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Approfitto del fatto che qui sul lavoro Raisport, che riceviamo via satellite, è criptata, per cui non posso seguire Spagna-Germania, per scrivere questo intervento che se non altro disingolferà un tantino la messe di commenti che in questo periodo di sommo fervore cestistico intasano ogni mio post (e la cosa, devo dire, mi rende felice ed orgoglioso).

Un paio di precisazioni e puntualizzazioni nonché commenti in libertà prima di affrontare il nodo chiave, la situazione attuale del basket italiano, per come la vedo io.

Intanto su Slovenia Russia: non sono per niente d'accordo con chi scrive che non si è trattato di una bella partita. Oddio, bella forse proprio no, non certamente come Serbia-Francia che ho commentato con grandissimo piacere, ma dura e molto ben giocata da due squadre molto forti che hanno ambedue fatto quello che l'avversario le concedeva secondo lo spirito guerriero del basket moderno, quello certamente sì. La Slovenia è stata beffata da un canestro dai sei metri e mezzo di Monia all'ultimo secondo, unico canestro su azione in partita del russo, dopo esser stata sempre avanti, ma onestamente parlare di beffa è un po' eccessivo. Si è trattato di un match fra due squadre assolutamente equivalenti con i russi che hanno palesato, grazie al lavoro straordinario di coach Blatt, una determinazione e soprattutto concentrazione difensiva delle quali non li ritenevo capaci. Con la Slovenia che ha tenuto Kirilenko molto bene hanno avuto più spazio gli altri, segnatamente Voroncevič, ma tatticamente si è avuta sempre l'impressione che le due difese sapessero sempre esattamente cosa fare. Comunque gli 8 punti di Kirilenko sono stati: la tripla che ha aperto il loro conto sul 0 a 7 iniziale ed una tripla più canestro in entrata in rapida successione quando la Slovenia, a metà del terzo quarto, era avanti di 10. Decidete voi se si tratta di punti importanti. Alla fine gli sloveni hanno pagato il maggior potenziale fisico dei russi e sono arrivati al finale un po' con la bava alla bocca, ed il fatto che la Russia non avesse mai messo il naso avanti è solo frutto del caso, leggi errori anche sfortunati sulle possibili azioni del sorpasso. Gli errori gravi sono stati i due tiri liberi sbagliati da Slokar sul più uno (con rimbalzo offensivo di Lorbek sul secondo, peraltro), ma soprattutto l'errore di Lakovič che si è palleggiato sui piedi dopo aver letto perfettamente la situazione andando in penetrazione una volta battuta la prima linea difensiva, e sempre dello stesso Lakovič che in una situazione di tiro aperto da tre ha sbagliato uno di quei tiri che normalmente mette ad occhi chiusi. Se però giocano così, sloveni e russi, non si vede proprio come possano perdere una delle successive tre partite (giocando così... con gli sloveni non è detto). (Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto").

Capitolo Croazia: forse adesso si renderanno conto che il loro vero problema è il Presidente della Federazione Danko Radić che per cementare il suo potere ha fatto fuori nel tempo tutte le teste pensanti del basket croato, dai santoni Novosel e Skansi all'intera generazione d'oro che aveva tempo fa tentato inutilmente un golpe (Kukoč, Rađa, Perasović...) ed ha dunque messo nelle posizioni di comando solamente degli yesmen che hanno portato il basket croato alla rovina. Poi ci sarebbero altre ragioni, molto più importanti: detto in breve la Croazia, per non voler far parte dei Balcani, ha snaturato completamente le caratteristiche dei suoi giocatori, pretendendo di calarli in una pelle che non è quella loro. Quando i croati si arrenderanno all'idea che comunque di nazione balcanica si tratta con tutti i suoi difetti, ma anche con tutti i suoi pregi, sarà sempre ora. Un pò come se i napoletani decidessero di punto in bianco di comportarsi da svedesi. È impossibile nonchè controproducente. Se poi il loro coach, appena una volontaria lituana, presente all'allenamento, riferisce di una lite furibonda sfociata in scontro fisico fra Stipčević e Barać, come soluzione trova quella di lasciare per due partite in panchina lo stesso Barać, allora è solo giusto che se ne vadano a casa con ignominia. O come ha detto Tomić ai microfoni della TV croata, quando gli hanno chiesto cosa può dire agli spettatori a casa in vista della partita con la Grecia: »L'unico consiglio che posso dare è quello di spegnere il televisore o di cambiare canale«. Prima della partita, si badi.

Sulle telecronache RAI: mi associo in pieno ai vostri apprezzamenti su coach Michelini che in questi giorni ne ha dette praticamente solo di giuste soffermandosi sulle questioni vere, più caratteriali che tecniche o, Dio ce ne scampi, tattiche, quelle cioè che lasciano il tempo che trovano. Mi è piaciuta tantissimo, perchè la ritengo una sentenza, la frase: »In Europa l'1 contro 1 è la finalizzazione del gioco, nell'NBA l'inizio.« Veramente perfetto. Su Mascolo ho paura che cominci a sentire la Sindrome dell'Importanza-di-essere-la-prima-voce-di-qualcosa alla RAI, sindrome che ha già fatto vittime illustri quali per esempio Bragagna e tanti altri. Se si calma e ritorna in riga è secondo me un bravo commentatore, perchè è soprattutto un giornalista. Ed il fatto che non urli, ma sia anzi un tantino soporifero, è per me un grandissimo merito.

Il titolo di peggior coach del torneo va sicuramente a quello israeliano che non conoscevo prima, non conosco adesso, tanto che per saperne il nome dovrei andare a vedere gli appunti, ma non lo merita, e non ho nessuna intenzione di conoscere in futuro. Al confronto l'allenatore con lo stecchino (come lo chiamava Claudio Pea) Zvi Sherf era John Wooden. Riuscire a far sembrare gli israeliani, ripeto, israeliani, cioè praticamente ebrei, per dirla chiaramente, un popolo di imbecilli ci vuole una bravura satanica. Quello che loro hanno fatto in campo soprattutto nei minuti decisivi di ogni partita supera ampiamente l'ineffabile. E poi vedere Elyahu tirare dai tre metri in sottomano è stata veramente la ciliegina sulla torta. Filini contro Fantozzi: in questa straordinaria similitudine (vivissimi complimenti all'inventore) l'unica domanda è chi fosse l'uno, chi l'altro. Io propendo per Filini Israele e Fantozzi Italia con la conferma che viene dall'onirico ultimo minuto del supplementare.

Appunto, Italia. Leggo i commenti del dopo tsunami e trasecolo. Mi pare di sognare e di vivere in un mondo parallelo che vede tutte altre cose rispetto a quelle che vede la stragrande maggioranza di tutti i più qualificati commentatori. Allora, per capirci, esempio. Tutti avrete visto il filmato del timeout di Pianigiani con la sua feroce filippica e tutti lo avete applaudito. Io no. Io ragiono in termini di basket Yugo, di un basket in cui, aneddoto raccontato da Robi Siljan che era presente, coach Ivković tirò nell''89 un cazziatone di una decina di minuti con gli improperi più succosi (cominciando con: »ma chi ti credi di essere, testa di c.... galattica!«) nei confronti di un tale Dražen Petrović che si era presentato con qualche secondo di ritardo alla riunione in mezzo al campo ad inizio allenamento perchè aveva fatto qualche tiro di riscaldamento di troppo. Nella situazione di quel momento della partita, la reazione che mi sarei atteso da un coach della nazionale sarebbe stata: timeout, non una parola, cambio hockeyistico mettendo in campo gli ultimi cinque della panchina, farli giocare tutta la partita fino agli ultimi tre minuti, per poi rimandare in campo i titolari per costringerli a stringere la mano in fondo agli avversari mangiando tutto lo sterco possibile. Umiliazione? Certo, feroce. Perchè la prima umiliazione l'avevano inflitta loro alla nazione di cui indossavano la maglia facendo quella vergognosa flanella a metà del terzo quarto. Contrappasso dantesco. Ed allora le reazioni degli umiliati potevano essere due: o un'offesa enorme per aver osato umiliare una stella dell'NBA, ed allora è solo ovvio che quel giocatore la maglia della nazionale non la vedrà mai più, costi quel che costi, perchè certi principi non hanno prezzo, oppure fa atto di contrizione, chiede scusa, ed allora sarà richiamato sapendo benissimo che la prossima volta una simile umiliazione non vorrà più subirla e dunque quando sarà il caso si sbatterà in campo. Si sarà fatta dunque chiarezza su chi merita la nazionale e chi no. In nazionale ci va chi ha voglia e soprattutto dimostra di averla: Nowitzki, Kirilenko, Gasol, Parker, per dire dei sommi, vanno in nazionale quando sanno di poter e soprattutto voler fare bella figura ed in nazionale tentano in tutti i modi di far vincere la squadra perchè, parafrasando il famoso detto americano, l'unica cosa che conta è la scritta che si ha davanti, non quella dietro.

C'è qualche possibilità che in questa Italia i famosi tre tenori facciano come quelli che ho appena citato? Non lo sapremo mai, proprio perchè Pianigiani ha perso quell'occasione più unica che rara per provare a scoprirlo. La mia idea, molto pessimistica, è no, proprio per i commenti che leggo e che eludono completamente l'essenza stessa del problema. Per cui è mio sospetto, sempre più fondato perchè corroborato in continuazione dalla realtà che si vede in campo, che il plafond di questa squadra sia questo, che cioè i limiti caratteriali siano troppo accentuati perchè si possa pensare che possa progredire fino ai minimi livelli accettabili per una potenza sportiva e dalla storia cestistica come l'Italia.

Lasciamo stare i difetti tecnici di cui ho già parlato, perchè sembra che li veda solo io (e Klemen, che ringrazio pubblicamente per avermi fatto avere il DVD ufficiale della Federazione slovena sulla lezione di Dimitris Itoudis a Gorizia, DVD che ho veramente goduto), per cui non ho voglia di fare la voce del gridante nel deserto. Concentrandomi solo sull'aspetto caratteriale e sull'ambiente (dirigenti, accompagnatori, stampa) che circonda la Nazionale e che le sta facendo a mio modesto avviso un »favore dell'orso«, come dicono in Slovenia per dire di una cosa che è controproducente, sono sempre più convinto che la rinascita del basket italiano possa venire solo da una coraggiosa e radicale rivoluzione. Bisogna ripartire da zero incentivando il più possibile i vivai, mettere al posto dei volonterosi miniallenatori odierni istruttori veri che insegnino ai ragazzi i valori veri (dedizione, disciplina, in breve le tre »c« di Diaz Miguel), che insegnino prima la tecnica e solo poi, ma molto poi, la tattica, che creino insomma giocatori e non squadre. Bisogna ripartire con un progetto che privilegi i valori veri del basket creando una piramide che alla fine di un duro e faticoso lavoro produca giocatori col carattere e con la mentalità giuste, uomini veri e non bambini viziati che possano in una decina di anni riportare il basket italiano dove gli si confà. Prima? Secondo me è tempo perso, è il classico accanimento sul defunto perchè produca una prestazione sessuale.