la loro parabola può avere la curvatura ideale, né troppo tesa né troppo arcuata, e il tiro entra in canestro con l’angolo ideale. Per il lungo tutto è molto più difficile ed è di fronte a due possibili scelte, ambedue con i loro grossi difetti. La prima scelta prevede una parabola più tesa e dunque più facile da eseguire con il grosso difetto che il tiro arriva a canestro con un angolo molto più acuto rispetto a quello con cui arriva il tiro di un piccolo e dunque deve essere più preciso per trovare il giusto angolo di entrata. La seconda scelta prevede di fare la stessa parabola che fanno i piccoli, però in questo caso il problema è la forza da imprimere al tiro, cosa questa che è molto più difficile da fare sempre allo stesso modo, non solo, ma la palla, cadendo a canestro molto più dall’alto, o entra o, se prende il ferro, rimbalza via senza la minima possibilità di rimbalzo favorevole. Detto di sfuggita questa ragione spiega anche perfettamente perché i lunghi abbiano, fatte le giuste proporzioni, medie da tre molto migliori rispetto a quelle che hanno ai liberi. Tirando da molto più lontano possono imprimere al pallone la parabola giusta, per cui lo svantaggio che hanno tirando dalla linea dei liberi si annulla e a galla viene semplicemente la precisione del singolo giocatore indipendentemente dalla sua altezza.
Tutto comunque si può rimediare con il giusto allenamento. Qui subentra però la seconda ragione, secondo me molto più importante. I lunghi, essendo tali, hanno anche le mani molto più grandi. Il che è un grosso guaio. Avete mai provato a tirare a canestro una palla di pallavolo o addirittura di pallamano? Sono palle più piccole e leggere e per un lungo maneggiare una palla da basket ha lo stesso effetto che per noi maneggiare una palla da pallavolo. Se avete mai provato a tirare a canestro una palla di pallavolo avrete anche voi avuto la pessima sensazione che ho provato io quando ho tentato di farlo, e cioè quella di manovrare un oggetto di cui non posso avere il controllo totale. Semplicemente tenendo la palla in mano in modo infinitesimamente diverso una volta rispetto all’altra, la direzione verso la quale parte può variare in modo imprevedibile nel momento del rilascio, insomma detto in breve la palla va dove vuole lei senza che noi ce ne rendiamo del perché l’abbia fatto, il che è la cosa più frustrante che ci possa accadere. Quando si sa dove e come si sbaglia, si sa che si può rimediare, quando invece pensi di avere fatto la cosa giusta che però non si rivela tale, viene veramente la voglia di smettere.
Ecco, queste sono le ragioni per le quali per i lunghi imparare a tirare bene i liberi è molto più difficile. La cosa però ha anche i suoi lati positivi. Il primo è che i lunghi devono praticare i liberi in modo molto più assiduo e impegnativo rispetto a quanto fanno i piccoli, cosa questa che sviluppa sia la loro attitudine verso il lavoro in genere, ma soprattutto affina la loro sensibilità nei polpastrelli, il che viene loro molto in aiuto quando devono fare qualche tiro un tantino più difficile, soprattutto fuori equilibrio. Qui però il fatto di avere le mani grandi viene in loro fondamentale soccorso. Visto che manovrano il pallone da basket come noi manovriamo un’arancia hanno sul pallone un controllo totale anche con una mano sola. Ovviamente il tiro più ovvio con una mano sola è il gancio e qui ritorniamo al solito discorso che mi angoscia: perché cavolo oggigiorno non si insegna più il gancio classico che è un tiro facilmente memorizzabile e soprattutto facilmente allenabile? Oltre che essere mortifero in partita. Provate a seguire una partita, magari la finale del campionato e immaginate quante, secondo me innumerevoli, volte un lungo potrebbe fare un semplice passo, tiro e gancio invece di cacciarsi sotto canestro e fare passi o magari subire umilianti stoppate da un piccolo. Perché non lo fa? La risposta nel ponderoso trattato da concepire e scrivere.
Secondo argomento: le ragazze hanno più cattiveria dei maschi? Se per cattiveria si intende perfidia vendicativa la risposta è un deciso sì. Come mai? Premetto subito una cosa mettendo le mani ben avanti. Ovviamente sono solo un povero cronistucolo sportivo con esperienze (formative, comunque) di allenatore, per cui mi imbarazza non poco avventurarmi in campi che mai ho studiato, sui quali ho riflettuto molto sì, ma nei quali non ho alcun tipo di istruzione formale. Ragion per cui mi rendo perfettamente conto che un sociologo o antropologo qualsiasi possa tenersi la pancia dalle risate leggendo quanto sto per scrivere, ma tant’è, sfido il ridicolo e le cose voglio dirle comunque per come le vedo io.
Sapete benissimo, perché l’ho scritto, come vedo io strutturato un gruppo di ragazze, semplicemente estrapolando nel presente un lunghissimo passato primordiale nel quale i compiti fra i sessi erano distribuiti in modo totalmente diverso. Da ciò deriva la mia visione di un gruppo di femmine strutturato a cellule, in modo orizzontale, per clan, rispetto all’organizzazione piramidale di un gruppo di maschi. Sempre andando al lontanissimo passato e ricordando quanto ho già avuto modo di scrivere le donne avevano il precipuo compito, fondamentalmente, di badare alla casa. Si badi bene, non era il classico compito della casalinga da bigodini e reality show serva e succube del marito, ma era un compito improbo, dovendosi difendere da predatori, da tribù ostili, da tutta una serie di minacce incombenti e potenzialmente devastanti. Essendo le donne strutturate per procreare dovendo adempiere al compito più sublime di ogni specie vivente, quello di perpetuare la specie, il loro fisico è sempre stato più debole rispetto a quello dei maschi, anche perché è solo logico che i maschi, che nella procreazione hanno un ruolo tanto marginale quanto soprattutto breve (a volte anche troppo, ahimè), per rendersi utili, cioè procacciare il cibo, è solo giusto che l’evoluzione li abbia creati forti abbastanza per poterlo fare. Inciso: in che categoria maschile potrebbe giocare una forte squadra femminile di Serie A? Viste le stature medie, viste le capacità atletiche, non credo che potrebbe essere particolarmente protagonista in una Promozione. In Serie D non avrebbe proprio nulla da chiedere. Mi dispiace, ma è così. Del resto basta considerare la regina degli sport, l’atletica. Mi sapete dire quale campionato provinciale potrebbe vincere una ragazza correndo i 100 metri in 10 e 8, risultato eccellente per le ragazze? Oppure correndo i 400 metri in 50 secondi? O peggio ancora, a che distanza potrebbe tirare una donna un peso di sette chili? Le proporzioni anche nel basket, sport nel quale la componente atletica è preponderante per salire ai massimi livelli, è esattamente la stessa.
Tornando al discorso principale mi sembra ovvio che per difendere la casa, con tutto ciò che ne consegue, le donne, non potendo affidarsi alla forza fisica, abbiano affinato altre doti, di intelligenza e furbizia ma anche, e soprattutto, di mimetismo. Intendo dire che una donna si rende ancestralmente conto che con la forza non può vincere, dunque deve farlo con l’astuzia e la perfidia. Deve avere cioè le capacità di far finta di essere inerme per poi poter colpire al momento giusto, quando il nemico non se lo aspetta. E in più c’è un’altra cosa assolutamente dirimente. La femmina di ogni specie è responsabile della prole, cioè è direttamente incaricata di allevare le future generazioni, e per poter adempiere a questo compito, assolutamente fondamentale, la natura ha creato tutte le femmine crudeli e spietate. Quando si tratta di difendere da qualche pericolo la propria prole ogni femmina si trasforma, diventando crudele in un modo tale che nessun maschio può neppure immaginare che la cosa sia possibile.
Tutto questo per arrivare alla conclusione che le ragazze hanno nei loro geni l’abitudine alla cattiveria, o come ho scritto sopra, alla perfidia. Quando sono motivate il giusto, e vedono nella squadra avversaria una tribù nemica che vuole impossessarsi del loro feudo allora scatta in loro il modo “ogni cosa è lecita, basta che il nemico non vinca”. Sempre però ricordando l’attitudine al mimetismo, cioè al colpire nei momenti più inattesi dal nemico. Immaginarsi le motivazioni che possono avere quando se la vedono con una squadra maschile. Non riesco a mettermi nella loro mente, del resto nessun maschio mai, da quando esiste il mondo, c’è mai riuscito, ma suppongo che in questo caso in loro scatti tutto il repertorio affinato nei millenni, sapendo benissimo che hanno a che fare con persone di loro più forti, dunque devono per forza ricorrere ai loro mezzi DOC.
Per finire e collegandomi a quanto appena detto un discorso a parte meriterebbe proprio la parte motivazionale nella preparazione di una partita fra squadre femminili. E’ un compito assolutamente improbo per non dire impossibile, in quanto subentrano tanti e tali fattori da essere praticamente impossibile capire da che parte prenderle. Esempio stupido: se nella squadra avversaria c’è una ragazza che ha appena soffiato il fidanzato ad una delle nostre capoclan non occorre neanche parlare. Le ammazzeranno. Se invece nella squadra avversaria c’è un’amica del cuore di una delle nostre capoclan potete star sicuri che il match sarà all’acqua di rose e che praticamente ambedue le squadre giocheranno a chi fa meno. E anche in questo caso qualsiasi cosa possiate dire sarà tempo sprecato. Ed è proprio per questo che sono convinto che allenare una squadra femminile sia uno dei compiti più difficili, ma anche gratificanti, perché le ragazze apprezzano la sincerità e soprattutto le parole date e sono capaci di ripagarti di ciò con una fedeltà ed un’onestà assolute, che possano esistere.