Un breve intermezzo per mettere alcune cose in chiaro, visto che l’argomento è serio e sono contento che ve ne rendiate tutti conto e ne siate preoccupati. Alcuni commenti all’ultimo post non mi sono piaciuti, ma non certo per colpa vostra, visto che quanto ho scritto poteva essere interpretato come una mia ammissione che la lotta al doping sia senza speranza e che dunque tanto varrebbe legalizzarlo.
Un’idea del genere è quanto di più lontano possa esserci dalla mia mentalità. Quello che volevo sottolineare nel mio intervento precedente è che sull’argomento c’è più che un velo uno spesso strato di ipocrisia falso-buonista che ricopre tutto e che fa ragionare la maggior parte della gente per stereotipi con ciò ottemperando al meglio a quanto i fautori della “Nacht und Nebel” (uso apposta questa espressione forte di sinistra memoria per ribadire che a mio avviso si tratta di criminali tout court) si propongono, cioè di ammantare tutto il discorso in un velo di nebbia e frasi fatte e di creare così una perfetta arma di distrazione di massa. Insomma mi premeva di fare una fotografia intanto per fissare le cose come sono e per poter dunque cominciare a ragionare partendo dalla situazione reale e non da quella edulcorata e melensa che ci propongono i media, soprattutto quelli che sono molto vicini alle stanze del potere sportivo.
Se avete letto con attenzione avrete forse intuito che nelle mie intenzioni il caso Schwazer era una specie di apologo che poteva anche essere letto come un barlume di speranza che le cose possano, anche se molto lentamente, cambiare. Andare forte senza doping si può, lo hanno dimostrato tantissimi atleti nel passato, per sapere quali leggete il libro di Donati che continuo caldamente a consigliarvi. La strada per eccellere è però estremamente più dura e impervia di quella che propone il doping, classica scorciatoia senza fatica che conduce al risultato immediato. Non solo, ma presuppone che il binomio allenatore-atleta sia di elevatissimo livello. Come potrebbe dunque uno come me essere a favore della legalizzazione del doping, quando se per incanto il doping sparisse verrebbero a galla i veri valori, sia di talento che di applicazione e duro lavoro, favorendo dunque il merito più puro? Chiaro, in questo modo lo sport sarebbe molto, ma molto meno equilibrato di quanto non lo sia ora, quando ogni tacchino con la pozione e le coperture giuste può ambire a diventare aquila. E forse qui casca un asinello: la gente oggigiorno vuole vedere equilibrio e lotta, per cui se in una competizione i valori fossero tali che si saprebbe in anticipo chi andrebbe a vincere l’interesse diminuirebbe di certo. Per cui bisognerebbe innanzi tutto creare una vera cultura avversa al doping, cosa che si potrebbe fare, anche se lentamente, se tutti i media remassero nella stessa direzione. Sono 45 anni che lavoro in TV e dunque so per certo che, volendo, si può passare il messaggio che si vuole, e non occorre neanche essere maghi della comunicazione né essere nel 1984 di Orwell, basta per esempio cancellarla dalla realtà virtuale, in soldoni basta non parlarne più, che una cosa finisce letteralmente di esistere e di rimanere nella memoria collettiva. Ogni riferimento alla glorificazione postuma di Marco Pantani, per me indice perfetto della cultura del doping che esiste dalle nostre parti, è perfettamente voluto (detto per inciso, un altro la cui storia puzza lontano un miglio di quello che è stato punito per averla fatta fuori dal vaso, con ciò creando un caso umano straziante). O uno come Basso: bravo ragazzo, lo ha ammesso di avere frequentato quel clamoroso Frankenstein di Fuentes,, ma di un suo vero e sincero pentimento, della serie non lo farò mai più, non l’ho letto da nessuna parte. Eppure è stato perdonato e ora è una specie di guru per le giovani generazioni. Mentre se esistesse una vera cultura avversa al doping semplicemente non esisterebbe più come personaggio pubblico. I media potrebbero fare come hanno fatto in America quando hanno deciso di combattere pubblicamente il vizio del fumo. Di colpo nei film e in TV la gente non fumava più e, se lo faceva, era sempre in situazioni per le quali allo spettatore veniva automaticamente un’ avversione per il personaggio. Col tempo è passato il messaggio che fumare è cosa da disperati o da scemi suicidi, per cui la gente nella stragrande maggioranza ha smesso. Poi, come spesso accade, sono andati anche troppo avanti nella demonizzazione, ma tutto sommato questo è un discorso che con quanto detto non c’entra. Ecco, col doping bisognerebbe fare lo stesso: doparsi è brutto, è stupido, se ti dopi sei un minorato perché non hai coglioni per lavorare sul serio, insomma una cosa del genere. Detto brutalmente: non sei un debole che sbaglia e può venire perdonato, ma un semplice truffatore criminale che merita tutto il disprezzo possibile.
Nella trepida, ma ho paura vana, attesa che si crei un humus del genere nell’opinione pubblica che sarebbe il miglior antidoping possibile si potrebbero fare comunque tante cose. In breve penso che, anche alla luce della fotografia che vi ho esposto la volta scorsa, le cose da fare sarebbero essenzialmente due: a) considerare il doping una droga come le altre e agire di conseguenza, dunque istituire Enti indipendenti da qualsiasi potere sportivo che avrebbero, oltre ai pieni poteri di poter controllare chiunque quando e dove (cioè in qualsiasi Stato anche estero si trovi) lo ritenessero utile e opportuno, anche poteri di sanzioni penali. Cioè un dopato finirebbe immediatamente nelle mani della giustizia ordinaria che lo tratterebbe e lo sanzionerebbe come un drogato qualsiasi. Va da sé che in questo caso gli spacciatori e i fiancheggiatori sarebbero puniti anche più duramente dei colpevoli stessi. Cosa che dovrebbe essere santa e giusta. E b) istituire immediatamente un controllo sovra nazionale sulle multinazionali del farmaco che non potrebbero produrre sostanze usabili come doping, tipo l’EPO o gli steroidi, in quantità maggiore di quanto una Commissione internazionale stabilirebbe sia la quantità giusta per fini medici, o se le producessero in eccesso dovrebbero spiegare e giustificare questa produzione indicando dettagliatamente a chi è stata consegnata. Chiaro che questa seconda condizione, con i poteri sconfinati di lobby che hanno quelle che io reputo le industrie più abiette e disumane che ci siano, in quanto speculano e fanno profitti giganteschi su quanto di più sacro ci sia, la salute, diritto inalienabile di ogni essere umano (io dico spesso agli amici che, se fossi terrorista, studierei con voluttà un piano per radere al suolo la Monsanto e, una volta fatta franca, passerei alle varie Glaxo, Pfizer, Novartis…), è piuttosto utopica. Però sarebbe l’unico metodo. Altri non ne vedo. Se queste condizioni non saranno realizzate allora tutti i discorsi altisonanti sulla lotta senza quartiere al doping rimarranno quello che sono adesso, favolette per abbindolare i gonzi.