Vi ringrazio veramente per la quantità e la qualità dei commenti al mio ultimo post. Avete affrontato argomenti disparati, ma tutti di grande interesse, per cui permettetemi di esprimere anche le mie opinioni in merito.
Capitolo basket, cominciando con la Coppa Italia. Aneddoto, anzi due: mi telefona Franz, chiacchieriamo in lungo e in largo sul famoso giorno della memoria (minuscole volute) del 10 febbraio e sulla strumentalizzazione di parte che si fa in Italia di tutta la vicenda con fattuali fake news, o se volete clamorose distorsioni storiche che sono però diventate purtroppo ormai vulgata accettata da tutti, e alla fine mi dice: “Ma guarderai Trieste contro Trento!” “Certo” “Bene, così poi mi dirai cosa ne pensi”. Poi mi metto d’accordo con mio fratello e mia cognata per andare a mangiare velocemente una pizza a Sežana per poi tornare in tempo per vedere la partita di Trieste, in quanto mio fratello ha scoperto che la si può vedere anche in chiaro su DMax. Bene: fatto tutto, torno a casa, accendo la TV e guardo la partita…per cinque minuti di orologio. Vedo esattamente quello che ha visto Roda (ha scritto tutto lui, non c’è nulla da aggiungere), comincio a imprecare furiosamente e mi dico mai più! Poi per curiosità guardo anche il finale, vedo che perfino Ruzzier, persona seria se ce ne è una in quella squadra (per esempio Candussi, ragazzo che conosco da piccolo e che vi garantisco è nella vita un vero cranio, pensa che con 214 l’unica cosa utile per lui sia tirare da tre punti, per cui per me come giocatore di basket non lo considero per principio), è andato fuori di testa e il mai più diventa sempre più convinto.
Dopo questo scempio totale, l’antibasket come non me lo sarei mai immaginato nei miei incubi giovanili, mi sono messo seriamente a riflettere sui massimi sistemi, chiedendomi se sono io che ho deragliato, o se è successo che attorno a me (e a qualcun altro, ed è l’unica cosa che ancora mi consola) il mondo è impazzito. Onestamente mi sembra di vivere in un mondo virtuale nel quale sono atterrato da qualche altra galassia e che secondo le mie abitudini si muove esattamente al contrario di quanto dovrebbe fare secondo i miei canoni. Per esempio secondo i miei canoni e secondo ogni logica che posso concepire lo scopo di ogni attacco dovrebbe essere quello di arrivare al tiro possibilmente di più alta percentuale che esiste e che è ovviamente quello sotto canestro. Una volta che la difesa ti impedisce di farlo esiste la seconda, ripeto seconda e mai prima, opzione che consiste nel tiro da fuori che per ragioni totalmente esoteriche vale un punto in più. Il quale punto in più ha portato allo stravolgimento di questa logica elementare convincendo gli esegeti del basket “moderno” che il tiro da tre è il fondamento di ogni attacco. Ora capisco che possa esistere questo ribaltamento fra causa e effetto se è a sua volta logico, per quanto stravolto nelle fondamenta. Ossia se, una volta che ho fatto male alla difesa con il tiro da tre (che però deve essere segnato, cosa tutt’altro che scontata rispetto a quanto dovrebbe essere per il tiro da sotto) costringendola a una difesa perimetrale, comincio a martellarla con tagli sotto per farla ritornare a chiudere gli spazi in area. E invece no: il pitturato rimane una prateria del vecchio west e l’attacco vuole sempre e comunque trovare un tiro da tre. Cosa secondo me semplicemente imbecille, per non dire totalmente demenziale. Che nessuno, ma proprio nessuno, capisca questa cosa mi sembra surreale. Pazienza i giocatori che penetrano in area guardando dappertutto meno che verso il canestro anche quando sono soli (incredibilmente per il basket moderno a noi insegnavano che, quando hai la palla, la primissima cosa che fai è guardare verso il canestro per capire se magari puoi andare a segnare da sotto), ma la cosa che mi rende furioso è la mancanza completa di una sola vaga idea che è compito primario di ogni attacco portare la palla in punta dell’area per mettere di fronte la difesa al dilemma fondamentale: con chi andare a marcare uno che occupa il posto del numero quattro canonico, e cioè il vertice della lunetta sulla linea del tiro libero. Se cioè andare a marcarlo con uno che arriva da dietro permettendo così un semplice movimento alto-basso o richiamare un difensore dal lato debole permettendo a questo punto una veloce riapertura a un tiratore solo sul perimetro. E se non viene nessuno, allora l’uomo in lunetta, posto che si ricordi di guardare verso il canestro, oggidì una cosa che pochissimi, se non nessuno, fanno, ha tutto l’agio di tirare un semplice tiro libero che invece di uno vale due punti. Che a nessuno dovrebbero fare schifo, sempre secondo i miei canoni. Ma il mio senso di estraniamento non si ferma qui. Anzi. La cosa che mi agghiaccia è sentire i commentatori tecnici che, non solo non rimarcano come questo semplicissimo tiro sarebbe da prendere sempre, per semplice default, ma addirittura mettono in dubbio che, se uno ogni tanto (incredibilmente per me che guardo con tanto di standing ovation) lo prende, sia stata la cosa giusta e se non fosse stato meglio riaprire verso qualcuno in angolo per il tiro da tre (che, ripeto, bisogna segnare, ma la cosa viene data per scontata nel basket “moderno”). Il che mi fa pensare che la perversa controcultura del tiro da tre a tutti i costi abbia ormai contagiato tutti, anche gente che ero sicuro fosse esperta del vero basket, almeno per come lo vedo io.
E già che ci siamo vorrei a questo punto togliermi qualche sassolino dalla scarpa in merito proprio alle telecronache stesse. Onestamente ne ho già stracolme le tasche dell’inevitabile: “l’arbitro ha fischiato il fallo (o non ha fischiato) e XY si lamenta per il fischio (o non fischio)”. E’ una stucchevole e totalmente irrilevante constatazione. Non esiste sport arbitrato nel quale la vittima del fischio non si lamenti. Basta! Ripeto, è una totale non-notizia. Mentre il telecronista dovrebbe sempre e comunque fornire notizie rilevanti per aiutare lo spettatore a farsi un’idea di quanto succede in campo. E la lamentela del giocatore, o tecnico, è talmente scontata sempre e comunque che è perfettamente inutile rimarcarla. Altra cosa che mi ha ormai stufato a morte: il commento sul replay del fischio arbitrale in merito a un fallo fischiato. Intanto il replay è a velocità inferiore rispetto a quella reale nella quale il contatto è avvenuto, dunque è un’altra cosa in sé e per sé. Ma non è questo il punto: il punto è che in ogni contatto, come in ogni scontro che avviene per strada, la norma, a parte casi rarissimi, è comunque un concorso di colpa che a volte può essere anche tipo fifty-fifty. Per cui, qualsiasi cosa l’arbitro abbia fischiato, ci sarà sempre e comunque la possibilità di dimostrare che anche l’altro protagonista un po’ di colpa ce l’ha avuta. A questo punto perché, di grazia, non è più possibile ritornare alla semplice constatazione che “fallo è quando arbitro fischia?” e smetterla di spaccare di continuo tanto il capello in quattro che di converso anche gli zebedei di chi guarda?
E ancora, al volo. Quando più di mezzo secolo fa (letteralmente, ahimè) feci il mio corso per allenatori mi spiegarono che il fallo di sfondamento esiste se e solo se il difensore è perfettamente fermo e immobile, non solo, ma deve esserlo per il tempo necessario affinché l’attaccante abbia il tempo per cambiare direzione. Altrimenti è sempre fallo per la difesa e dunque qualsiasi tipo di discorso “petto contro spalla” lascia letteralmente esattamente tutto il tempo che trova. Hanno forse cambiato le regole nel frattempo? Probabilmente sì, visto che la tendenza è oggigiorno quella tipicamente italiana di “interpretare” le regole. Che in ogni paese civile, in ogni campo, sono volutamente chiare e semplici e dunque possono semplicemente essere applicate invece che “interpretate”. Il caso della caotica deriva presa dal calcio in Italia è molto significativo. A proposito, amici di Bologna che vi interessate di calcio, avete tutta la mia comprensione e compassione.
Sull’esito tecnico della Coppa Italia vi rimando al commento di Andriz che condivido in pieno. Dell’ultima finestra delle qualificazioni europee non credo che valga la pena di dire molto, se non che il Poz ha secondo me indovinato in pieno la squadra da schierare per vedere chi fra i ragazzi che in Italia non giocano mai (il caso di Bortolani per me continua a gridare vendetta) ha i numeri per essere utile in futuro. Secondo me ce ne sono di molto interessanti. Però nei club non giocano. Il che è l’ennesima prova che tutto il settore tecnico in Italia andrebbe rivoltato come un calzino. Personalmente sono altresì contento che anche la Slovenia abbia dimostrato nelle ultime due partite di avere giovani molto bravi che, guarda caso, arrivano dal Krka e ben pochi dall’Olimpija. Il che lascia molto da pensare. Che anche il settore tecnico sloveno stia andando sull’esiziale via di quello italiano? Spero vivamente di no. Sull’eliminazione della Croazia ha detto tutto Boki. E per finire con il basket la vicenda Dončić continua a essere sempre più un mistero che spero prima o poi venga risolto, anche se devo dare ragione a Llandre che in tutta questa vicenda di sportivo c’è ben poco, se non proprio niente. Devo però aggiungere da inguaribile romantico che l’abbraccio finale fra Luka e Kyrie dopo la partita di stanotte mi è sembrato abbastanza genuino, per cui forse esistono ancora tracce di sentimenti anche nell’NBA attuale.
Per finire qualcosa sulla vicenda Sinner, anche per commentare quanto scritto da Cicciobrutto che si pone domande alle quali è oggettivamente difficile rispondere. In sostanza: perché mai la WADA ha messo in piedi una simile sceneggiata, se poi è finito tutto a tarallucci e vino? Per me la risposta è semplice, terra terra: per salvare in qualche modo la faccia e dimostrare che esiste ancora. Dopo la figuraccia fatta a Soči con i russi che in puro stile KGB si sono dopati come babbuini senza che nessuno scoprisse niente (? – come può essere possibile? Forse il KGB ha lavorato molto più in profondo di quanto si possa immaginare – figurarsi! Per gente capace di mettere due volte un proprio uomo alla Casa Bianca deve essere stato come rubare in chiesa) la WADA ha perso ogni credibilità e ora deve dimostrare di esserci ancora. Un po’ come la NATO. Il problema in questo caso era che Sinner era palesemente moralmente del tutto innocente (uno con la sua testa e il suo background culturale vi sembra logico che assuma dosi del tutto microscopiche senza alcun effetto reale di una sostanza proibita?), però la sostanza era stata effettivamente trovata e dunque loro “dovevano” intervenire “per mantenere la coerenza anche nei confronti dei campioni e non solo verso le mezze calzette”. Onestamente tutta la vicenda mi è parsa una straordinaria pagliacciata nella quale tutti erano d’accordo già da molto tempo su come sarebbe andata a finire e, infatti, guarda un po’ il caso, vedi un po’ la fortunata coincidenza, il periodo di “squalifica” di Sinner è cominciato dopo il primo Slam dell’anno e finirà proprio a ridosso degli Internazionali di Roma.