Domani comincia l’NBA. E allora è il momento giusto per parlare di tutto altro, se non altro per provare a spiazzare tutti quelli che vorrebbero che questo spazio fosse come tutti quanti gli altri di basket dedicato all’NBA. Mi appello a tutti quelli che come a me l’NBA non potrebbe essere interessare di meno perché si facciano vivi e provino a far sì che questo spazio sia più o meno “NBA free”. O, in subordine, provino a non rispondere ai soliti trolls che sicuramente proveranno come sempre pervicacemente a spostare il dibattito su quanto succede nell’NBA, continuando anche a decantarne le sublimi doti, suscitando così come sempre succede le convulsioni all’autore di queste righe quando scorre i commenti a quanto lui scrive.

 

Siamo già abbastanza avanti nella stagione appena cominciata per fare un po’ i primi bilanci su quanto stiamo andando vedendo fra le varie competizioni che si susseguono a ritmo incalzante. Intanto dico subito che preferirei non si parlasse della cosiddetta sedicente Champions’ League FIBA. Ho visto la partita fra Varese e Villeurbanne (era Villeurbanne - ?, mi sembra di sì, francesi comunque)  e tanto mi è bastato. Nel senso che continuo a non capire a che gioco giochi la FIBA nel proporre una competizione del genere, per mettere in piedi la quale ha scatenato anatemi a destra e manca, privando tre squadre italiane di una fondamentale esperienza internazionale in una competizione ben più probante, competizione totalmente risibile rispetto non solo all’Eurolega, che sembra veramente roba di un altro pianeta, ma anche alla stessa Eurocup. La conclusione che ne traggo è che la FIBA o è totalmente rincoglionita (ipotesi altamente probabile), o che vede nel futuro meglio di Nostradamus e allora non ci sarebbe che levarsi tanto di cappello. In questa remotissima seconda ipotesi si potrebbe supporre che il cuneo, per ora flebilissimo, che ha messo fra le ruote delle competizioni ULEB (o ECA, o come cavolo si chiama ora) possa in un lontano futuro ridefinire gli equilibri e, dai dai, spostare l’attenzione dell’opinione pubblica verso le competizioni FIBA che così riavrebbero il sopravvento. Appena riletto quanto scritto sopra mi rendo conto di aver scritto una vaccata senza pari, totalmente inverosimile, per cui sono sempre più convinto che siano totalmente fuori di testa e stiano andando alla ricerca di incassi e di visibilità sparando con pistole a acqua contro i bazooka, come ho già avuto modo di scrivere. Col risultato che si schianteranno la faccia, e lo dico apposta, perché, appunto, perderanno totalmente la suddetta sia presso l’opinione pubblica che, molto più importante, presso l’NBA che a questo punto assesterà il colpo mortale e definitivo alla Federazione Internazionale semplicemente ponendo un aut aut ai suoi giocatori, cioè a tutti quelli importanti delle varie nazionali, dicendo loro semplicemente: o in Nazionale o con noi, le due cose insieme non più. E secondo voi i giocatori a chi daranno ascolto? Riassumendo: l’atteggiamento attuale della FIBA mi sembra un martellamento masochista dei propri attrezzi sessuali facendo la guerra proprio a quelli che più dovrebbe tenersi buoni. Fra l’altro sono sempre in attesa delle tremende sanzioni che la FIBA assesterà a quelle Federazioni, fra le quali ahimè non c’è quella italiana, che hanno mandato a defecare la FIBA stessa iscrivendo senza problemi le sue squadre all’Eurocup. Voi, le avete viste o ne avete avuto sentore?

Passo ora al campionato italiano. Il quale, onestamente e un po’ sorprendentemente, è secondo me meno peggio di quanto si potrebbe supporre. Certo, c’è Milano che gioca su altri livelli, certo ci sono squadre malandate finanziariamente che oggi ci sono, domani chi lo sa, però il livello, visto anche quello che ci propone il resto del mondo (o forse sono ancora sotto l’impressione di quanto visto nella Champions’ FIBA), mi appare tutto sommato decente. Per esempio mi sono divertito tantissimo a vedere in TV Capo d’Orlando, squadra di giocatori modesti in realtà, ma che giocano esattamente come li farei giocare io se li avessi alle mie dipendenze. Chiaro, questa considerazione è perfettamente soggettiva, dunque tutta da dimostrare, però vedere, almeno secondo i miei standard, una squadra che fa le cose che dovrebbe sempre fare, ovviamente con tutti gli errori del caso dovuti al fatto che certamente non schiera invincibili campioni, fa veramente ogni tanto bene al cuore. Può essere, anzi lo è senz’altro, almeno a mio avviso, che la cosa dipenda dal fatto che l’Orlandina è l’unica squadra che ho finora visto a avere in campo un qualcosa che somiglia a un play, il famoso uruguayano Fitipaldo. Il quale, una volta superata l’ilarità che suscita il suo cognome (già così corre, immaginarsi cosa sarebbe se fosse al plurale…e idiozie consimili), è uno che comunque tiene la squadra in mano e che, differenza sostanziale, non pensa al suo proprio tiro come prima opzione, ma tira quando gli altri si sono dimostrati incapaci di farlo. Cosa che distingue un play vero da uno che semplicemente porta la palla in attacco, palleggia per 24 secondi e poi tira da solo tiri improbabili, giocatore che viene spacciato per play, ma che è esattamente la sua antitesi. Il play dovrebbe far giocare la squadra. E uno che in 24 secondi non la passa MAI è esattamente la negazione più estrema di questo concetto. Io mi immagino spesso, in momenti di megalomania, quale sarebbe la mia reazione in momenti come questo se fossi io in panchina mentre la mia point guard fa una puttanata del genere. Nell’ordine: entrerei in campo, lo manderei a calci dapprima in panchina e poi sotto la doccia e, appena finita la partita, andrei dal mio Presidente a dirgli di tagliarlo perché non lo vorrei mai più vedere in vita mia.

E purtroppo, tutto considerato, devo affermare che, viste anche tutte le altre squadre, il mio timore si sta rivelando sempre più una realtà irreversibile: nel gioco del basket, come è concepito oggi, il ruolo del playmaker non esiste più. Defunto, sparito, estinto. Eppure sono fermamente convinto che se una squadra avesse il coraggio leonino di proporne uno, uno vero, il classico giocatore che pensa per la squadra e ne tiene in mano le fila, ne trarrebbe benefici sostanziali. Ahimè sembra però che sia sempre più isolato in questa mia convinzione.

Sono lietamente sorpreso da Milano. Evidentemente sono riusciti a superare lo scoglio più arduo e a risolvere l’equivoco più gigantesco, quello cioè che la squadra dovesse ruotare attorno a Gentile. Il quale ha perso la fascia di capitano e si vede relegato in parti episodiche con ciò lasciando finalmente che la squadra giochi. Che sia ben chiaro: diversamente da Bargnani (che al Basconia, dove, guarda caso, si è infortunato subito, attendo di vedere cosa farà quando le partite saranno veramente importanti) io ritengo Gentile un grande talento che sarebbe delittuoso perdere. Questi sono i momenti chiave per la sua carriera: o si perde o, cambiando attitudine, finalmente rendendosi conto di quali siano le sue doti e quali i suoi difetti, trova finalmente il suo posto giusto nel collettivo mettendo a disposizione il grande fisico, le grandi doti difensive, il fisico nell’ 1 contro 1 sotto canestro e anche le sue doti di passatore nel breve. Gentile renderebbe in modo clamoroso se fosse usato da 2 puro, o da 3 tattico, ovviamente con il divieto assoluto di palleggiare sul posto e di voler creare gioco lui, perché la sua utilità è in tutt’altri campi. Se si limiterà nel prosieguo della sua carriera a fare, per dire, il Marko Milić di lusso con molto più tiro, sarà un giocatore dall’utilità incalcolabile. Limitato Gentile è chiaramente esploso Kruno Simon che è il vero play occulto della squadra, e in più è arrivato Pascolo che mi ha sorpreso in senso altamente positivo per il suo atteggiamento da friulano DOC, umile e lavoratore, ma cocciuto e soprattutto estremamente fiducioso nei suoi mezzi. Questo so fare e posso farlo anche se gioco in Eurolega: se basta bene, se no pazienza. E per quello che sa fare e per come capisce il gioco del basket sta diventando una pedina fondamentale, tanto più che ha trovato l’anima gemella in un altro che conosce il basket a menadito, e cioè Milan Mačvan, per cui i due si trovano a meraviglia come se avessero giocato insieme per tutta la vita. E quando sono in campo assieme a Simon è una delizia vederli. In più Milano ha preso Zoran Dragić, giocatore senza fronzoli che dà una grandissima energia difensiva, che corre in contropiede e che soprattutto è capace di giocare intenso anche se per un paio di minuti non riceve il pallone, cioè tutto il contrario dei giocatori finti che Milano aveva lo scorso anno tipo Lafayette o Jenkins, insomma è una squadra che è diventata, diciamo così, più eurocentrica che votata allo scimmiottamento dell’NBA (guarda caso McLean, un altro senza fronzoli, anche lui sta giocando molto meglio – speriamo che Hickman si renda conto dove è venuto, è l’unica incognita) e che, guarda caso, nelle prime due partite di Eurolega ha vinto nei secondi finali, cosa esattamente opposta a quello che succedeva l’anno scorso. Come detto, non può essere un caso.

Dell’Eurolega ci sarà ancora modo e tempo di parlare, anche nell’ottica di quanto detto sopra, della morte cioè del ruolo del playmaker. Cosa che mi rende un po’ scettico sulle possibilità del Fenerbahce, che dovrebbe essere la squadra nettamente favorita (dite che il CSKA è il campione in carica? – sì, certo, però anche l’anno scorso nella finale la squadra più forte delle due era il Fenerbahce, ne rimango convinto, e se quella partita si rigioca, ne vince sette su dieci), in quanto una squadra che punta ai massimi vertici non può dipendere dagli estri di Bobby Dixon. E in più Bogdanović, come dimostrato anche alle Olimpiadi, le partite veramente importanti normalmente le canna, per cui penso che l’uomo veramente decisivo possa essere Datome, sempre che non arrivi spompato a fine stagione come successe lo scorso anno. Il CSKA continua a non convincermi, per cui ho così la sensazione a pelle che quest’anno ne vedremo di belle e sorprendenti.

Per finire con l’Eurolega ancora due parole per comunicare il mio entusiasmo irrefrenabile quando ho visto in azione con la maglia del Real Luka Dončić. Mi ricordo che quando andò a 13 anni al Real un commentatore del blog riportò la notizia con una vena non celata di sarcasmo. Forse avevano visto giusto loro. 2 metri e 4, personalità debordante, capacità in campo di fare tutto, non solo “di” tutto, ma tutto, mano morbida e fisico asciutto, reattivo, estremamente solido già adesso che non ha neppure compiuto ancora i 18 anni, ma soprattutto possiede la dote più importante di tutte, quella che non si insegna: capisce profondamente il gioco del basket. Era dai tempi di Dražen (che era comunque di un altro pianeta, sia ben chiaro) che non vedevo un 17-enne tanto forte. E la cosa migliore, almeno dal mio punto di vista, è che non ci sono dubbi che già agli Europei dell’anno prossimo vestirà la maglia della nazionale slovena. L’ha detto lui più volte, l’ha ribadito la mamma in una lunga intervista pubblicata sulle pagine on-line della TV slovena, mamma che ora vive con il figlio a Madrid. Semplicemente quest’estate ha declinato l’invito per non sovraccaricare il suo fisico ancora acerbo e per poter lavorare in solitudine a Madrid sui fondamentali, cosa che fa regolarmente quando non è impegnato con gli allenamenti della squadra. La cosa curiosa che tocca anche noi è che quando nacque, nel febbraio del ’99, il nostro Robi Siljan si trovava a Laško a fare la telecronaca della partita di Coppa Saporta del Pivovarna Laško nel quale giocava Saša, il padre. Prima della partita poté così nel bar del club fare una bevuta gratis pagata dal padre per tutti i giornalisti presenti in onore del lieto evento. Molto lieto, per fortuna.