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Devo intervenire, perché l'occasione è troppo ghiotta. Avete infatti aperto un'interessantissima discussione sulle pronunce dei nomi stranieri nelle telecronache e potete ben capire che avete toccato un nervo scoperto per uno che è più di 40 anni che fa questo mestiere.

Comincio con un aneddoto, proprio per inquadrare il problema. Nel '90 in Argentina esordì nella nazionale jugoslava un corpulentissimo centro di Čačak acquistato dall'Olimpija, Radisav Čurčić (pronunciato Ciurcic) che aveva dato buona prova di sé negli appena conclusi Goodwill Games (ricordate?) e che poi, oltre che al Maccabi giocò anche in Italia, mi sembra a Sassari. Appena arrivato a Buenos Aires fui avvicinato dai colleghi italiani che mi chiesero notizie su di lui e si informarono se fosse possibile fare un intervista a "Kurcich", come lo chiamavano loro. Dissi che per l'intervista non avrebbero dovuto esserci problemi, ma che per favore facessero attenzione nell'avvicinarlo assolutamente non chiamandolo così, perché ne andava della loro incolumità fisica. Lascio al fido Edoardo spiegarvi cosa Kurcich significhi in serbo-croato. (Per continuare a leggere clicca sotto su "leggi tutto") 

Questo per spiegare perché sia così violentemente contrario alla filosofia del "lo pronuncio alla mia, tanto cosa cambia? Anche gli altri fanno lo stesso con i nomi italiani". A parte un'elementare questione di cultura generale che ogni giornalista che si rispetti dovrebbe possedere, si tratta anche di rispetto nei confronti della persona stessa, e lo dico con cognizione di causa, perché come qualcuno di voi ha anche scritto, tutta la mia vita è stata una specie di calvario per spiegare alla gente come in realtà mi chiamassi. Parlando di cultura generale vorrei fare solo un esempio con la lingua olandese, lingua che secondo una mia scherzosa teoria (ma forse neanche tanto) è tanto gracchiante proprio a causa dell'umidità perenne di quei luoghi, per cui se uno non ha la bronchite cronica non può parlarla. Se qualcuno di voi ha origini olandesi lo prego vivamente di scusare questa battutaccia, tanto più che l'Olanda è il secondo posto al mondo dove avrei voluto essere nato (il primo in assoluto è la Danimarca). A Zagabria nel '76 si giocò la semifinale dell'Europeo fra Olanda e Cecoslovacchia ed io ero presente col titolare del calcio Petrali che era intanto a Belgrado dove si sarebbe giocata in serata Jugoslavia-Germania Ovest. Alla conferenza stampa della mattina un giornalista olandese prese la parola e ci disse di aver appena parlato col CT che gli aveva dettato la formazione per il pomeriggio. Disse: "allora in porta Skrejfers" con accento olandese distorto e totalmente incomprensibile, per cui a tutti noi non olandesi ci volle un bel po' per capire che si trattava del portiere dell'Ajax che si scriveva come Schrijvers. E poi ovviamente via andando con una formazione di campioni che tutti conoscevamo, ma non certamente come li aveva letti il collega. Fu lì che cominciai ad informarmi sulle pronunce giuste dei nomi olandesi scoprendo molte cose interessanti proprio per la cultura generale di cui sopra. Per esempio quando uno vede scritto "huis" e sa che si pronuncia quasi come "haus", capisce subito di cosa si tratti se sa un po' di inglese o tedesco. Stesso dicasi per "muis"-maus, o "voet"-fut (voetbal-futbal), o Zuiderzee (Saudersee, mare del sud), eccetera, per cui solo facendo questa semplice ricerca uno può addirittura provare a leggere un giornale olandese e, facendosi forza appunto con l'inglese e col tedesco, riuscire anche a capire di cosa parli (quando parlano ovviamente no, per la bronchite cronica di cui sopra). Il collega Vidrih mi raccontò di quando avvicinò alla fine dei Campionati europei di atletica (penso ad Atene) un giornalista olandese per chiedergli notizie sul vincitore della maratona Nijboer chiamandolo nel modo giusto Naeibur (Naei-nuovo, bur-contadino) e questi quasi svenne per la meraviglia che qualcuno sapesse (circa) come si pronunciasse il nome dell'atleta non finendo poi mai di complimentarsi con Sandro. A proposito: c'è una nuotatrice olandese (ranista) che si chiama Monique Nijhuis che i cronisti RAI chiamano nei modi più incredibili. Con quanto detto sopra già voi dovreste sapere che la pronuncia semigiusta è Naeihaus, o tradotto Casanova. Per cui non dovrebbe essere tanto difficile.

Ma se per l'olandese (per non parlare delle ostrogote lingue germaniche del Nord - inciso, anch'io a suo tempo avevo cominciato a dire "Sandberj" e "Cindvall", salvo poi scendere a più miti consigli – non senza però aver mai detto almeno una volta durante la telecronaca il modo giusto in cui il cognome dovrebbe essere pronunciato) una certa ignoranza può essere capita, la cosa che mi fa più andare in bestia è la totale misconoscenza del tedesco, lingua parlata più o meno da tutta l'Europa centrale (quella che conta sia politicamente che economicamente). Inutile: ogni volta che sento Maikel Schumacher i coglioni (scusate) cominciano a vorticare. Per non parlare dei vari "Riciard" e simili. Esigo che un cronista sappia le cose basilari della pronuncia tedesca: che la "j" è sempre la i di iato o aiuola, che la ch è sempre l'acca dura e mai ci, che il dittongo "ei" è sempre "ai", che quello "eu" è sempre "oi", che la "v" si legge "f", che la "c" si legge "tz" (per la k si usa, appunto, la kappa) e che le vocali con l'umlaut (i due puntini sopra) si leggono "ae", "oe", "iu" pronunciate assieme. Tutto qua. Se non le sa vada a ramazzare il pelago, come diceva Giordani, e per me semplicemente non esiste. Aggiungendo che le lingue slave confinanti con la Germania (polacco, ceco, slovacco) hanno adottato la grafia tedesca, per cui anche in ceco ed in polacco la ch è sempre acca dura e dunque Berdych sarà sempre e comunque Berdikh e mai Berdich, Chovaniec sarà sempre Khovanietz e mai Ciovanec e così via (fra l'altro i cechi non sono greci e se uno si chiama Koukal si legge Koukal e non Kukal).

Ed ora il punto forte su cui verte tutta la discussione. Come dobbiamo fare noi per non essere Tonino Carino da un lato o Franco Bragagna dall'altro? Se vi interessa, una volta a Capodistria, finita la riunione tecnica del lunedì e passati a cose più serie (al bar), si accese una discussione interminabile su come ci si dovrebbe comportare. Alla fine arrivammo ad un consenso di compromesso, sintetizzabile in un paio di punti. Premesso che è dovere imprescindibile di un giornalista che si rispetti sapere come si pronuncia un nome nella lingua originale, è ovvio che nessuno di noi, non parlando quella lingua (se uno la parla, non avrà problemi), può dire il nome nel modo giusto, per cui è semplicemente illusorio pensare di essere perfetti. La parziale soluzione può essere trovata usando una pronuncia che sia il più possibile vicina all'originale usando però i fonemi della propria lingua più quelli che dovrebbero essere comunque conosciuti e che nella propria lingua, nel nostro caso l'italiano, non ci sono. Penso per esempio all'acca, ovviamente, o alla x, o alla w bilabiale, o anche alla "th" di thing, comunissima in inglese, spagnolo o greco (per chi di voi ha studiato geometria, come pronunciavate il temutissimo angolo theta?). Il tutto ovviamente con un po' di buonsenso che ci porta a continuare a chiamare Borg Borg e non "Borj", o Myllylae (povero, fra l'altro morto qualche giorno fa) Millilae e non Miulliulae, come peraltro sarebbe giusto (avete mai sentito un finlandese dire per esempio Jyvaeskylae? - che è un importante centro federale sportivo). Lo stesso buonsenso che ci dovrebbe impedire di farla fuori dal vaso pronunciando nomi chiaramente importati nel modo in cui vengono pronunciati nel Paese di residenza. Se un veneto Zanetti è andato in Argentina secoli fa sempre Zanetti rimane, come Mascherano rimane Mascherano e Passarella resta Passarella. Così per esempio, per quanto sia danese, la tennista Wozniacki rimarrà per me sempre Wozniatzki e mai Wozniaki. Una bella lezione la dette tempo fa il tennista americano Rostagno a Wimbledon quando gli chiesero come si pronunciasse il suo cognome. Disse: "Rostagno come lasagna". Ecco, se lo dicono loro, perché noi dovremmo cambiare? E dunque Michael Krajicek, per quanto olandese, sarà sempre Mihael e mai Maikel.

Finisco dicendo la mia su Lavrinovič. Ammetto che sono in cattura, nel senso che i due gemelli si chiamano Dariusz e Krzysztof (semplificato in Kžistof), cioè Dario e Cristoforo, dunque nomi polacchi DOC. Ed infatti Vilnius durante le due guerre era in Polonia ed ancora adesso nella capitale lituana c'è una numerosa minoranza polacca. Però... se fossero polacchi il cognome dovrebbe essere scritto Lawrynowicz ed a questo punto non so se sia stata fatta una semplificazione oppure il cognome è di origine bielorussa, altra nazione limitrofa. Differenza fondamentale: se fosse polacco, il cognome sarebbe sicuramente Lavrìnovič, mentre i bielorussi mettono l'accento in fondo (da loro i cognomi che finiscono in -ič sono numerosissimi, tipo il musicista Šostakòvič, accento appunto sulla o), per cui in questo caso sarebbe Lavrinòvič. Però certamente, come dice Edoardo, la mia sensibilità (jugo)slava mi farà sempre pronunciare il suo cognome con l'accento sulla i, anche se non fosse giusto. Proprio non potrei fare diversamente.