Certo che ce la state mettendo tutta per farmi definitivamente smettere di esternare le mie opinioni su questo sito. Ho già detto tantissime volte che sono un pigro e non mi piace lavorare, soprattutto se lo faccio gratis. Posso fare un’eccezione se mi diverto, ma se non mi diverto più, chi me lo fa fare?

Va bene, provo a continuare, anche se di malavoglia. Anche perché sta avvicinandosi uno dei momenti che di solito mi fanno ricredere sui tetri propositi di cui sopra, leggi la promessa sconvenscion settembrina che, nulla osta della mia Redazione a parte, vorrei fare sabato prossimo 26 a Boljunec – Bagnoli della Rosandra (certo che erano immaginifici nel ventennio nell’inventare nomi roboanti per paesotti sloveni che dovevano essere italianizzati per forza, vedi per esempio il capoluogo del comune, Dolina, in sloveno pedestremente valle, che diventò San Dorligo della Valle, un santo fra l’altro che sembra non esista proprio) in un’osmica che apre questa settimana e che Vremec mi assicura che è molto buona.

 

Allora: proprio a me venite a dire che l’applicazione, la tenacia, il fanatismo, il collettivo e la capacità di starci dentro e di esaltarlo con le proprie capacità individuali sono il fondamento imprescindibile per ogni gioco di squadra? A me, maledizione! A uno che tempo fa, in una serie di post (Edoardo, aiutami!) ebbe un lungo diverbio con i suoi lettori quando disse più volte fino all’esaurimento psicofisico che per lui dire “ha talento, ma non ha testa” è un ossimoro della più bell’acqua, in quanto per primissima cosa bisogna avere testa, cuore e palle e solo assodata la presenza di queste doti si può appena cominciare a parlare di talento. Allora mi venite a dire che avete goduto quando i lituani hanno messo in mostra tutte queste doti, alla faccia del tenutario (parola scelta apposta) di questo blog che invece esalta tutt’altre cose. Mi sono cadute le braccia, per non dire che in effetti mi si sono staccati i coglioni (scusate, ma quando ci vuole, ci vuole). E’ proprio nel solco di questa mia radicata convinzione che ho detto, e lo ripeterò più volte, che essendo io un estremista in proposito – e che dunque non potrà mai fare il coach di una squadra di vertice qualsiasi, essendo la paraculaggine (scusate la mia volgarità odierna, ma a volte le cose bisogna dirle fuori dai denti) una dote totalmente assente nel mio quadro di valori – semplicemente Bargnani non l’avrei convocato proprio per l’assenza totale di almeno due delle doti che io considero imprescindibili. E dunque per mettere in chiaro un equivoco: non è assolutamente vero che io dico che avrei preso Cervi al posto di Bargnani. L’affermazione di fondo è che Bargnani non l’avrei convocato. Punto. A questo punto rimane vuoto un posto nel roster dei dodici che avrei riempito con Cervi per dare qualche minuto di riposo a Cusin o a Gallinari, che nella mia megalomane supponenza pensavo potesse giocare per qualche minuto da cinque in un quintetto di cavalleria leggera, un po’ quello che ha fatto ieri per la Lituania quel tenente degli ussari barbuto che mi sembra risponda al nome di Kavaliauskas (ovviamente seguivo la partita con l’audio sugli effetti, per cui non è che sia particolarmente informato) che non mi direte sia un giocatore tanto superiore a Cervi. 

Adesso Kauzlauskas, che ha vinto la partita con un’applicazione fanatica e commovente dei suoi giocatori, ognuno dei quali ha dato molto di più di quello che si reputava potesse dare (che ci sia qualche correlazione con il fatto che al coach lituano non sia passato neanche per la mente di convocare Kleiza?), è un genio mentre Đorđević è un idiota e i serbi hanno giocato con la puzza sotto il naso. Conclusione questa di estrazione calcistica basata sul mero risultato finale che rifiuto totalmente, classico ragionamento da »result merchant”, come dicono gli inglesi.

Allora proviamo a rivivere la partita mettendoci nei panni di Đorđević. Strategia elementare da campetto (»quello loro forte lo tieni tu e lo segui fino allo spogliatoio«) impone che in ogni piano partita si pensi per prima cosa a cosa fare per limitare i punti forti degli avversari. La Lituania, pur molto più modesta che in passato, ha l'asse classica del basket ben definita con Kalnietis e Valančiunas. Ora al coach serbo si propone il dilemma già affrontato contro la Cechia. Kalnietis posso limitarlo, Valančiunas molto meno, per cui è solo logico riproporre la stessa cosa, cioè approntare una staffetta di mastini su Kalnietis formata da Markovič, Kalinić e Nedović, sperando nel contempo di limitare il loro centro con accorgimenti ad hoc, ma soprattutto facendo in modo che non possa essere rifornito di palloni utili, e in ciò l'asfissiante marcatura su Kalnietis è decisiva, e, se ci massacra, peste. In questo quadro dove metto Teodosić, che in attacco è fondamentale? L'unica è metterlo su Seibutis e sperare in Dio. Ovviamente dall'altra parte i lituani fanno lo stesso ragionamento, per cui sanno perfettamente che l’uomo che si troverà di fronte Teodosić sarà fondamentale che sappia sfruttare le carenze difensive del play serbo con continue percussioni e penetrazioni (cosa che ha poi fatto perfettamente), non solo, ma sanno anche che i serbi hanno visto la partita contro l’Italia, nella quale i lituani hanno tirato indisturbati da tre, e sanno che  giocheranno una difesa molto perimetrale, per cui sarà importantissimo che le loro ali, segnatamente Mačiulis e Kuzminskas e in minor parte Jankunas, facciano i martelli con continue penetrazioni nelle quali far valere le loro maggiori doti fisiche rispetto ai corrispettivi serbi, mettendo così sotto pressione soprattutto Bjelica, con ciò ottenendo anche l’effetto collaterale di farlo lavorare come un pazzo in difesa (tenere il proprio uomo e contemporaneamente aiutare su Valančiunas) e dunque di togliergli lucidità in attacco. Dal canto suo anche Đorđevič sa quello che sanno i lituani, ma non è che possa farci granché se non sperare di tamponarli in qualche modo, ma soprattutto sperare che il suo attacco sopperisca a questa obiettiva inferiorità difensiva. A questo punto gli si presenta il classico problema della coperta corta. Sa benissimo che i lituani proveranno in tutti i modi a limitare i suoi due cervelli in attacco, Teodosić e Bjelica, e in questo modo sicuramente battezzeranno alcuni dei suoi giocatori che a questo punto dovranno diventare decisivi. Chi possono essere? Ovviamente Bogdanović e Erceg. I quali però toppano la partita clamorosamente. Che non fosse serata per i serbi mi è venuto subito il sospetto quando sulla prima palla che ha avuto in mano Erceg, totalmente solo, uno che aveva fatto tipo 6 su 6 contro la Finlandia e 6 su 7 da tre, ripeto tipo, contro la Cechia, esita prima di tirare per contratto, proprio perché doveva farlo e non perché se la sentisse, ovviamente sbagliando. Per non parlare di Bogdanović: sintomatica un'azione del secondo tempo quando i lituani chiudono Teodosić con un raddoppio sulla linea laterale, Teodosić riesce miracolosamente a far uscire la palla che arriva in angolo per Bogdanović che totalmente solo cicca la tripla. Per non parlare di successivi tiri a capocchia che non arrivano neppure al ferro. E quando il punto cardine della tua strategia va a farsi benedire, in realtà rimani senza risorse. Chi farà canestro? Raduljica? E come, quando ha di fronte una montagna umana, aiutata fra l’altro da chiusure difensive continue da parte di uomini che lasciano stare i loro uomini dopo essersi accertati che avevano le polveri bagnate? Speri nelle invenzioni di Teodosić? Sì, ma allora i lituani lo martellano in difesa e bisogna dunque di volta in volta vedere se i benefici di averlo in attacco sono maggiori dei danni che subisci in difesa e, a giudicare dalle migliaia di volte che Teodosić ha fatto lo yo-yo fra campo e panchina, verrebbe da concludere che il coach abbia più propeso per i maggiori danni. E allora che armi ti rimangono? Poche tecnico- strategico- tattiche. Devi solo sperare che i lituani non tengano il ritmo fino in fondo e che in qualche modo riesci a mandarli fuori giri. Decisivi pochi minuti nel terzo quarto: i serbi finalmente approfittano di un passaggio a vuoto dei lituani, vanno in vantaggio, sulla rimessa Bjelica ruba palla per l’assist a Marković per il più tre, e sul successivo attacco lituano recuperano la palla dopo un grande sforzo difensivo. Inerzia totalmente ribaltata, salvo che sull’attacco serbo successivo Kuzmić, purtroppo in quel momento in campo, commette una colossale puttanata regalando la palla ai lituani che segnano poi con un provvidenziale tapin di Kuzminskas. Il quale, se guardate la partita, è stato più che decisivo: ognuno dei suoi canestri, segnatamente un intercetto sotto canestro avversario nel finale quando i serbi stavano recuperando palla dopo una difesa spasmodica, è stato un chiodo in più nella bara serba.

Ecco, penso che per giudicare una partita bisogni ogni volta fare un ragionamento articolato del genere. Poi le letture sono diverse, ma, per dire così, la metodologia deve essere questa. Poi, ma solo dopo un’analisi di questo tipo, si può parlare quanto si vuole.

PS: la storia di Fučka è talmente piena di riferimenti privati e famigliari che ovviamente di divulgarla non mi sogno neppure.