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Ieri (domenica 15) era una giornata perfetta per lo sportivo da salotto e devo dire che l'ho sfruttata in pieno. Il tour de force degno di miglior causa è cominciato già alle 9 del mattino con le repliche delle semifinali di Conference di football, di cui non sapevo i risultati, per cui ho visto praticamente in diretta l'incredibile finale di San Francisco-New Orleans. In attesa di vedere New England contro Denver ho guardato la prima manche dello slalom di Wengen, poi ho girato sul football, ho visto che il quarterback "divino", per mio sommo godimento, stava subendo una solenne spazzolata da un quarterback vero, per cui ho guardato Kranjec vincere i salti sprint a Kulm, e poi ho guardato il SuperG di Cortina ridendo come un pazzo. Io non ho mai messo gli sci ai piedi, per cui di sci ne capisco come può capire uno che si picca di capire un tantino di gesti sportivi, ma di sci piatti, di prese di lamine, di traiettorie ottimali, di peso sull'interno, di curve in due tempi, insomma di tutte queste cose tecniche non capisco un accidente. Però, avendo anche fatto in tempi grami il supplente alle medie per due anni, mi intendo un po' di fisica, per cui per pura e semplice legge Newtoniana mi sembra di poter affermare che nello sci vince chi sfrutta meglio la forza di gravità, cioè percorre il tratto da A a B nel tempo più veloce lasciandosi praticamente cadere nel vuoto. Cosa che Lindsey Vonn sembra fare in modo sublime. E mentre scendeva ascoltavo i commenti degli esperti: "Ahi, è andata fuori linea!" e, tac, al primo intermedio era sotto di mezzo secondo, "ahi, si è sbilanciata e deve recuperare" e tac, al secondo intermedio il vantaggio era di un secondo intero, e così via. E mi sono detto che forse neanche i tecnici veri devono capirci tantissimo, rimarcando fra me e me che probabilmente anche nello sci, come in praticamente tutti gli altri sport, i campioni vedono e capiscono per istinto cose che i normali non vedono, per cui fanno cose che tecnicamente non dovrebbero stare nè in cielo nè in terra però, chissà come, quello che fanno loro è vincente, mentre se lo fa qualunque altro non fa altro che rendersi ridicolo. E senza aver studiato Newton evidentemente la Vonn sa molto meglio di tutti come si fa ad arrivare prima dal famoso punto A al punto B. Cosa che del resto fa anche Kostelić nello slalom che vince pur sembrando lento e compassato (echi delle discussioni sui finti lenti del basket?). Il divertimento è stato anche maggiore quando poi c'è stato il semi-streaking della Maze ("it's not your business" - copyright by Andrea?) in merito alla ridicola questione delle mutande impermeabili all'aria. E qui non posso non dar ragione al team della Maze ed alla ditta italiana che le ha prodotte che neanche tanto velatamente insinuano che gli svizzeri abbiano fatto reclamo per una pura e semplice ragione di spionaggio industriale. Mandano le mutande alle analisi ed ovviamente scoprono come sono state fatte per poterle copiare. Il che mi sembra più che plausibile. (Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto")

Dopo il biathlon da Nove Mesto con l'incredibile baggianata fatta dalla Neuner che stava vincendo la gara ed all'ultimo poligono ha sparato quattro colpi sul bersaglio adiacente (centrandoli tutti! – lei che normalmente in piedi spara ai piccioni) c'è stato il consueto rito pomeridiano della domenica da prototifoso con le ovvie imprecazioni per la maledizione rossoblu che ci perseguita (Bologna,Genoa ed ora anche Cagliari...), ovviamente poi il tutto molto mitigato da quanto è successo di sera, rito inframezzato dalla gara intera di Kulm con Schlierenzauer che pensava di farla franca attaccandosi la tuta con le spille da balia, ma stavolta neanche chiamarsi Schlieri ed esser austriaco (dunque con protezioni da panda nano) ha potuto impedirgli di essere ovviamente squalificato per attrezzatura irregolare (e ti sfido!).

E dopo tutto ciò ed in attesa di Baltimora-Houston di football, rivelatasi per inciso una partitaccia con due quarterback di scarsezza totale, scarsezza sottolineata in modo ancora più stridente quando sono scesi in campo altri due "veri", leggi Eli Manning e Aaron Rodgers, mi sono ovviamente dedicato al basket, guardando dapprima le donne con Schio-Taranto e di sera gli uomini con Avellino-Venezia. Malgrado la testa ormai roteante dalla sbornia di sport vari e gli occhi arrossati ed appannati qualcosa in ambedue le partite mi ha colpito quasi subito ed ho cominciato a porvi attenzione per vedere e soprattutto tentare di capire cosa stesse succedendo. Sono arrivato ad una conclusione sconvolgente: di basket non capisco un accidente, forse di tecnica individuale sì, perchè quando la gente fa le cose che all'istante penso che dovrebbe fare fa sicuramente qualcosa di giusto, mentre quando fa una cosa per cui un mio giocatore volerebbe in panchina a calci nel sedere (non pensate che sia metaforico!) commette un'ovvia defecata, ma di tattica proprio no. Nel senso che guardando dapprima le giocatrici e poi anche i giocatori (da questo punto di vista la parità dei sessi mi è parsa assoluta) tutti, ma proprio tutti e sempre, andavano senza palla dove secondo me erano di danno e non di aiuto, mentre nessuno andava dove sarebbe stato per me logico che andasse. Il palleggiatore (ci sono comunque le eccezioni, Greene per esempio, ma è per sottolineare il concetto) andava lì dove non avrebbe dovuto andare, il centro, dopo aver portato il blocco del sempiterno, stucchevole ed ormai scontato pick-and-roll, andava esattamente lì dove non serviva a nessuno, sul lato debole la gente spariva dalla vista invece di proporsi per un facile passaggio in una landa desolata priva di anima viva per chilometri quadrati nascondendosi dietro la linea dei tre punti per scarichi che forse arrivavano e se arrivavano, arrivavano tardi, insomma dal mio punto di vista tutto quanto sembrava antibasket allo stato puro. Ripeto, evidentemente – non può essere altrimenti – sono io a non capirci niente, perchè se tutti fanno così vuol dire che sanno qualcosa che io non so. Io sono un'anima semplice e candida che crede ingenuamente che segnare da sotto sia molto più facile che segnare da fuori e che fare tre su tre da sotto per sei punti sia meglio che fare 1 su 3 da tre per un totale di tre punti. Sono uno che crede che se si arriva fino a sotto e la palla l'ha la persona giusta ci sono tantissime più possibilità di ricevere a favore dei tiri liberi che, magari ad un punto per volta, comunque muovono il tabellone e costringono gli avversari ad accumulare falli. Che, correggetemi se sbaglio, quando arrivano a cinque, uno per regolamento deve uscire per non rientrare più. Sempre nella mia candida ingenuità sono (ero?) persuaso che i tiri a maggior percentuale siano quelli scoccati da più vicino, per cui nelle mie visioni quando uno è solo dovrebbe andare esattamente nel punto più vicino al canestro dove continua ad essere solo e può tirare sullo scarico (molto più corto, dunque preciso e veloce) del compagno invece di allontanarsi per un improbabile tiro da tre, sono altresì persuaso, stante il fatto che si gioca in cinque contro cinque (dunque per quanti giocatori loro siano in campo ce c'è altrettanti nostri) che in caso di raddoppio della difesa avversaria, per la legge aritmetica che dice che 2 contro 1 vuol dire che gli altri sono rimasti in 3 contro 4, quello rimasto solo deve proporsi per un passaggio comodo e puntare a canestro, salvo poi trovare quello che rimane solo (che a sua volta occupa lo spazio più vicino passabilmente vuoto) quando arriva l'aiuto della difesa in rotazione e così via. Continuo ad essere persuaso che per una semplicissima legge fisica il pallone viaggi a velocità nettamente superiore a quella di qualsiasi giocatore, fosse anche Bolt, per cui per muovere la difesa nella mia ingenua concezione si dovrebbe muovere il pallone e non palleggiare sul posto, anzi, sono (pensate un po'!) convinto che il palleggio serva solo per avanzare e mai per rimanere sul posto, per cui 15 secondi di pompaggio palla mentre gli altri 4 stanno fermi mi fanno venire l'orticaria. Insomma nella mia primitiva visione sono convinto che le famose "spaziature" (sono stato bravo ad usare questa terribile parola solo una volta ed anche questa con intenti sarcastici?) siano semplicemente una questione di pura logistica, nel senso che bisogna essere dove non ci sono avversari. Se uno arriva, mi sposto dove non c'è più nessuno. Mi segue? Faccio una finta e mi smarco secondo le regole canoniche che ci hanno insegnato da piccoli. Che dite? Che senza palla non si sa più giocare perchè nessuno più insegna a smarcarsi? E allora cosa giocano a basket a fare? Giocare senza palla è tutto in questo sport. Se lo si sa fare, si possono giocare tutti gli schemi, uno qualsiasi logico a scelta, che riusciranno sempre, se non lo si sa fare potremo giocare anche la shuffled-mixed-turbulent-psychedelic offence inventata al computer al MIT che falliremo miseramente.

Bisogna però anche saper dove andare e per questo bisogna, siamo sempre al punto di partenza, saper giocare a basket, nel senso di saper capire le situazioni e le intenzioni della difesa per poi occupare lo spazio giusto e ricevere il pallone dove si può essere più pericolosi. Per me il segreto del basket è tutto qua. Ma non è quello che vedo, e la cosa mi sconvolge. Probabilmente il fatto che il mio basket sia totalmente diverso da quello che vedo oggigiorno dipende da una concezione completamente diversa, antica, che mi è ancora rimasta nel subconscio derivante dal fatto che i primi 13 anni della mia carriera di allenatore, quelli più entusiasti, creativi e motivati, si sono svolti nell'epoca in cui non c'era ancora la linea dei tre punti. Per cui continuo ad essere convinto che primo compito di qualsiasi attacco sia quello intanto di mettere punti a referto, sia con tiri liberi che con facili tiri da sotto in contropiede, con penetrazioni e scarichi sotto, con giochi alto-basso fra centri capaci, con un pick, ma soprattutto roll e non pop, e solo in un secondo momento creando soprannumeri sul lato forte per poi scaricare sul lato debole e come ultimissima ratio, da sfruttarsi negli ultimi secondi dell'attacco, quando la difesa comincia leggermente a boccheggiare e qualcuno che non sia dove dovrebbe essere si trova sempre, a cercarlo giusto, affidarsi ad una comoda conclusione da tre (chissà perchè tutte le statistiche dicono che i tiri da tre a massima percentuale sono quelli scoccati verso la fine dei 24 secondi). In definitiva devo essere fuori dal mondo, perchè continuo a ritenere il tiro da tre un'arma prettamente tattica e non certamente strategica, tale cioè da impiantare su di esso tutta la filosofia del gioco d'attacco.