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Giornata sicuramente imperniata sul nuoto, quella di ieri. Oddio, c'erano in programma tantissimi altri sport, ma onestamente, a parte la medaglia dello sparatore italiano (come diceva Brera? Per ragioni storiche è solo normale che gli italiani siano forti col "cutieddu e lupara", leggi scherma e tiro), ci sono stati pochi spunti per lo spettatore medio, fra i quali mi pongo di diritto.

Parlo dunque di nuoto. Straordinario Agnel, portabandiera del nuoto europeo alla riscossa. A vederlo sembra il fratello di Lemaitre (pensateci e ditemi se non è vero). Stessa struttura fisica, stessi lineamenti da celtico da mandare in brodo di giuggiole Borghezio che tanto vorrebbe che anche i suoi immaginari padani fossero così. (Piccola riflessione storica: basta leggere qualsiasi Bignami storico per capire subito che con le invasioni che ci sono state in Italia negli ultimi 17 secoli parlare di razze pure in una qualsiasi delle regioni italiche è ridicolo). Mentre Lacourt, che ha lo stesso talento, sembra invece il classico tombeur de femmes latino, e probabilmente anche lo è, visto che negli ultimi due anni è regredito di stagione in stagione. Sarà anche protorazzismo, ma io in queste cose un po' lombrosiane in qualche misura ci credo. Non uccidetemi per questo, per favore, oppure se già dovete farlo mirate al cuore e risparmiate la faccia. A proposito di francesi, che sono incredibilmente diventati la vera superpotenza europea (dove sono i tedeschi? E i russi?), io per stasera avrei una paura tremenda della Muffat, più che delle due americane in chiave Pellegrini che, mi sa, molto più di un posto sul podio (speriamo) non dovrebbe poter pretendere. Della Franklin (chi segue i miei blog ricorderà che ne parlavo in termini entusiastici già l'anno scorso dopo Shanghai) mi è piaciuto il grande spirito di vincente sul quale del resto c'erano ben pochi dubbi ed anche il fatto che, per quanto sia ormai una stella mediatica, e lo si vede da come si mette affettatamente in posa ai fotografi, abbia palesato una sincera commozione sul podio. Uno non può tremare tutto a comando se non prova un'emozione sincera. Dunque la ragazza sotto sotto è ancora vera.

Capitolo Meliutyte che ha l'unico difetto di essere lituana e di aver battuto le americane, perché se fosse il contrario gli americani starebbero già furiosamente scrivendo la sceneggiatura per un biopic televisivo da girare immediatamente dopo la fine delle Olimpiadi. Però non è così, per cui adesso dovremo sorbirci le solite filippiche sui bambini sfruttati eccetera. Devo subito dire che dissento sostanzialmente e quasi filosoficamente da quanto dice Maurizio. Oggigiorno anche quelli che vincono dopo i 20 anni hanno cominciato ad allenarsi spietatamente dalla più tenera età, semplicemente perché lo sport di vertice moderno è spietato e negli sport dove decidono secondi e centimetri non si può emergere se non si sottosta a regimi paranazisti dall'età della ragione in poi. Crudele e spietato, ma necessario. Per cui, caro Maurizio, arrenditi al fatto che in ogni medaglia olimpica devi vedere il prodotto di un regime di allenamento durissimo iniziato dalla più tenera età. Poi, se uno è un fenomeno anche a 10 anni, è solo giusto che possa mettersi alla prova. E dunque, sforando per un momento al basket, trovo demenziale la regola dei campionati giovanili per cui uno può giocare solo nella sua categoria o al massimo (almeno così era) solo in quella immediatamente superiore. A parte il fatto che così si castrano tante piccole società che non hanno il numero sufficiente di ragazzi per una squadra di pari età, ma che con opportuni innesti di più giovani potrebbero riuscire a crearla, la conseguenza più deleteria è che i veramente talentuosi non possono crescere affrontando gente più anziana e forte, che è l'unico modo che io conosca perché uno possa progredire. Ovviamente diverso è il discorso per gli sport dove essere piccoli è un vantaggio. Per esempio nessuno penserebbe di mettere in sella ad un cavallo un bambino di 9 anni solo perché pesa 20 chili. Esempio eclatante la ginnastica femminile, o anche i tuffi, dove essere bambine è un enorme vantaggio proprio per il fatto che prima dell'adolescenza le ragazze hanno doti motorie nettamente superiori a quelle dei maschi, doti che poi si perdono quando le ragazze (per fortuna!) diventano donne. Per cui è solo giusto che in questi sport ci siano limiti d'età (che si applicano comunque solo alle ragazze – per esempio il tuffatore inglese Daley era un fenomeno già a 12 anni e nessuno aveva mai messo in dubbio il suo diritto di gareggiare con i grandi), anche se poi vengono aggirati con passaporti falsi, ma soprattutto con regimi alimentari (e altro) che mantengono in modo odioso le ragazze a livello di bonsai. Ragione per la quale il sottoscritto è da tempo immemorabile che non guarda una competizione di ginnastica femminile.

Per finire: trovo che gli americani si stanno comportando da m*rde (posso dirlo?) patentate quando polemizzano sul doping della Ye. Nello stesso modo, perché la Franklin è fortissima ed a 17 anni è una ragazzona robusta, i cinesi potrebbero accusarla di essersi aiutata in modo illecito. A me, devo dire, quando gli americani si comportano in modo tanto presuntuoso ed arrogante secondo la teoria che solo loro possono produrre fenomeni, mentre il resto dell'umanità per principio è inferiore, mentalità dunque imperiale (che io, sloveno di Trieste, con memoria storica dell'occupazione italiana di un quarto della Slovenia fra le due guerre con imposizione forzata della "civiltà romana" ai danni degli "schiavi barbari", sento particolarmente a livello quasi genetico), in quel momento i genitali cominciano a girare a velocità tipo particelle subatomiche del CERN. Dovrebbero capire semplicemente che la Ye è un fenomeno e che se è dopata lo è esattamente come tutti gli altri, americani compresi. Come ben si sa Conte, la Balco, Marion Jones erano cinesi.