Comunicazione di servizio: l’idea sarebbe di fare la sconvenscion nel fine settimana che finisce con domenica 10 (mi sembra) di luglio. Se a qualcuno interessa (penso di sì, almeno ai fedelissimi) si tenga libero per quel weekend.

Su Michael Jordan rimango in modo ferreo su quanto ho scritto nel post precedente. Negli anni ’90 a Capodistria avevamo i diritti dell’NBA e dunque facevo le telecronache di tutte le partite, una per settimana di regular season più tutte le partite più importanti delle serie di playoff, per documentarmi ovviamente guardavo l’NBA dove potevo, e inoltre ogni settimana curavo la versione per TV Capodistria del magazine dell’NBA (traduzione e doppiaggio, in sintesi), per cui non accetto proprio da nessuno che mi spieghi come giocasse Michael Jordan.

Possiamo essere di opinioni diverse perché evidentemente abbiamo visto le stesse immagini, ma altre partite, ma sono certo di avere tutti gli elementi per descrivere quello che è stato Michael Jordan. La partita che giocò dopo aver vomitato e evacuato tutta la notte la commentai, e vi posso assicurare che fece cose inumane, i passaggi decisivi, uno a Kerr e uno a Paxson, che decisero direttamente le rispettive serie li commentai pure quelli, l’azione che mise a sedere Bryon Russell per il canestro della vittoria (dopo che nell’azione precedente aveva rubato palla a Karl Malone andando a segnare) la commentai pure quella, per cui per favore, se volete parlarmi di Jordan, cambiate argomento. Che tirasse sempre nei primi anni di Chicago mi sembra talmente ovvio che non ha bisogno di alcun commento. Vi ricordate che squadra era Chicago prima che arrivasse Jordan? Era peggio di Philadelphia adesso (oddio, è impossibile, ma è per rendere l’idea e per mettere le mani avanti nel caso che qualche fanatico di statistiche mi dimostri, numeri alla mano, che non è vero). Per cui di grazia chi poteva segnare se non lui? O segnava lui o gli altri se la davano in faccia. Fate comunque le vostre ricerche e ditemi il saldo W-L di Chicago nelle stagioni pre-Jordan e in quelle successive.

Specialista. Forse mi sono spiegato male, perché l’obiezione principale che viene a questa mia definizione è del tutto fuori bersaglio rispetto a quanto volevo dire. Il torto maggiore l’ho fatto sicuramente a quel giocatore leggendario e irripetibile che fu Kareem Jabbar. Dicendo che era uno specialista volevo dire semplicemente che era un centro, che per tutta la vita ha giocato centro e che non avrebbe potuto mai giocare in nessun altro ruolo. Questo intendevo per specialista. Come intendevo anche che, per quanto fosse magari un leader carismatico in spogliatoio (Buffon fa in campo il portiere, ruolo che più specialistico non esiste, però che sia il big boss dello spogliatoio, quello che quando parla riduce al silenzio tutti quanti gli altri, della Juve e della Nazionale mi sembra che nessuno lo possa negare), in campo era, appunto, uno specialista che espletava nel modo migliore possibile che mai sia stato fatto nella storia il ruolo assegnatogli, ma che non aveva in mano la squadra dal punto di vista tecnico, cosa che era invece demandata a Magic. Mi fa pensare e mi preoccupa che la gente, visti i cessi di oggidì, si meravigli che Jabbar vedesse anche il gioco, che passasse la palla in modo divino, che facesse sempre le cose giuste. Nessuno vieta a un pivot di sapere anche giocare a basket, anzi sarebbe auspicabile che tutti lo sapessero fare. Il problema di oggidì è che si pensa che il pivot sia quello che in campo fa i blocchi, che va a rimbalzo per il tapin e che in difesa stoppa. E che questo basti per farne un grande (ogni riferimento a Howard è ovviamente pienamente voluto). Sindrome Shaq, evidentemente. Che dominava grazie alla forza bruta e al fatto di avere un corpo (e anche una mente molto, ma molto più sveglia di quanto sembrasse a vederlo in faccia) perfettamente coordinato per la sua corporatura disumana, ma che in fatto di basket mai ha saputo giocarlo. Vi immaginate cosa sarebbe stato se avesse avuto anche tiro e avesse saputo passare la palla? Precisazione: per passare la palla intendo fare un assist inatteso o comunque leggere la situazione in tempo reale per servire al meglio il compagno più libero.

Lo stesso vale ovviamente anche per Curry che dal mio punto di vista è il classico 2, la guardia tiratrice. Che sappia passare anche la palla quando arrivano in quattro su di lui mi sembra il minimissimo che si possa pretendere da una stella acclarata e che, sempre perché è una stella, sappia anche destreggiarsi alla meglio quando si avventura nelle sue funamboliche entrate in mischia. Onestamente: ci mancherebbe altro che non lo sapesse fare. Da un 2 si pretende esattamente questo. Ora lui è velocissimo, in entrata ha movimenti talmente veloci che frega sul tempo gli avversari, tira da otto metri segnando avendo una mano fatata, però sempre un 2 rimane. Straordinario, forse il miglior 2 della storia, ma sempre un 2. E, ricordatevi, i 2 non sono mai quelli che danno il tono al gioco di squadra. Loro segnano tanto e fanno vincere la squadra quando è il gioco di squadra a metterli in condizione di farlo. Se non c’è il gioco di squadra loro potranno vincere singole partite con prove monstre, ma sarà sempre difficile che vincano le serie. Da soli, intendo. Mentre Bird, Magic e MJ le serie le vincevano in prima persona facendo, appunto, in modo che tutta la squadra giocasse al meglio assoluto delle sue possibilità. Per tutta la serie, per tutto il campionato, sempre insomma.

Visto che non ho visto neanche un minuto della serie finale e che so solamente che ha vinto Lebron, dell’NBA mi sembra che proprio non possa dire altro. Oddio, ho letto i tabellini e qualche idea me la sono fatta. Fra l’altro ho visto (dopo) il tiro da tre decisivo di Irving, ho visto anche che nella serie finale ha segnato una caterva di punti, come giocatore mi è piaciuto tantissimo durante gli ultimi mondiali, mi ricordo che l’anno scorso la finale non l’ha giocata, per cui, sommando questi flebili indizi mi verrebbe da pensare che forse la serie più che James l’abbia vinta lui. Per favore comunque dimenticate subito e per favore non commentate quanto ho appena detto, perché l’ultima cosa che vorrei fare è entrare in polemica con gli adoratori del Prescelto. Avreste anche tutte le ragioni di questo mondo perché, come detto, di questa serie non ho visto niente, mentre ovviamente voi avete visto tutto. E dunque sono dalla parte del torto per definizione. Per cui, ufficialmente, peana a Lebron James e chi vuole celebrarlo come il più grande giocatore di tutti i tempi lo faccia pure. Io no, ovviamente. I tabellini dell’ultima partita mi dicono anche che, di fronte a una grande partita di Green i due fenomeni di Golden State hanno fatto cilecca, per cui altri miei sospetti vengono corroborati da un minuscolo mattoncino, quello che cioè mi conferma un tantino la mia vaga supposizione che i grandi successi di Golden State siano dovuti più che altro al grande lavoro di collante che fa il suddetto Green, giocatore che, per come viene percepita l’NBA di oggi, viene clamorosamente snobbato, mentre è invece uno di quei giocatori che fanno il vero lavoro per cui le stelle possono poi rifulgere. Comunque dimenticate anche questo e non commentatelo, per favore, vi imploro, perché sono sicuro che quanto appena detto avrà suscitato un moto inconsulto di rivolta in tutti coloro che dell’NBA vedono esclusivamente la superficie senza fare un minimo sforzo di tentare di scoprire cosa ci sia dentro. Di veramente importante. Cioè di quello che, come dicevo prima, fa vincere le serie invece delle singole partite.

Sul campionato italiano da dire solo che è finito come supponevo finisse dopo aver visto le prime due partite, per quanto poi nelle prime due partite di Reggio Emilia sembrava che dovesse essere una serie più equilibrata. Nel basket però vigono regole ferree, una delle quali recita che chi domina i tabelloni e ha comunque una schiacciante superiorità fisica alla fine vince inevitabilmente. Avete scritto che Reggio ha giocato male. Non sono ovviamente per nulla d’accordo. Ha giocato come gli avversari l’hanno lasciata fare. Quando questi in difesa riescono a far prevalere la superiorità fisica di cui sopra cacciandoti a otto metri dal canestro, o indovini giornate nelle quali ti entra tutto o, materialmente, non hai alcuna arma che ti permetta di fare canestro. E giornate continue di tiro micidiale non ne hanno neanche i due fenomeni di Golden State, figuriamoci Della Valle e Aradori (giocatori comunque bravissimi che a me piacciono molto). E, infine, i due lituanosauri (ai quali sarebbe da aggiungere anche il belorussosauro, giocatore che per acciacchi vari e continui ha reso solamente al 30% delle sue capacità) come li avete chiamati con una definizione molto calzante, dopo le serie con Sassari e Avellino (non dimentichiamolo, per favore: Reggio per arrivare in finale ha avuto un cammino molto più arduo dei milanesi di fronte anche a una rotazione nettamente inferiore con infortuni vari – per quanto possa essere discusso Stefano Gentile avrebbe potuto dare ben più di una mano), sono arrivati in fondo semplicemente senza benzina. Tutto qua. Molto semplice, secondo me. Del resto non ci si può spiegare altrimenti come abbia potuto vincere una squadra che in realtà ha giocato un basket di valore che eufemisticamente si potrebbe definire dubbio e che ha dato l’impressione in ogni partita di improvvisare a ogni azione senza che si riuscisse mai a capire cosa volesse effettivamente fare in senso puramente strategico, di piano partita intendo.

Non sono più tanto appassionato di basket da cercare furiosamente fra i canali qualche partita da vedere, per cui mi sta sfuggendo la serie finale del campionato spagnolo. Anche perché la scorsa settimana ho trascorso quattro giorni in trasferta da “esperto” di basket, una a Udine assieme a Dan Peterson (fatevi spiegare da lui cosa ne pensa dell’NBA attuale) e Nicolò Trigari, ragazzo veramente bravo (e soprattutto con grandi margini di miglioramento vista la sua intelligenza e la sua umiltà) che sta facendo un eccellente lavoro con l’A-2 o come diavolo si chiama, e tre a Vittorio Veneto con cari amici che ogni tanto mi ospitano come se fossi chissà chi. Mi sembra che abbiate visto un Navarro in grande spolvero. Ora: l’anno scorso MVP all’unanimità degli Europei Pau Gasol, 35 anni, il suo coetaneo Navarro è ancora decisivo per il Barca con tutti i suoi continui acciacchi, in Italia Reggio Emilia arriva in finale di playoff con due lituani che hanno 77 anni in due, in tutte le serie, da Brescia in A-2 a Udine in B-1, per dire delle realtà che conosco un po’ di più, per vincere qualcosa bisogna ricorrere all’apporto decisivo di vecchietti che si reggono a malapena in piedi. Supponendo che quando erano giovani fossero ben più produttivi atleticamente e constatando che soprattutto nelle leghe inferiori italiane gli attuali gerontocrati non erano proprio fulmini di guerra quando erano giovani, ma bravi e onesti giocatori e ben poco di più, uno potrebbe anche arrivare alla blasfema conclusione che il basket odierno sia in realtà ben più scarso di quello di una quindicina di anni fa. Voi mi dite che le magnifiche sorti progressive sono in marcia inarrestabile. Mi dispiace, ma non ci credo assolutamente per niente.